Francesco Bei per "La Repubblica"
MARIO MONTI CON IL SUO PETTINE
«L’Italia alla fine del 2011 era in una situazione di emergenza e lo è anche oggi. Nella stessa misura». In uno dei tornanti più difficili del dopoguerra, quando la bancarotta dello Stato sembrava davvero a un passo, fu a Mario Monti che Giorgio Napolitano si rivolse per salvare la baracca.
Governando con durezza e imponendo sacrifici sgraditi sia a destra che a sinistra, ma votati dagli uni e dagli altri, ci riuscì. E di nuovo sembra soffiare sul paese un vento velenoso, che fa avvizzire ogni tentativo di ripresa. Dopo un lungo silenzio il senatore a vita torna dunque a farsi sentire. Ha visto con favore l’ascesa di Renzi e, finora, l’ha sempre sostenuto.
Senatore, siamo messi così male?
mario monti intervistato da alan friedman 3
«L’emergenza è dello stesso livello, cambia il modo di manifestarsi. Quando venni chiamato dal capo dello Stato a formare il governo, i mercati stimavano al 40 per cento la possibilità di un’insolvenza dello Stato e i tassi di interesse erano alle stelle.
Oggi la finanza pubblica è sotto controllo ma l’economia non riesce a prendere quota e costituisce anche una zavorra per l’occupazione. Il fatto che non squilli tutti i minuti il campanello dello spread non significa che l’allarme sia meno grave, anche se i giorni e le notti di chi governa sono probabilmente meno drammatici».
LA SOFFERENA DI MATTEO RENZI IN BICICLETTA
Venerdì Renzi metterà in campo altre riforme, dalla giustizia civile allo Sblocca Italia. Eppure sembra sempre che non basti mai, è come svuotare il mare con un cucchiaio…
«Credo che questa sensazione di impotenza derivi da due fattori. Anzitutto le riforme da fare sono ancora molte e un orologio funziona solo quando tutti gli ingranaggi sono a posto. Inoltre in Italia c’è la pericolosa abitudine di rimettere in discussione pezzi delle riforme già fatte».
A cosa si riferisce?
«Il nostro governo, a 18 giorni dal giuramento, varò con piena operatività due fondamentali riforme. Quella delle pensioni — con l’abolizione dei trattamenti di anzianità e il passaggio al contributivo per tutti — e un’imposta sulla prima casa, la cui mancanza era difficile da giustificare, in un paese che ha un’enorme ricchezza privata, in buona parte immobiliare, e un altrettanto enorme debito pubblico. Queste due riforme non hanno soltanto salvato la finanza pubblica ma anche creato spazi per la crescita. Lo ha riconosciuto anche Graziano Delrio in un’intervista a Repubblica. Questi spazi, i due governi successivi non li hanno però destinati prioritariamente alla crescita».
IL COSTUME DI ENRICO LETTA E LO SLIP DI BEPPE GRILLO
Cosa ne fecero?
«Letta preferì soddisfare le promesse elettorali di un partito della sua maggioranza e, invece di dedicare tutte le risorse disponibili alla riduzione del cuneo fiscale, le usò per cercare di cancellare l’Imu prima casa. Renzi a sua volta ha ritenuto di privilegiare una misura molto visibile, gli 80 euro, i cui effetti sulla crescita non sono ovvi. Intanto, il presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha l’obiettivo primario di introdurre cambiamenti che porterebbero a erodere la riforma delle pensioni».
Oscar Farinetti suggerisce a Renzi di dare al paese altre due o tre «bastonate». Cosa dovrebbe fare?
Elsa Fornero
«Renzi ha dimostrato di possedere in misura spiccatissima una qualità molto rara da trovare in un politico, una dote essenziale per ottenere il consenso alle riforme. Lui sa essere un grande coach: sa parlare agli italiani, sa motivarli, instillare orgoglio e speranza. E questo crea una domanda di governo, in particolare di governo Renzi».
Ma?
«Ecco, dove è ancora difficile giudicare Renzi è invece sulla reale capacità di governare. Cioè di far fronte a questa domanda di governo con un’offerta adeguata, cioè con veri e precisi provvedimenti, forti e operativi».
Sotto il tweet niente?
«Molte volte siamo stati tutti incuriositi e ammirati dalla…lucidità dei lucidi presentati in conferenza stampa. Ma non è stato poi facile capire cosa è rimasto dopo le slides».
Giorgio Napolitano
Dunque cosa gli consiglia?
«Ho superato da decenni l’età massima dalla quale — se non si è Capo dello Stato o, forse, presidente della BCE — Renzi accetta non dico di ascoltare, ma di udire consigli. Se no, gli suggerirei di non spingere troppo in là lo sforzo motivazionale. Per esempio, quando dice che fra tre anni l’Italia ridiventerà l’economia guida d’Europa o dell’eurozona, non è credibile.
Sia perché l’Italia non lo è mai stata, sia perché realisticamente è ben difficile che ciò possa accadere. Può però salire a posizioni molto migliori di oggi. Ma per ottenere questo, chi governa — soprattutto se ha il merito di essere un grande coach — dovrebbe dedicare più tempo ed energia a mettere in opera strumenti di governo. Dalla visione all’azione, dal sogno alla concretezza.
mario draghi 1
Ormai è diventato un mantra del governo in sede europea: riforme in Italia in cambio di flessibilità nell’applicazione dei trattati. E’ solo uno slogan o c’è davvero la possibilità che la Germania accetti uno “scambio” del genere?
«Nelle discussioni europee una stessa parola acquista significati diversi a seconda della nazionalità di chi la pronuncia. In chi ascolta, soprattutto se tedesco o nordico, la parola» flessibilità» in bocca a un italiano suona spesso come “tanto poi ci si arrangerà”.
So benissimo che non è questa l’intenzione di Renzi, ma siccome abbiamo purtroppo la reputazione di paese nel quale i cittadini hanno con la legge un rapporto, appunto, “flessibile”, dobbiamo prima far cambiare questa percezione».