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    TOGHE IN FUGA – IL FIGLIO PM DEL GIUDICE ESPOSITO AL COLLEGA: “INVENTIAMOCI QUALCOSA, CONCORDIAMO LE VERSIONI” – E IL COLLEGA CONSEGNÒ IL BIGLIETTINO A BRUTI LIBERATI…


     
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    Luigi Ferrarella per “Il Corriere della Sera”

     

    FERDINANDO ESPOSITO FERDINANDO ESPOSITO

    Un bigliettino al collega pm: «Inventiamoci qualcosa… Potresti concordare una versione con Gennarino e poi dirmela per quando sarò interrogato. È una cazzata ma è importante che le versioni coincidano». Il pm della Procura di Milano Ferdinando Esposito, figlio del magistrato (Antonio) che in Cassazione un anno fa presiedette il collegio di 5 giudici che condannarono Silvio Berlusconi per frode fiscale Mediaset, e nipote dell’ex procuratore generale di Cassazione (Vitaliano), per il gip bresciano Marco Cucchetto ha «attuato una frenetica e scomposta attività di vero e proprio inquinamento probatorio».

    FERDINANDO ESPOSITO E NICOLE MINETTI AL BOLOGNESE FERDINANDO ESPOSITO E NICOLE MINETTI AL BOLOGNESE


    L’ha fatto quando ha intuito che gli inquirenti bresciani da febbraio 2014 si stavano interessando ai soldi prestatigli non solo dall’avvocato Michele Morenghi (7.000 euro) e da un imprenditore (5.000), ma anche dal commercialista (10.000) che poi a Natale 2012 Esposito aveva accompagnato in Procura a Milano per chiedere a un pm del pool reati finanziari (Maurizio Ascione) di «affidargli qualche consulenza contabile» di quelle liquidate dallo Stato, una seconda volta insistendo e aggiungendo goliardicamente «dai, nominalo, così poi spartiamo»: e la mattina del 10 marzo 2014 si è allora precipitato a fare avere ad Ascione quel bigliettino (da questi subito consegnato al procuratore Bruti Liberati e ai pm bresciani) «dal contenuto inconcepibile per un magistrato».

    VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO - GIUDICE ESPOSITO VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO - GIUDICE ESPOSITO


    Non solo: la sera del 4 marzo 2013 il pm milanese corse a Brescia per incontrare uno dei vice del capo Tommaso Buonanno della locale Procura, il procuratore aggiunto Sandro Raimondi, ex pm a Milano. La circostanza di «evidente inopportunità», non segnalata sino a quando non è altrimenti emersa, è stata giustificata da Esposito (negli stessi termini poi di Raimondi in una relazione di servizio) con il bisogno di «sfogarsi» con un amico e l’intenzione di chiedergli la disponibilità a difenderlo davanti al Csm in un eventuale procedimento disciplinare.


    Per il gip bresciano Cucchetto, peraltro, «è pacifico» che da marzo 2009 a dicembre 2013 il pm Esposito «ha parassitariamente beneficiato» e «indegnamente scroccato» il «godimento di un attico ammobiliato di 100 mq. nel centro di Milano», intestato a società, «senza mai corrispondere il canone di 32.000 euro l’anno». Dunque in tutto circa «150.000 euro» pagati al posto suo prima dal manager di una azienda interessata alle public relations del pm che vanta di aver conosciuto Silvio e Paolo Berlusconi, il cardinale Bertone, l’ex presidente Cossiga, l’immobiliarista Statuto, la deputata Michela Brambilla; e, prima ancora, pagati da Claudio Calza, un amico di mare estivo che gli aveva fatto anche conoscere Cossiga, ma all’epoca dell’affitto un indagato proprio della Procura di Milano nell’inchiesta Italease.

    IL GIUDICE ESPOSITO A TAVOLA CON AMEDEO FRANCO PRIMA DELLA SENTENZA SU BERLUSCONI IL GIUDICE ESPOSITO A TAVOLA CON AMEDEO FRANCO PRIMA DELLA SENTENZA SU BERLUSCONI

     

    Già solo il prestito dal commercialista poi raccomandato al (ma mai ingaggiato dal) pm Ascione, con la coda del bigliettino che ora Esposito in interrogatorio ammette come cosa «imperdonabile» e di cui «vergognarsi», al gip «pare idoneo sul piano astratto a integrare i presupposti dell’induzione indebita» (la vecchia concussione per induzione prima della legge Severino, da 3 a 8 anni di pena), «essendo di palmare evidenza l’abuso della qualità di magistrato da parte di Esposito e il chiaro vantaggio economico personale».

     

    Ma «stranamente — scrive stupito il gip — la vicenda non forma oggetto di contestazione provvisoria nel procedimento penale», dove invece il 19 giugno la scelta dei pm bresciani fu chiedere al gip l’interdizione di Esposito unicamente per un altro ipotizzato illecito: l’aver premuto da magistrato sull’ex amico Morenghi (che lo denunciò al pm Ilda Boccassini, venendone poi controdenunciato per calunnia) affinché subentrasse a pagargli l’affitto.

    antonio esposito antonio esposito


    Ma di tutti i fatti scoperti dai pm bresciani Buonanno e Silvia Bonardi, questo è per il gip l’unico o non provato o non idoneo a integrare il reato: «Le alluvionali accuse» di Morenghi, come da sempre propugnano i difensori Giampiero Biancolella e Massimo Krogh, scontano «profili di non esemplare attendibilità» e «evidenti motivi di risentimento e livore». Vere sono le visite del pm Esposito ad Arcore da Berlusconi nel 2012 e 2013 (prima del processo Mediaset in Cassazione), da Esposito ricondotte all’aspirazione di entrare in politica o andare al ministero della Giustizia.


    Ma se la cornice c’è, il nocciolo dell’induzione indebita su Morenghi per il gip no, e le altre pur «numerosissime e gravi violazioni dei doveri professionali» del pm sono «non incidenti sulla configurabilità giuridica della condotta oggetto di contestazione». Resta dunque in servizio a Milano il pm, sul quale allo stato la Procura generale di Cassazione o il ministro o il Csm non risultano aver avviato iniziative di propria competenza.
     

     

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