Fabrizio Roncone per corriere.it
toninelli lezzi
Le riunioni nei giornali viaggiano ormai su Teams, WhatsApp, sms, e tutti stiamo sempre con un occhio alle agenzie e uno ai siti.
Sullo schermo del pc, ad un certo punto, compare la facciata di San Luigi dei Francesi con i suoi meravigliosi Caravaggio, il ciclo dedicato a San Matteo, quella pazzesca lama di luce della Vocazione, e subito — per ricordarci che siamo terreni, dentro una miserabile crisi politica — ecco pure il senatore grillino Danilo Toninelli, lo sguardo al solito un po’ fisso.
Ma forse sotto la mascherina sta dicendo qualcosa.
C’è uno di noi che s’incuriosisce.
Mai dare niente per scontato, qui pure le mezze frasi possono darci un po’ di bussola.
Forza, alza un po’.
di battista
Toninelli, in effetti, sta dicendo proprio una frase intera (riferita ad un altro Matteo): «Renzi, no. Renzi ha dimostrato che non può esserci un uno per cento di possibilità di essere una persona affidabile». Tradotto in italiano: non si fida di Renzi.
Lasciate stare quanto sia drammatico che si esprima così un ex ministro della Repubblica, magari su questo ci torniamo dopo. Un suo peso politico, la frase ce l’ha. Significa che un pezzo di M5S è pronto a mettersi di traverso. Insomma se qualcuno immagina uno schema del tipo: reincarico a Conte, chiarimento con Renzi, e nuovo esecutivo con la vecchia maggioranza rinforzata da un pattuglione di «Responsabili», sappia che la banda Di Battista è pronta a dire no, escluso, non ci stiamo.
luigi di maio stefano buffagni riccardo fraccaro danilo toninelli barbara lezzi
L’ideuzza che ronza da tempo nella mente di Alessandro Di Battista detto Dibba è questa: aspettare che si torni a votare e rientrare in Parlamento guidando un gruppo di scissionisti, grillini puri della prima ora (tra l’altro, lui così troverebbe finalmente un lavoro.
Ne ha provati parecchi, negli ultimi tempi, s’è dato da fare, ma sempre senza fortuna: il suo reportage per Sky sull’America Centrale è stato giudicato da Aldo Grasso il peggior documentario del 2019; ha provato a fare il falegname, però era troppo faticoso; allora la scorsa estate s’è pure cimentato in un mestiere antico e di grande suggestione, il barman, era lì sulla spiaggia di Ortona e funzionava, i suoi gin tonic erano squisiti, ma era un lavoretto stagionale, non ci campi una moglie e due figli).
renzi a porta a porta
Comunque: Dibba pensa — probabilmente a ragione — che ci sia uno spazio elettorale, una fetta di elettorato grillino deluso, forse disgustato da certe capriole, certe scene, con i parlamentari peones aggrappati in queste ore agli scranni di Palazzo Madama e di Montecitorio e con i loro capi che pensano ad accroccare un altro governo anche per poi continuare a distribuire incarichi nelle partecipate, potere su potere, caccia al potere, mentre Di Maio — nel suo piccolo — fa sapere che non intende schiodare dalla poltrona di ministro degli Esteri se non per andarsi a sedere su quella di premier (alla Casa Bianca, del resto, c’è già Biden).
Dibba, in attesa di eventi, fa il duro e i suoi li telecomanda da fuori.
Toninelli. E la Lezzi (più altri che non vale la pena di citare).
TONINELLI ESULTA CON LA LEZZI BY LUGHINO
La senatrice Barbara Lezzi cammina muro muro, l’altro giorno le sono andati dietro con i microfoni e lei, poverina, è inciampata. Un operatore della Rai, come in un western: «Lasciamola sta’. Tanto questa nun parla».
Ma davvero, senatrice, lei non parla?
«Ho scritto su Facebook».
Una cosetta in più?
«Chi sarebbe cosetta? Io?».
Chiedevo: un dettaglio in più?
«Con Renzi, noi non ci stiamo».
E dove andreste?
matteo renzi
«In che senso?».
Lezzi, 48 anni, da Lecce, arriva al Senato due legislature fa e si presenta nell’emiciclo con un apriscatole. Lo agita minacciosa: «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno! Cambieremo tutte le brutte abitudini!». Poi, subito, assume la figlia del compagno. Stupore, polemiche, volgarissimo caso di parentopoli. La ragazza viene licenziata in fretta, mentre lei, la Lezzi, non molla la scena. All’Aria che Tira, su La7, chiede che il cittadino «venga informato a 370 gradi». Poco tempo dopo spiega che «l’aumento del Pil non è merito del governo a guida Pd, ma del caldo e dell’uso, eccessivo, dei condizionatori».
A Beppe Grillo sembrava un talento assoluto. Grillo la adorava.
di battista
Così, quando i vertici del Movimento, nel patto di governo con la Lega, dovettero assegnare il delicatissimo ministero del Mezzogiorno, prima pensarono a Laura Castelli (che però, avendo lavorato in un Caf, preferì continuare a fare il sottosegretario all’Economia, più nelle sue corde) e poi, appunto, a lei, a questo talento della Lezzi (in possesso di un altro solido curriculum: diploma di perito aziendale, impiegata 20 anni in un’azienda che produce materiale per orologiai).
Saggiamente, Dibba capisce che decodificare la Lezzi e Toninelli può essere un filo complicato. Così va da Accordi&Disaccordi su la Nove e dice: «Renzi fuori dal governo».
La storia è questa.
Quando al giornale abbiamo deciso di scriverla, dall’archivio hanno tirato fuori un mucchio di materiale.
di battista renzi
Toglie ancora il fiato la foto di Toninelli — all’epoca ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti — che, ospite di Bruno Vespa, ride davanti al plastico del Ponte Morandi (appena crollato).
di battista