FELICE Cavallaro per corriere.it
berlusconi dell'utri
Torna in libertà oggi dopo cinque anni di detenzione uno dei fondatori di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, per tanti anni braccio destro di Silvio Berlusconi, imputato e condannato eccellente, ancora sotto processo in Sicilia per la trattativa Stato-mafia. Libero anticipatamente, rispetto alla condanna di 7 anni, ormai considerata quasi scontata, nonostante la prevista appendice di due anni di cosiddetta «sorveglianza». Ma lui nella sua casa di Milano dove ha trascorso l’ultimo periodo per ragioni di salute è pronto a riaccendere i telefonini. «Se Dio vuole si ricomincia a vivere...»
L’assoluzione di Mannino
berlusconi dell'utri
E forse a viaggiare perché il processo di Palermo continua a rappresentare un nuovo pesante ostacolo, anche se lo rincuora la doppia assoluzione di Calogero Mannino da anni accusato di avere avviato la stessa trattativa, che così perde come ipotesi giudiziaria un importante tassello dell’accusa. No, di questo non vuole parlare Dell’Utri anche se casualmente ieri sera ha risposto, mentre facevamo squillare il telefono in casa della moglie Miranda Ratti. Invece, eccolo dall’altra parte del filo: «Si sono Dell’Utri, ma ancora non posso rispondere al telefono. È che in casa non c’è nessuno. Passavo davanti al telefono, squilla, mi creda, non rispondo mai, è un caso, buonasera».
L’esame di letteratura
Prova a bloccare altre domande: «Non posso parlare né fare commenti. Lo so che mi stanno cercando tutti, i telefoni degli avvocati friggono, ma io devo stare con la bocca cucita». Ma forse avrebbe voglia di parlare. E lo conferma, indirettamente: «Per farmela passare leggo un libro. Ho qui con me un libro di Sciascia. Una distrazione dallo studio». Quale studio? «Mi sono iscritto all’università di Bologna, facoltà di storia e letteratura italiana». Dell’Utri studente è una novità. Conferma: «Non si finisce mai di studiare. Ho un esame di letteratura che mi aspetta e devo immergermi in tre secoli di autori, storia, contesti, Seicento, Settecento e Ottocento, da Tasso a Verga».
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Lui e Silvio
S’è rifugiato quindi nella letteratura, ma non nella sua bella dimora sul lago di Como dove viveva prima degli anni di detenzione. «Casa venduta a Silvio Berlusconi, come sa chi legge le cronache», spiega. «Adesso sto a casa di mia moglie che però è a Santo Domingo, residente all’estero». Pregusta la prima passeggiata, il cellulare in tasca, deciso però a centellinare le interviste, ermetico sulla eventuale presenza al processo di Palermo: «Questo lo decidono gli avvocati». Anche Berlusconi, arrivando a Palermo da testimone, ha detto la scorsa settimana che gli avvocati hanno imposto a lui di non testimoniare in favore di Dell’Utri che evita commenti: «Appunto, materia di avvocati».
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La metafora dei rigori
Ma su quest’altro processo, dopo la doppia assoluzione di Mannino, nota che all’impianto accusatorio manca un gradino: «Sembra traballare la scala, ma io non posso dire nulla perché bisogna chiedere a chi decide in questo Paese». Chi decide? «Chi assegna i rigori». Ed ecco scattare una metafora: «Ricordo un bravissimo e simpaticissimo allenatore della Sampdoria, Vujadin Boškov, uno jugoslavo di etnia serba, quando nel dopo partita si discuteva se c’era o non c’era il rigore. E lui serafico placava tutti con il suo accento straniero: “Rigore è quando arbitro fischia”». Ma allora non c’era la Var. E adesso? «In tribunale è come ai tempi di Boškov, non è cambiato niente. È rigore quando fischia il giudice». Rassegnato? «Esperienza».
marcello dell'utri durante l'estradizione marcello dell'utri durante l'estradizione MARCELLO DELL'UTRI