Pasquale Chessa per “il Messaggero”
georges simenon 1
L'eterno rito dell'aperitivo, meglio se il classico Martini secco; lo scotch servito prima o dopo cena, spesso robusto ma anche leggerissimo; si beve a canna e si brinda alla salute oppure si svuotano «tutti i bicchieri che capitano a tiro».
Il tema del bere, che come un contrappunto sinfonico percorre sottotraccia tutto il racconto di Georges Simenon (La mano), trova una segreta e paradossale corrispondenza nel libro di culto di René Daumal (La grande bevuta), più surreale del surrealismo. Si beve perché si ha sete di vivere, di conoscere, di pensare e alla fine anche di morire...
la camera azzurra di geroges simenon a teatro
Solo l'ebbrezza infatti porta alla lucidità del pensiero, solo l'ubriachezza consente all'anima di percepire con chiarezza la verità della vita. Con questo suo trattatello satirico che altri hanno già letto per noi, ormai illeggibile ma che vale ancora la pena di scorrere a sprazzi, cercando qualche felice lampo, Daumal vuole convincerci che «mentre la filosofia insegna in che modo l'uomo pretende di pensare, la bevuta mostra in che modo pensa».
LA SPARIZIONE
georges simenon
È la regola che Simenon applica alla lettera per svelare la psicologia dei suoi personaggi e scoprirne gli indicibili segreti, aggrovigliando prima e sbrogliando poi una trama che fatalmente gli appartiene e un po' gli somiglia.
Siamo a Brentwood nel Connecticut. Troviamo Donald ubriaco sulla panchina rossa nel fienile, ben nascosto, che fuma e riflette per la sparizione del suo migliore amico Ray, risucchiato da una tempesta di neve mentre insieme alle mogli, Isabel e Mona, cercavano di rientrare a casa dopo un party estemporaneo nella villa dei ricchissimi vicini di Boston.
Uscito per salvarlo, forse, Donald scopre che la sua rinuncia, la sua inane pavidità non è dovuta alla paura della tempesta ma piuttosto alla inconfessabile invidia che ha sempre provato per la vita dell'amico. Compresa la moglie che «ti guarda incantata», pronta a «introdursi nella tua intimità e a dischiuderti la sua».
georges simenon la mano
La finzione riesce. Il delitto è perfetto: Donald conquista Mona, e con lei una nuova consapevolezza esistenziale, partendo proprio dal desiderio di ghermire la sua mano, metafora del desiderio che dà senso al titolo. La prosa di Simenon è infallibile: gli bastano poche righe, un impennamento della frase, per mettere sottosopra l'intero seguito della narrazione di modo che il futuro riesce a cambiare anche il passato.
Racconta infatti Mona quanto fosse profonda invece l'invidia per Donald da parte del marito, tanto da farne la causa scatenante della bulimia alcolica di Ray e la ragione del suo dongiovannismo. Era successo anche all'ultimo party, a poche ore dalla morte, quando Donald lo aveva sorpreso in bagno, avvinghiato alla giovane e graziosa padrona di casa, appena conosciuta.
georges simenon
Se non fosse per gli occhi azzurro pallido di Isabel che sfidano la realtà con la forza della verità, se non fosse per quello sguardo inquisitore che funziona come una sentenza, se non fosse per la sindrome di colpevolezza che prende possesso della sua immaginazione, l'intera trama avrebbe ben presto esaurito la sua forza propulsiva. E invece...
IL DELITTO Mona rompe l'incantesimo e abbandona l'amante che non l'ama. Un odio profondo pervade le parole che Simenon presta a Donald predisponendolo al vero delitto. Tanto inatteso quanto annunciato, tutto succede nelle ultime righe: «Ho sparato mirando al petto... Gli occhi continuavano a fissarmi, immobili, e allora ho premuto il grilletto altre due volte. Puntando agli occhi». Capolavoro di crudeltà assoluta!
georges simenon 2 georges simenon (1965) georges simenon 1 georges simenon e i figli georges e marie jo simenon georges simenon 1 rene daumal (la grande bevuta georges simenon