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    TORINO CI RICASCA – NEGLI ANNI CINQUANTA NON AFFITTAVA AI MERIDIONALI, ORA AGLI STRANIERI - ANNUNCIO DI UN’AGENZIA IMMOBILIARE – IRONIA DELLA SORTE: LO STABILE E’ POPOLATO DA EXTRACOMUNITARI E LA PROPRIETARIA DELLA CASA E’ UN’AMERICANA


     
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    Paolo Coccorese per La Stampa

     

    Quel cartello riapre una ferita che si pensava dimenticata. Come quella città che sessant’anni fa appendeva ai muri gli annunci per affittare gli appartamenti a tutti, ad esclusione dei meridionali. Cancellata: dalla sua storia e dallo sviluppo di una Torino che oggi è volta, con orgoglio, all’accoglienza e al dialogo con chi cerca un futuro migliore. Fino a ieri.

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    Quando in corso Regina Margherita 205, sulla facciata di un palazzo signorile anni Cinquanta, è stato scovato un cartello, affisso qualche settimana precedente, con l’offerta immobiliare dove la parola «Affittasi alloggio» è stata un’altra volta associata ad una clausola che fa inorridire: «solo a persone non straniere». Riportando alla memoria un passato che sembrava accantonato. 

     

    LE TELEFONATE DI CHIARIMENTO 

    Il cartello non è passato inosservato è ed è stato staccato nel pomeriggio dopo le telefonate di chiarimento. «Quando l’ho visto ho provato a chiedere inutilmente spiegazioni a quel numero. Sarà che sono calabrese e studentessa di migrazioni, ma è una vergogna», dice Rita Sanzi, cronista freelance.

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    Sensazione condivisa con chi abita nello stabile. Elegante portone di legno, androne in marmo con un mosaico con l’iscrizione «salve» che, evidentemente, non è per tutti. Come conferma la signora Florina, in visita ad un’amica che risiede al piano terra, che racconta: «Ad una mia connazionale, con un lavoro e i documenti, ho inviato l’annuncio perché sapevo che cercava casa. Ma le hanno ripetuto che non vogliono stranieri». 

     

    IL PARADOSSO 

    Un paradosso per questo palazzo che ha un citofono che sembra un mappamondo. La metà dei nomi richiamano l’Est Europa, poi ci sono due cinesi e i nomi di famiglie maghrebine. «Sono quelli del secondo piano che sono fuggiti senza risanare il debito. Qui, ogni anno, c’è qualcuno che fa così», dice una signora che abita qualche piano più in su.

     

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    Ma al di là delle recriminazioni, il palazzo è la fotografia del quartiere di San Donato. Ex borgo operaio dove un quinto dei residenti non è italiano, percentuale più alta della media cittadina. «È stata una mia idea per evitare che venissi contattato a qualsiasi ora da persone straniere, interessate all’alloggio, a cui la proprietà non intende affittare», spiega Livio, giovane agente dell’agenzia immobiliare di Moncalieri a cui si è rivolta la proprietà del palazzo.

     

    Una spiegazione rinnegata dall’amministratrice della stabile, Fulvia Salvatico. «Ci sono state difficoltà con alcuni inquilini stranieri che si sono rivolti anche ai centri sociali per evitare lo sfratto, ma il problema della morosità non ha nazionalità. E non ci siamo mai sognati di chiedere di non affittare agli stranieri».

     

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    Anche perché i paradossi sono dietro l’angolo, come svela l’inquilino al piano terra, Carlo Gazzola, 80 anni, ex operaio della Fiat che abita da 35 anni in corso Regina. «La proprietaria è una signora italiana nata negli Usa». Immigrata pure lei in una città che non voleva gli stranieri.

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