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    IN UN MONDO DI ATTORI CHE SI IMPROVVISANO REGISTI, TONI SERVILLO RESTA NEL SUO ORTO: “UN FILM COME REGISTA? NON CI PENSO NEANCHE. NON È IL MIO MESTIERE. AL CINEMA AMO CHI MI DIRIGE" - “SE OGGI INCONTRASSI IL ME STESSO DI QUANDO AVEVO VENT’ANNI NON SO SE MI SAREI SIMPATICO. I MIEI MAESTRI? DA MARIANGELA MELATO HO IMPARATO MOLTO: ERA UNO STRAORDINARIO CAPOCOMICO" - LE FRASI MEMORABILI DEL SUO JEP GAMBARDELLA NE “LA GRANDE BELLEZZA”? "MI TORNANO IN MENTE SOPRATTUTTO A TEATRO, QUANDO…” – VIDEO


     
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    Claudia Catalli per “La Stampa” - Estratti

     

    toni servillo toni servillo

    «In quest’epoca di smarrimento noi artisti dobbiamo aver ben presente il pubblico. Che non è addormentato come vorrebbero far credere, ma riempie con entusiasmo cinema e teatri». Lo dice soddisfatto Toni Servillo, augurandosi che anche il nuovo lavoro di Stefano Sollima “Adagio”, dal 14 dicembre al cinema, arrivi al cuore degli spettatori. Nel film interpreta Daytona, ex leggenda della Roma criminale colpito da perdite di memoria e con un figlio al centro di una clamorosa caccia all’uomo.

     

    Che rapporto ha con la memoria?

    «Conflittuale. Carmelo Bene diceva: “Poveri attori, tutta la vita a mandare a memoria cose scritte da altri”. La memoria è un esercizio fisico costante, richiede solitudine, sforzo, ore su ore. A teatro ho sempre dovuto esercitarla molto, ma anche sui set vado conoscendo perfettamente la parte. Forse mi ossessiono in maniera eccessiva, fatto sta che riempio quaderni su cui riscrivo le battute anche in momenti diversi della giornata».

     

    Le tornano mai in mente quelle memorabili, come “Non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare” del suo Jep Gambardella ne “La grande bellezza”?

    valerio mastandrea adriano giannini toni servillo pierfrancesco favino venezia 2023 valerio mastandrea adriano giannini toni servillo pierfrancesco favino venezia 2023

    «A parte qualcuna dei film di Sorrentino, mi capita soprattutto a teatro, quando sono emozionato per una prima sento nella testa il rimbombo di incipit di altri testi. Recito Molière e mi viene l’inizio di una commedia di Goldoni o De Filippo».

     

    Interpretare al cinema un uomo che perde la memoria è catartico?

    «Di “Adagio” mi convincevano tre elementi soprattutto: la bellezza visiva a cui Sollima ci ha abituati, un quartetto attoriale ben accordato (con lui Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini, ndr.) e una geometria emotiva che accomuna i personaggi. Sono criminali alla fine della loro vita, rottami umani che hanno una relazione con la paternità capace di risvegliare in loro sentimenti contraddittori. Al centro del film c’è un ragazzo, mio figlio, che tiene insieme e risolve i destini dei personaggi».

     

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    Dal cinema alla vita reale, che tipo di padre è?

    «Con i miei figli (Eduardo e Tommaso, ndr) ho un rapporto bello, di confronto, non facile. Credo molto nelle nuove generazioni, nutro grandi speranze, devono solo stare attente alla dimensione virtuale: il rischio che scambino una non vita per la vita non va sottovalutato».

     

    Se incontrasse oggi se stesso da giovane cosa gli direbbe?

    «Non so neanche se mi farebbe simpatia. Quando guardo una foto di me a vent’anni vedo un’altra persona».

     

    Cosa ci è voluto per diventare Toni Servillo, oltre a tanti spettacoli e libri?

    «Non saprei, ma di sicuro leggere mi ha fatto bene, serve a mettersi in relazione con la complessità della vita».

     

    Si chiede sempre dei maestri, ma lei ha avuto delle maestre?

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    «Da Mariangela Melato ho imparato molto. Era uno straordinario capo-comico, teneva insieme la compagnia preoccupandosi ogni sera di una esecuzione il più possibile perfetta».

     

    Come mai non ha mai lavorato con una regista, fatta eccezione per Nicole Garcia in “Tre destini, un amore”?

    «Non è capitato, ma mi ci affiderei con tutto me stesso».

     

    Davvero?

    «Sì, sarei contento di essere diretto da una donna. Anche perché mi sento più tranquillo quando guida una donna che non quando guida un uomo, lo stesso potrebbe accadere sul set. Il femminile nelle arti sceniche è da sempre fondamentale, penso a modelli di attrici come Eleonora Duse, Sarah Bernhardt, ma anche al femminile dentro noi uomini».

     

    Secondo Mastandrea è tempo di portare sullo schermo nuovi modelli maschili, più vulnerabili. Che ne pensa?

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    «Concordo, mostrare una fragilità arricchisce i personaggi. Dare una sfumatura di vulnerabilità significa non offrire solo una dimensione granitica inscalfibile. Io però non ho mai affrontato questo mestiere ideologicamente: senza dimensione conflittuale non esiste dramma. Di Agamennone che immola la figlia non possiamo avere una buona opinione, ma ci è utile per raccontare la complessità della vita».

     

    Firmerà mai un film come regista?

    «Non ci penso neanche».

     

    Perché?

    «Non è il mio mestiere. A teatro amo dirigere, al cinema amo chi mi dirige».

     

    Il cinema italiano è stato dato tante volte per morto, oggi è più vivo che mai anche a livello di incassi.

    «Abbiamo validi film, come “C’è ancora domani”. Abbiamo grandi registi internazionali come Sorrentino, Martone, Garrone, Sollima e anche sul piano di attori e attrici non c’è da sentirsi inferiori a nessuno. Forse ci vorrebbe un sistema che ci proteggesse di più, a livello istituzionale e distributivo, e che offrisse più tempo in sala e protezione per le opere prime».

    toni servillo foto di bacco toni servillo foto di bacco

     

    Secondo Favino il cinema italiano non ha nulla da invidiare al cinema internazionale.

    «Condivido il suo pensiero e, senza entrare nelle polemiche, mi limito a dire che le sue parole a Venezia sono state fraintese. Per quanto mi riguarda ho avuto la fortuna di partecipare a film profondamente italiani, come “Gomorra”, “La grande Bellezza” e “Il divo”, che hanno avuto una ribalta internazionale. Se poi parliamo di teatro, da 15 anni recito in tutto il mondo, solo quest’anno sono stato a Tokyo, Parigi, Lisbona, e sono in partenza per Atene, Berlino, Madrid. La dimensione internazionale mi interessa entro certi limiti».

     

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