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    ALESSANDRO IL GRANDE - TRE PREMI DI STILISTA DELL’ANNO PER ALESSANDRO MICHELE, DA 21 MESI AL COMANDO DI GUCCI DOPO 12 ANNI DIETRO LE QUINTE. RISULTATI DA SOGNO ANCHE NELLE VENDITE: +4,5% NEL 2015 (CONTRO IL +1,5% PREVISTO DAGLI ANALISTI) + 7,4% NEL SECONDO TRIMESTRE 2016


     
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    Serena Tibaldi per “La Repubblica

     

    ALESSANDRO MICHELE PREMIATO DA ELTON JOHN ALESSANDRO MICHELE PREMIATO DA ELTON JOHN

    Tre titoli di stilista dell’anno in meno di 12 mesi: tanti sono i riconoscimenti che Alessandro Michele s’è visto attribuire tra la fine del 2015 e oggi grazie al suo lavoro alla guida di Gucci. Il primo è arrivato lo scorso novembre dall’inglese British Fashion Council, il secondo a giugno dal Cfda americano e ora tocca di nuovo a Londra, con il British Gq Man of the Year Award.

     

    Alla cerimonia, il 6 sera a Londra, a dargli il premio come Designer of the Year è stato Elton John. La corsa dello stilista romano, da soli 21 mesi al comando del marchio, pare essere per ora inarrestabile. Lo dice la stampa, lo dicono i compratori, i premi, e anche una classifica di pochi giorni fa che vede Gucci in testa ai brand più “hot” e amati dalla stampa.

    GUCCI BY ALESSANDRO MICHELE GUCCI BY ALESSANDRO MICHELE

     

    E pensare che fino al gennaio 2015 lui era virtualmente uno sconosciuto. È stato allora che Michele ha preso le redini di Gucci, una corazzata in lento declino stilistico (e economico), ribaltandone l’immagine: si ipotizzava dovesse rimanere per una sola sfilata, in attesa di un sostituto più illustre, e invece nello spazio di uno show — per i posteri, la collezione uomo a/i 2015 — è stato capace di trasformare l’immagine iper-sessualizzata del marchio in un romanticismo decadente, femmineo e zeppo di riferimenti storici.

     

    ALESSANDRO MICHELE E CHARLOTTE CASIRAGHI ALESSANDRO MICHELE E CHARLOTTE CASIRAGHI

    Basta questo, nel pieno della discussione sull’estetica genderless di quei mesi, a trasformare il marchio nel nuovo nome da seguire, anche se alcuni in principio storcono il naso: in un universo come questo, in cui gli stilisti paiono semi-divinità che dettano dall’alto mode e tendenze, Michele, estraneo a certe meccaniche, rappresenta un outsider difficile da classificare. Però al brand italiano (di proprietà della francese Kering) in affanno fortuna più grande non poteva capitare.

     

    Lo capisce per primo Marco Bizzarri, ad e responsabile del nuovo corso: invece di lanciarsi, come hanno fatto i concorrenti, in una caccia al designer famoso e di richiamo da mettere sotto contratto dopo l’uscita di Frida Giannini, ne sceglie uno che da Gucci lavora da 12 anni dietro le quinte, e gli dà carta bianca. Idea indovinata: non lo dicono solo gli appassionati, ma anche i ricavi in risalita dopo anni.

    ALESSANDRO MICHELE 4 ALESSANDRO MICHELE 4

     

    Con lui il 2015 finisce con un +4,5% (contro il +1,5% previsto dagli analisti), mentre nel 2016 le vendite salgono a 1,9 miliardi di euro, con un picco del + 7,4% nel secondo trimestre. Un’ottima notizia per il Paese: Gucci conta più di 2mila dipendenti diretti sul territorio nazionale e 7mila nell’indotto indiretto nella sola zona di Firenze, dove proprio grazie alla rinascita avviata da Michele è in programma, spiega Bizzarri, l’apertura di un nuovo polo produttivo.

     

    Significano altri 200 posti di lavoro. Cifre che dimostrano come questo sia il momento giusto per assumersi dei rischi anche molto elevati, proprio come hanno fatto loro: con l’energia, il coraggio e la fiducia di fare le cose in modo diverso, il mercato ti segue. Un’ottima lezione per i giovani di talento secondo lui, e su questo non gli si può dar torto. Eppure c’è chi ancora in Italia sorride al pensiero che abiti e accessori possano avere tanta rilevanza.

     

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    Tutto nella norma, dice Michele poco prima della cerimonia londinese. «In realtà non lavoro per ricevere premi, anche se fanno piacere, soprattutto perché si condividono con chi ha assistito al tuo lavoro e lo ha amato tanto quanto te. E poi i Paesi anglosassoni sono bravi nel creare e nel gestire certi eventi, mentre noi italiani abbiamo più senso pratico, siamo lavoratori indefessi alla costante ricerca del bello. Forse l’Italia, al di là di certi eventi, ha storicamente mancato di valorizzare il nostro settore». Questo sarebbe un ottimo momento per cambiare le cose.

    ALESSANDRO MICHELE ALESSANDRO MICHELE alessandro michele alessandro michele

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