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    TONINELLI, UN MINISTRO SENZA - IL GRILLINO SI SALVA: IL SENATO RESPINGE LE DUE MOZIONI DI SFIDUCIA - MA LA MAGGIORANZA E’ IN DIFFICOLTÀ SUI NUMERI RISICATI CHE FANNO TREMARE IL GOVERNO IN VISTA DEL DEF (SERVIRANNO 161 VOTI) - DA “FORZA ITALIA” INCALZANO: “NON SIETE AUTOSUFFICIENTI, SENZA DI NOI IL VOTO SU SALVINI E LA DICIOTTI…”


     
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    Carlo Bertini per “la Stampa”

     

    maria leitner danilo toninelli by osho maria leitner danilo toninelli by osho

    Il caso è beffardo e fa in modo che il nome estratto dalla presidente Casellati per avviare la «chiamata», che salverà Danilo Toninelli dalla sfiducia, sia quello del leghista Armando Siri: quel sottosegretario che in un' intervista «non sapeva che lei fosse suo ministro», sfotte il piddì Andrea Marcucci. Ma questo è il prezzo delle alleanze e Siri si avvia disciplinato al banco della presidenza a pronunciare per primo il suo «no».

    Fa niente la divergenza di vedute su Tav e opere varie.

     

    DANILO TONINELLI E IL RISCALDAMENTO GLOBALE DANILO TONINELLI E IL RISCALDAMENTO GLOBALE

    «Ma ridiscutere la Tav è un dovere assunto dal governo fin dalla sua nascita e io sono coerente», si difende in aula Toninelli. Annunciando pure che «presto le targhe quando si cambia auto saranno portabili». E facendo notare che «gli attacchi contro di me sono casualmente partiti quando abbiamo messo in discussione il sistema delle concessioni autostradali».

     

    I Dem alzano la voce, si sbracciano, apostrofano in malo modo il ministro: «Signora presidente, è da ieri che ci tortura, ci faccia parlare», sbotta Marcucci, che alla fine va a sbattere in faccia a Toninelli l'elenco delle opere bloccate. Il ministro è solo in aula con la Lezzi fino a quando arrivano Conte, Di Maio e Fraccaro. Leghisti zero, ma in zona Cesarini giungono pure loro: Centinaio, Siri, la Bongiorno. E per Toninelli votano pure i tre dissidenti grillini che ieri si sono dissociati su Salvini.

    CONTE TONINELLI CONTE TONINELLI

     

    Il punto politico però è un altro e pesa assai in vista del Def che richiederà una maggioranza di 161 voti. «Noi siamo tranquilli. La maggioranza assoluta l' abbiamo e del resto si sa che le maggioranze al Senato non sono mai state troppo larghe...».

    Per nulla agitato dalla sequenza poco rassicurante dei numeri a Palazzo Madama (due colpi da159 e 157 no alla sfiducia) Riccardo Fraccaro esorcizza così lo spettro che le opposizioni agitano.

     

    Le due mozioni del Pd e di Forza Italia che chiedono la testa di Toninelli, riescono nell'intento di mettere a nudo la debolezza dei numeri della maggioranza. Ignazio La Russa prende la parola per gridare ai quattro venti che mercoledì il voto per blindare Salvini sulla Diciotti, senza il soccorso di Forza Italia e Fratelli d'Italia, avrebbe visto il tabellone fermo su solo 160 voti a favore del vicepremier; e allo stesso modo nei voti su Toninelli, la maggioranza non è autosufficiente.

     

    DANILO TONINELLI DANILO TONINELLI

    «Su Salvini - ribatte Fraccaro - noi avevamo sette assenti giustificati e la Lega tre, ma non c' erano problemi e quindi non li abbiamo fatti chiamare. Nessun timore poi oggi. Dove non era necessaria neanche la maggioranza assoluta». Ma c' è chi invece ha interesse a battere il ferro finché è caldo: l' intemerata di La Russa, e l' astensione sulla sfiducia, viene letta come un pressing per far entrare Fratelli d' Italia in maggioranza, ora che i grillini sono più deboli e c' è bisogno di energie nuove. Ma l' assenza dei leghisti svela i rapporti nel governo e cela pure una beffa: Salvini è andato in tour elettorale in Lucania il giorno dopo esser stato salvato dagli alleati e nessuno dei suoi all' inizio si degna di presenziare la seduta. «Le nostre assenze non hanno valore politico», garantisce lui, ma il dubbio resta.

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