Raffaele D'Ettorre per “il Messaggero”
hacker in azione
Spiavano le vittime in casa e poi vendevano le immagini sul web a 20 euro. Non solo foto, ma anche brevi spezzoni video messi all'asta su un mercatino online dove il business erano i momenti più intimi della nostra vita privata. L'intrusione avveniva tramite la violazione dei sistemi di videosorveglianza, con attacchi hacker mirati a impossessarsi delle telecamere installate in abitazioni private, spogliatoi, piscine, palestre e studi medici.
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È già partita la maxi operazione della Polizia Postale (con il coordinamento della Procura di Milano) battezzata Rear Window, che vede indagate undici persone accusate di associazione a delinquere e accesso abusivo a sistema informatico. Ma sul tavolo degli inquirenti ci sarebbe anche il reato di pedopornografia, dato che alcune di quelle telecamere venivano utilizzate come baby monitor.
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RANSOMWARE
Quello di Milano non è il solo caso di cronaca a impensierire Polizia Postale e Digos, perché già lo scorso 2 giugno un altro attacco hacker, effettuato dalla cyber gang Vice Society (che già ad aprile aveva violato i server dell'Abi), ha messo in ginocchio il sistema informatico del Comune di Palermo, disattivando le telecamere della Polizia Municipale e alcune funzionalità del sito del capoluogo siciliano che sono state ripristinate soltanto ieri mattina.
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Si tratta di un ransomware, cioè di una richiesta di riscatto da effettuare entro tre giorni, scaduti i quali il collettivo di cybercriminali ha minacciato di rendere disponibili sul proprio sito web i dati sensibili raccolti nei database anagrafici e tributari del Comune. Il countdown è terminato e a quanto pare non è stato raggiunto nessun accordo, perché queste informazioni adesso sono disponibili pubblicamente usando il browser Tor e collegandosi al sito della gang.
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Insomma, l'Italia è nel mirino degli hacker e nessuno né Stato né privati - è al sicuro. L'assalto è reso ancor più spietato dalle nuove tecnologie, che per loro stesso design si prestano alle mire voyeuriste dei cybercriminali: tutti i nostri dispositivi sono infatti dotati di videocamere incorporate e di software utili per pilotarle da remoto, e la verità è che nessuna piattaforma connessa a Internet oggi è sicura al 100%, nemmeno sfruttando i nuovi sistemi di accesso a due fattori o la biometria. Certo, si può complicare la vita dei cybercriminali adottando alcune contromisure.
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Un sistema con un software datato è più facile da bucare, e nel caso indagato dalla procura di Milano gli hacker sono entrati sfruttando propria una di queste falle: alcuni membri della gang setacciavano il web alla ricerca di impianti di videosorveglianza connessi a Internet e, una volta individuati, li attaccavano per sottrarre le password di accesso.
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E una ricerca di Federprivacy rivela che solo l'8% dei dispositivi installati sarebbe in regola con le normative. Diventa perciò vitale seguire i consigli di Avast Software, l'azienda proprietaria dell'omonimo antivirus, che suggerisce di aggiornare costantemente i propri dispositivi con le patch rilasciate dal produttore e cambiare le password d'installazione con chiavi d'accesso più complesse.
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VIGILANZA
Una necessità ancora più impellente nel caso delle aziende o della pubblica amministrazione, dove i dipendenti portano sul posto di lavoro smartphone, smartwatch e altri dispositivi intelligenti sui quali spesso sono presenti virus o malware (stando all'ultimo report dell'azienda di cybersecurity Atlas VPN, vengono creati oltre 316mila nuovi malware ogni giorno) che forniscono agli hacker una facile via di accesso, non solo ai dati personali dell'impiegato ma anche alle password del datore di lavoro o del Comune.
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Vale allora il consiglio della Polizia Postale, drastico quanto efficace: in un mondo in cui i collettivi hacker sono sempre più rapidi ed efficienti nello sfruttare le nuove vulnerabilità della sicurezza, «meglio affidarsi a prodotti specifici che non siano collegati a Internet». Ma se in una società sempre più interconnessa staccare il proprio sistema dal web dovesse risultare troppo difficile o sconveniente, esistono alcune app che possono dirci se siamo stati intercettati.
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Su Android, iOs e Windows ci sono mSpy e iKeyMonitor che setacciano il dispositivo in cerca di app-spia. Avast e AVG sono ancora oggi gli anti-malware più diffusi. Per tutto il resto, basta il buon senso: mai condividere la propria password, aggiornare costantemente i dispositivi e creare chiavi d'accesso univoche e il più possibile complesse.