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    LUKAKU DE MAMMA - TOCCATEGLI TUTTO MA NON LA MADRE ADOLPHINE: ECCO PERCHÉ LA FRASE DI IBRA È STATA UN COLPO BASSO PER ROMELU - L'INFANZIA POVERA CON IL LATTE MESCOLATO ASSIEME ALL'ACQUA PER AVERE QUALCOSA DA MANGIARE, LA MANCANZA DI ELETTRICITÀ E LA DOCCIA FATTA VERSANDOSI UN PENTOLINO CALDO SULLA TESTA - QUELLA STORIA DEI RITI VOODOO DELLA POPOLAZIONE CONGOLESE...


     
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    Guido De Carolis per www.corriere.it

     

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    Romelu Lukaku è un uomo tranquillo, un gigante buono. Soltanto due cose riescono a fargli perdere la testa: una frase razzista e se gli toccano la madre. In quel «torna a fare le tue ca… voodoo, piccolo asino. Vai, vai da tua madre», Ibrahimovic ne ha toccate una e mezza, forse tutte e due. Lukaku ha risposto: «Vuoi parlare di mia madre?».

     

    La lotta alla povertà

    La frase di Ibra è suonata tanto offensiva al belga per un motivo: il rapporto strettissimo con la madre Adolphine che l’ha cresciuto in semi povertà in Belgio. E’ infatti una storia di riscatto quella di Lukaku, figlio di Adolphine e Roger, entrambi nati in Congo. Ma è alla mamma che Lukaku è legatissimo, come ha raccontato tempo fa in una lunga intervista a «Player’s Tribune».

     

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    «Ricordo il momento esatto in cui ho capito che eravamo poveri. Avevo sei anni, tornavo a casa per pranzo durante la nostra pausa a scuola. Mia mamma per menu aveva sempre la stessa cosa: pane e latte. Quando sei un bambino neanche ci pensi, ma immagino che fosse quello che potevamo permetterci. Poi un giorno sono tornato a casa, sono entrato in cucina e ho visto mia mamma al frigorifero con la scatola del latte come al solito. Ma questa volta stava mescolando qualcosa, lo stava agitando. Poi mi ha portato il pranzo e sorrideva come se fosse tutto a posto. Ma io ho capito subito cosa stava succedendo: mescolava l’acqua con il latte. Non avevamo abbastanza soldi per farcelo durare tutta la settimana. Non eravamo poveri, peggio».

     

    Le tante difficoltà

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    Il papà di Lukaku era stato un calciatore, aveva giocato anche con la Nazionale di quello che allora si chiamava Zaire, ma i soldi erano finiti presto. «La prima cosa a sparire fu la tv via cavo. Niente più calcio, nessun segnale. Poi capitava di tornare a casa la sera e le luci erano spente. Elettricità staccata per due, tre settimane. Quando volevo fare il bagno non c’era l’acqua calda. Mia mamma scaldava un bollitore sul fornello e io mi mettevo nella doccia gettandomi acqua calda sulla testa con una tazza». Lukaku era piccolo.

     

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    «Ho fatto una promessa a me stesso, sapevo esattamente cosa dovevo fare e cosa avrei fatto. Un giorno tornai a casa da scuola e trovai mia mamma in lacrime. Così le dissi: «Mamma, vedrai che cambierà. Giocherò a calcio nell’Anderlecht, succederà presto. Staremo bene. Non dovrai più preoccuparti. Avevo sei anni». Lukaku nell’Anderlecht ha poi davvero giocato, prima di passare all’Everton, al Manchester United (c’era anche Ibra), all’Inter.

     

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    I problemi di salute della mamma

    Mamma Adolphine, cui fu diagnosticato il diabete quando il centravanti nerazzurro era ancora un bambino, lottava anche per acquistare le medicine. «L’insulina costava 50 euro e lei doveva lottare per averla, ogni settimana, ogni volta che la scatola era quasi finita. Ma non era solo quello, alle volte doveva prendere il pane a credito dal forno in fondo alla strada». Insomma sacrifici, quelli veri, per tirar su Romelu e il fratello Jordan, ex Lazio.

     

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    Ogni gol segnato è dedicato ad Adolphine. Un «Ti amo mamma» c’è sempre dopo una rete. E contatti continui, quattro-cinque videochiamate al giorno, anche quando sono lontani (ed è raro) Romelu e la sua mamma sono sempre insieme. Lei infatti si è trasferita a Milano e lo aiuta a crescere il figlio Romeo. Durante il lockdown, il giocatore è rimasto in Italia, la madre era in Belgio con il bambino. «Non potevo stare con loro, stavo quasi impazzendo» racconta Lukaku. Nel mondo del centravanti nerazzurro, Adolphine è moltissimo, è una presenza fondamentale.

     

    I riti voodoo

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    L’attacco di Ibrahimovic sul voodoo poi, non era casuale. La popolazione congolese è legata alla religione, con forme di riti e superstizioni. È storia, raccontata dal proprietario dell’Everton Farhad Moshiri, che il mancato rinnovo con i Toffees sia stato legato agli esiti di un rito voodoo suggerito dalla mamma. Il numero di maglia di Lukaku poi, oggi il 9, una volta era il 10, giorno di nascita di mamma Adolphine. Il legame è fortissimo, strettissimo, inscindibile. Ibrahimovic è andato a toccare proprio quello: come buttare un secchio d’acqua su un cavo elettrico scoperto.

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