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    ANDRÀ TUTTO… BERE! – TRA GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA PANDEMIA C’È UN’IMPENNATA DI ABUSO DI ALCOL, SOPRATTUTTO TRA GIOVANI E ANZIANI: DAL RAPPORTO DELL’ISS EMERGE CHE CI SONO 8,6 MILIONI DI CONSUMATORI A RISCHIO MENTRE GIÀ 670MILA (+24%) SONO SULLA STRADA DELL’ALCOLISMO – CHI SOFFRIVA DI PROBLEMI LEGATI ALL’ABUSO NEI MESI DI LOCKDOWN SI È SENTITO ABBANDONATO E HA BEVUTO DI PIÙ MENTRE I GIOVANI HANNO PRESO LA…


     
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    Estratto dell’articolo di Natascia Ronchetti per il “Fatto quotidiano”

     

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    L'ansia acuita dall'emergenza ha spinto verso l'alcol soprattutto i più giovani e i più anziani. E questa è una delle facce oscure del Covid, quelle che più difficilmente emergono. Nel 2020 i consumatori a rischio erano già 8,6 milioni, 300 mila in più rispetto all'anno precedente. Tra questi, gli adolescenti, che sono diventati circa 760 mila, e gli over 65, saliti a 2,6 milioni.

     

    Il senso di abbandono ed emarginazione ha polverizzato le resistenze dei più vecchi, soprattutto uomini. Ha invece portato i più giovani a domare l'ansia, durante il lockdown, con gli incontri online con gli amici a base di bevande alcoliche.

    D OP O , durante il primo liberi tutti dell 'estate 2020, i ragazzi hanno cercato lo stordimento.

     

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    "È così che è cresciuto anche il fenomeno del binge drinking", dice Emanuele Scafato, responsabile dell'osservatorio nazionale Alcol-Cnesps dell'istituto superiore di sanità. "Consi ste nel bere fino ad ubriacarsi - prosegue Scafato -. Un fenomeno che si è fatto strada ormai tra oltre 4,1 milioni di persone, tra i 18 e i 44 anni. Duecentomila in più rispetto al 2019. E' stato una sorta di effetto rilassamento dopo la chiusura totale. Adesso si ricorre agli alcolici per dimenticare".

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    Basterebbe questo a comprendere quale voragine di problemi sociosanitari abbia scavato la pandemia. E invece c'è anche di peggio. Ci sono i consumatori dannosi, coloro che già sono sulla strada che porta all'alcolismo. Anche loro in aumento. Erano 670 mila, sono 830 mila: il 24% in più. Con l'aggravante è che le strutture sanitarie pubbliche sono riuscite a prenderne in carico solo l'8%.

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