RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giuseppe Del Bello per “la Repubblica”
“Bloccato. Non sto in piedi". Per qualcuno è così. Per altri, è " un dolore persistente". Qualcun altro ancora lo spiega come una " specie di stiramento continuo, dalla natica fin giù, al polpaccio. E zoppico quasi". Poi ci sono quelli che " il dolore parte dal collo e fa tirare pure il braccio". Mal di schiena, insomma. Spessissimo spia di tantissime patologie, il più delle volte correlate alla colonna vertebrale.
Sintomo appunto, come suggerisce Sergio Brambilla, direttore della Ortotraumatologia I del Gaetano Pini- Cto di Milano: « Un dolore che si estende dalle spalle alla regione glutea. A farci i conti, almeno una volta nella vita, è quasi la totalità della popolazione mondiale » . Dopo i 50 anni poi, entra in gioco anche l' artrosi, che non risparmia vertebre e articolazioni. E però il mal di schiena non è solo un affaire di chi è più avanti con gli anni. Anzi. Coinvolge un po' tutti, dagli adolescenti agli anziani, con un picco nei giovani adulti. Gli under 30 sono quelli più a rischio di episodi acuti. Perché magari con più superficialità si sovraccaricano di pesi o compiono movimenti bruschi e scoordinati. Rendendo più suscettibile agli insulti la colonna vertebrale.
La colonna è responsabile, ma non di tutti i dolori. Chi con il dolore di schiena ci convive, non ha idea di quante siano le strutture anatomiche coinvolte. Un ventaglio che va dalle componenti ossee (corpi vertebrali e faccette articolari) agli elementi fibro- cartilaginei ( dischi intervertebrali) ai tessuti molli (legamenti, capsule articolari, muscoli) fino a gangli e nervi.
«Nella maggior parte dei casi è impossibile stabilire quali di queste componenti sia la responsabile del sintomo dolore - spiega Brambilla - e perciò si parla genericamente di mal di schiena aspecifico. Il dolore può avere un esordio acuto, conseguenza di un movimento incongruo, uno sforzo o un sovraccarico. Ma può anche progredire progressivamente e secondariamente a sollecitazioni ripetute, come accade spesso a chi fa sport o è costretto a particolari e gravose attività lavorative. Quando poi si passa, come sintetizzano gli anglosassoini, alla formula "back pain aspecifico" si intende un dolore di natura " benigna", dolore che spesso si risolve da solo nel giro di una due settimane senza ricorso a terapie».
Questo non vuol dire però che a volte il mal di schiena non si trasformi in un evento invalidante, che crea apprensione e risvolti negativi sulla propria vita, familiare e sociale. « Comunque la si voglia mettere - taglia corto lo specialista - la verità è che nei Paesi economicamente più avanzati e con un servizio sanitario efficiente si registra un consumo eccessivo di farmaci e una richiesta ed esecuzione di esami diagnostici spesso inutili. E questo accade nonostante le linee guida sottolineino che prima di ricorrere ai test strumentali bisognerebbe aspettare quattro settimane dall' insorgenza del dolore».
Tant' è che spesso la Rmn rivela protrusioni o ernie innocenti, in soggetti del tutto asintomatici.
Insomma, non sempre c' è un nesso di causa- effetto tra il risultato dell' esame e la sintomatologia clinica. Tutto vero, ma quando ci si sente quasi invalidi, quanto bisogna aspettare? Dipende. Le forme acute durano meno di un mese, le subacute non superano i tre, mentre le croniche ( percentuale minima, secondo i dati) oltrepassano i 90 giorni, e sono quelle che più frequentemente recidivano o stentano a guarire. Come sempre poi, c' è una quota di responsabilità che ricade su comportamenti errati.
A partire dall' eccessiva alimentazione fino alla sedentarietà. Fattori che, avverte Brambilla, non vanno trascurati: «I soggetti in sovrappeso dovrebbero perdere chili per alleggerire la colonna » . Poi, oltre alla terapia farmacologica ( Fans, miorilassanti, analgesici, neurotrofici, antidepressivi) si può ricorrere a infiltrazioni con preparati steroidei associati ad anestetico locale. Come pure, possono alleviare la sofferenza l' agopuntura o la Tens ( stimolazione elettrica transcutanea): entrambe agiscono bloccando e modulando gli stimoli nocicettivi. La fisioterapia invece migliora la meccanica delle articolazioni attraverso la ginnastica personalizzata o con le tecnologie che inducono una risposta antinfiammatoria e antidolorifica (ultrasuoni, laser e tecarterapia).
Il discorso cambia e si fa serio se il mal di schiena, quando viene etichettato come specifico, richiede un approfondimento diagnostico. In questi casi, può essere secondario a tumori, infezioni, traumi, disturbi neurologici, deformità congenite o acquisite, processi infiammatori e, anche, a patologie viscerali con possibile ripercussione dolorosa sul rachide.
In preoccupante aumento, ricorda il medico, è la scoliosi dell' adulto: « Se nell' adolescente causa deformità ma non dolore, nell' adulto fa soffrire molto ed è invalidante». La soluzione non sempre è il bisturi. La chirurgia, anzi, si impone solo se c' è « un danno neurologico oppure risulta compromessa l' integrità ossea e capsulo-legamentosa deputate al mantenimento della stabilità. Negli ultimi decenni per le fratture da osteoporosi si è diffusa la vertebroplastica: inserimento di cemento ( polimetilmetacrilato) nel corpo vertebrale per via percutanea. Varie la tecniche, alcune semplici e poco gravose per il paziente (come nell' ernia discale), altre più complesse, per tumori o scoliosi, Ma tutte richiedono grande preparazione teorica, oltre che capacità tecnica».
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