Claudia Osmetti per “Libero quotidiano”
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«È una vicenda tristissima». Ettore Gassani, cassazionista, uno dei principali avvocati matrimonialisti di Roma, una sorta di istituzione quando sul tavolo ci sono pratiche di divorzio e separazione, quantomeno in Italia, si limita a dire questo della vicenda Totti - Blasi che, da un paio di mesi, fa discutere.
Non tanto la sezione civile del tribunale capitolino che, giustamente, ha la bocca cucita, quanto il gossip in tivù e sui social. «Non conosco gli atti», si premura di dire Gassani, «ho letto come tutti le dichiarazioni degli ultimi giorni e posso solo aggiungere che mi dispiacerebbe se danneggiassero la possibilità di trovare un accordo. Dopodiché non sappiamo chi effettivamente abbia iniziato, non conosciamo i particolari».
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Avvocato Gassani, chi ha tradito per primo l'ha chiarito Totti, ieri, in quell'intervista infinita sul Corriere...
«Mi perdoni, la fermo. Parlo da avvocato e in termini generici, non mi riferisco nello specifico al caso Totti Blasi. Il punto è che non possiamo mai sapere se le dichiarazioni siano corrispondenti alla verità dei fatti. Sa, un conto è un quotidiano, un altro il tribunale.
Da matrimonialista so che una dichiarazione può essere apparentemente molto convincente, ma poi puoi scoprire che le cose non stanno così o che ce ne sono altre. In questo momento, gli unici a conoscere la realtà dei fatti sono i colleghi che seguono i due coniugi».
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D'accordo. Ma in termini generali, come dice lei, è chi tradisce per primo che si becca la colpa?
«No. Anzitutto oggi non tutte le infedeltà sono sanzionabili perché il giudice è chiamato a verificare se sia la causa di una crisi coniugale o la conseguenza di una crisi già in atto per altri motivi. Non basta dire: "Tizio mi ha tradito", insomma».
È una questione di giurisprudenza?
«La suprema corte di Cassazione, negli ultimi anni, ha corretto il tiro su questo aspetto: prima essere beccati con le mani nella marmellata significava in automatico beccarsi anche l'addebito (che, tra l'altro, allora si chiamava colpa), adesso no. Chi ritiene di essere stato tradito deve anche dimostrare che il matrimonio andava a gonfie vele. Posso farle un esempio pratico?».
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Prego.
«Se un marito picchia la moglie per anni e lei lo tradisce, la moglie non sarà condannata. O se una moglie rifiuta i rapporti sessuali col marito per anni e lui va con un'altra donna, lo stesso. Ogni cosa ha una sua storia, una sua dinamica. Togliamoci dalla testa che il tradimento di per sé significa essere colpevoli o condannati a un addebito».
Sembra un lavorone, poi voi del settore...
«Lo è perché non è facile dimostrare che un tradimento è stata l'unica causa della separazione, ci possono essere mille sfumature. Bisogna sempre cercare di capire come stavano le cose prima, il clima famigliare, le incomprensioni, le eventuali incompatibilità di carattere. È un discorso che si può fare soltanto in tribunale».
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Totti dice di aver scoperto i tradimenti di Ilary dal suo cellulare. Ma sbirciare nel telefonini dei nostri mariti o mogli si può fare?
«In linea di massima se c'è una password o se si è carpita con un software, no non si può. Se invece non c'è e il cellulare è stato nella disponibilità dell'altro è anche possibile dare una sbirciatina, purché non venga violato un sistema di sicurezza. Tra l'altro, oggi, la maggior parte dei casi di infedeltà si scopre così».
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Come in quel film, Perfetti sconosciuti?
«Esatto. In Italia c'è un'infedeltà molto diffusa nelle coppie sposate e conviventi, talmente alta che non fa più notizia. Nel 70% dei casi uno dei due tradisce o ha provato a tradire. La tenuta del matrimonio è un po' sconfessata anche dall'uso dei social che non sono più il luogo in cui ci si scambia informazioni, ma il regno dell'"acchiappanza"».
Bel termine: molto "romano", ma spiega benissimo il concetto. Quando ci sono dei minori, come in questo caso, si complica tutto?
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«Sì. Bisogna parlare dell'affidamento e del calendario del diritto di visita e il giudice deve valutare con prudenza quale sia l'assetto migliore per i ragazzi. Io credo che la soluzione preferibile sia sempre un accordo, cioè abbassare i toni e sedersi a un tavolino. Fare la giudiziale solo se ci sono atti di violenza o situazioni particolari, come fanno gli inglesi».
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