Giovanna Cavalli per il Corriere della Sera
fausto leali
Pure lei per l’ugola mastica le acciughe?
«Fossi matto, il sale pulisce le corde vocali ma poi ti viene una sete tremenda e l’acqua fa pure peggio. So che Frank Sinatra beveva del Jack Daniel’s con il ghiaccio, io mi accontento di mezzo bicchiere di vino, se capita un whiskettino».
Quella volta con Mina però ha un po’ esagerato.
«Era il 1986, venivo da un periodaccio, non lavoravo quasi più, sbagliavo canzoni. Un giorno mi chiama lei. “Voglio incidere un pezzo con te, si intitola Via di qua. Ti va?”. Mica me lo faccio ripetere. “Volo”.
Mi presento a casa sua, abitavamo vicini, lei a Monza, io a Lesmo. Sono uno dei pochi ad avere duettato con lei dal vivo, a tu per tu nel gabbiotto di vetro dello studio di registrazione. Ero emozionato, anzi terrorizzato. Mina era una dea, una stangona imponente, io in confronto un povero tappo. Così per farmi coraggio ho ingollato tre bicchieri di whisky, uno dopo l’altro».
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Bello fresco.
«Però mi sono subito sentito meglio. Dopo abbiamo scattato qualche foto sul balcone per la copertina del 45 giri. Era settembre, un caldo, ma noi ci siamo messi in posa con indosso i cappotti neri e al collo le sciarpe rosse: lì sembro persino alto, la verità è che lei era scalza e io mi ero infilato ai piedi i suoi zatteroni e tra quelli e l’alcol ondeggiavo di qua e di là», racconta Fausto Leali, tredici Sanremo nel palmarès, 78 anni e ormai 55 che gli basta intonare a tonsille spiegate una sola vocale («Aaaaa…») con la potente voce soul da nero-bianco — ancorché nato non in Alabama ma tra le nebbie di Nuvolento, Brescia — e chiudere l’interrogativo amoroso («A chi, sorriderò, se non a te?») per scatenare intorno a sé un irrefrenabile e nostalgico karaoke collettivo anni 60. Del resto a 4 dischi d’oro e 4 milioni di copie vendute con un solo brano mica ci si arriva così per caso e tantomeno si resta un perenne evergreen.
FAUSTO LEALI SANREMO
Non le viene l’orticaria ogni volta che gliela chiedono?
«No, la canto sempre volentieri, alla fine di ogni concerto, ci sono affezionato. Capirai, con quel singolo mi ci sono comprato una Jaguar e la villa in Brianza, che poi nel 1985 ho venduto perché mi sono separato: sa, quando si cambia moglie di solito si cambia pure casa».
Papà Vitale era fabbro.
«In guerra aveva perso una gamba, amputata appena sotto il ginocchio. Ogni mattina si allacciava la protesi con delle stringhe di cuoio e montava in bicicletta per raggiungere la bottega, 15 km a andare e 15 a tornare, dodici ore in piedi, quando la sera rientrava a casa la cicatrice gli sanguinava. Ma eravamo sei figli, io il terzo, famiglia poverissima, per farci trovare in tavola qualcosa da mangiare mamma Caterina metteva tutto in conto al panettiere e al fruttivendolo e poi a fine mese pagava quello che poteva. Le medicine si compravano se proprio necessarie. Per fortuna in cortile avevamo qualche gallina per le uova».
fausto leali anna oxa
A 11 anni se ne andò a lavorare.
«Prima come apprendista in officina, aiutavo a manovrare la stanga che muoveva il maglio. Poi, quando ci siamo trasferiti a Brescia, facevo il garzone dal salumiere, portavo la spesa in bici, mi pagava mille lire alla settimana. Per premio mamma mi regalò la prima chitarra, un modello economico, avrà firmato trenta cambiali. Ero già bravino a cantare, sperava che facessi fortuna. Imparai tre accordi e cominciai a suonarla. Vinsi pure il Microfonino d’Oro, un premio messo in palio dal parroco, uno spillino piccolo piccolo eh. Anni dopo i ladri mi hanno portato via pure quello».
E per Faustino arrivò il primo concerto.
fausto leali
«Mi prese con la sua orchestra Tullio Romano dei Los Marcellos Ferial, quelli di Cuando calienta el sol. Mi portò a suonare due mesi al Sestriere. Paura? Ne ho più adesso, da ragazzino ero incosciente. A 14 invece passai con l’orchestra di Max Corradini, ci esibivamo tutti i sabato sera tra il Mantovano e la Bassa bresciana. Lo zio Sandrino mi accompagnava a prendere la corriera per Acquanegra sul Chiese, dormivamo in osteria, con la “monaca” di terracotta a scaldare il letto, un catino per lavandino e, sotto, il vaso da notte. D’estate invece ci si spostava a Loano su un furgoncino Fiat, tre davanti e quattro dietro, gli strumenti nel carrettino a rimorchio, con il contrabbasso che spuntava dal telone».
Tremila lire al giorno più le spese.
«Ogni venerdì andavo in posta accompagnato dal capo orchestra per fare il vaglia da mandare a casa. Con quei soldi mamma si è comprata il frigo e la tv».
All’inizio si faceva chiamare Fausto Denis.
FAUSTO LEALI LUISA CORNA
«Un’idea del ragionier Gigi Piras, impresario discografico che venne conoscere i miei genitori: “Non vi offendete, ma Leali suona male. Meglio Denis”. Era sardo, fissato con i cognomi con la esse, aveva ribattezzato pure Tony Renis. Incisi un 45 giri, lato A un lento terzinato, lato B un rock. Non vendette niente, ma quando l’ho sentito alla radio mi sembrava chissà che. Presto cominciai a esibirmi nei più bei locali d’Italia, come lo Shaker di Napoli di Antonio Rosolino, papà del nuotatore, c’erano pure Peppino di Capri e Fred Bongusto. Trentamila lire a sera, quando un impiegato ne prendeva 80 mila al mese».
Un capriccio appagato con quei soldi?
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«Una Fiat Ghia 2500 verde bosco, c’era solo quella dal concessionario. E dissi a mia madre: “Ora vieni con me e andiamo a pagare tutti i debiti con i negozianti”. Dopo un anno comprai una Ferrari di seconda mano del ’58, ma aveva un difetto: andava a 11 cilindri anziché 12. Così l’ho ridata indietro per una 124 special».
Non proprio un affarone.
«Eh ma avevo fretta, mi aspettavano a Napoli per uno spettacolo. Dopo ho saputo che è stata rivenduta per un milione».
iva zanicchi fausto leali a music farm 2005
Andavano di moda i Beatles.
«Nel 1963 incisi due cover, Please please me e She loves you. Cercavo di imitare il loro caschetto. Avevo i capelli ricci, li stiravo con la spazzolina ma venivano una schifezza e la frangia tornava su».
Nel 1965, con Peppino di Capri, facevate da spalla ai Fab Four nei loro concerti italiani.
«Avevano firmato il contratto per dodici pezzi, dopo 40 minuti era finito tutto. Perciò, per allungare i tempi, salivamo sul palco prima noi. Ero timido, non ci ho mai scambiato una parola, al massimo c’è scappata qualche foto scattata da Peppino».
Nel luglio del 1968 sposò Milena Cantù, la Ragazza del Clan, ex di Adriano Celentano. Lo invitaste?
fausto leali
«Ma figurati se veniva! Suo fratello Alessandro mi scritturò, ero parte del gruppo, ad agosto facevamo le serate a turno alla Bussola con Mina, Bongusto e Rocky Roberts, però con Adriano non ci siamo mai frequentati, non dava confidenza, mi avrà salutato due volte in vita sua. E poi con Milena ci sposammo in segreto, firmando un’esclusiva con Tv Sorrisi e Canzoni, un errore madornale, non si fa».
Non fu proprio un maritino modello, a quanto si narra: «Sono fisicamente incapace di essere fedele», parole sue.
«Fedele mai. Avevo troppe occasioni, non si può dire sempre di no, ero un debole, che ci potevo fare? Ma tutte storielle passeggere».
fausto leali con dario salvatori al premio lunezia
E le interessate lo sapevano?
«Le racconto questa: 1964, non ero ancora sposato. Cantavo al Gallery di piazza san Babila. Incontrai una ragazza, mi aspettò fino alle tre di notte, poi mi portò a casa sua. Qualche sera dopo venne a trovarmi. Al tempo alloggiavo all’Hotel Pavone di via Dandolo. Chiese al portiere se poteva salire, ma lui le spiegò che… beh, che ero già occupato. Lei allora uscì, cercò la mia auto e mi fracassò tutti i vetri con il cric».
Però insiste. Dopo le prime nozze ha avuto una lunga convivenza con Claudia Cocomello e infine nel 2014 ha sposato Germana Schena, una sua corista.
«Eh eh eh, mi piace tribolare. Però con Germana rigo dritto, sono candido e puro come un giglio».
fausto leali
Dopo qualche anno di alti e bassi, nel 1987 tornò a Sanremo con «Io amo», scritta da Toto Cutugno.
«Con Toto siamo amici, andavo spesso a passare il Natale e Capodanno nella sua villa di Recco, ricordo interminabili partite a poker con Angela dei Ricchi e Poveri. Per non perdere troppo giocavamo al 10 per cento: 10 mila lire valevano mille. Oppure gran tavolata a casa di Popi Minellono, con Fabrizio De André, a bere, mangiare e cantare le canzoni genovesi».
trio cutugno, leali, al bano
Nel 1989 trionfò con Anna Oxa e «Ti lascerò». Tutto bene tra voi?
«Sì, Anna allora era straordinariamente felice e gioiosa, poco dopo è venuta ad abitare vicino a me e ha tenuto a battesimo mio figlio Francis Faustino. Ci divertivamo a fare le imitazioni. Io di Totò e Alberto Sordi, lei di Ornella Vanoni e Massimo Troisi. Festeggiamenti particolari? Nessuno. A Sanremo funziona così: se non vinci vai a cena, se vinci pure, ma con i giornalisti tra i piedi».
fausto leali anna oxa
Francesco De Gregori, che con lei nel 2016 ha inciso «Sempre e per sempre», è un suo grande amico. Coppia insolita.
«Perciò funziona. Ci siamo conosciuti in un albergo di Acireale, avevamo due coriste in comune. Chiacchierando mi ha raccontato che A chi è una delle sue canzoni preferite, che la canticchiava spesso, infatti poi l’ha anche incisa. Ogni tanto mi invita a mangiare a casa sua, cucina lui, è bravissimo, specialmente con il pesce. Ci facciamo matte risate, è un simpaticone, non con tutti, certo».
Ha duettato pure con Claudio Baglioni.
claudio baglioni francesco de gregori
«Nel 2010 mi ha invitato a Lampedusa per O’Scià, divertente, pieno di idee, un poeta. E che atleta: come niente si fa 3 km a nuoto in mare, io al massimo due vasche da 25 metri e poi rantolo».
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