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    TRE VITE, UN EROE - SE FOSSE ORGANIZZATO UN SONDAGGIO SULL’ITALIANO PIÙ STIMATO NEL MONDO, ALEX ZANARDI SALIREBBE SUL PODIO, COME NELLE PARALIMPIADI - PERCHÉ È VINCENTE, INDOMITO, TRASVERSALMENTE SIMPATICO - È L’EROE REALE DI UN LIBRO CHE, SE LEGGESSIMO, RITERREMMO ECCESSIVAMENTE EDIFICANTE - ANCHE ANNALISA MINETTI HA UNA STORIA SIMILE E TRE VITE: MISS ITALIA (’97). LA VITTORIA A SANREMO (’98). IL BRONZO NELLA CORSA…


     
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    Andrea Scanzi per "il Fatto Quotidiano"

    ALEX ZANARDI DOPO LA VITTORIA NELLE PARALIMPIADI jpegALEX ZANARDI DOPO LA VITTORIA NELLE PARALIMPIADI jpeg

    C'è qualcosa di ostinatamente strabiliante nella maniera allegra con cui Alex Zanardi, da undici anni, giustifica ogni forma di retorica. La stessa a cui, fatalmente, si ricorre per narrarne la tenacia. Le ripartenze. Le tre vite, e anzi sembrano di più. Il 15 settembre 2001, sull'EuroSpeedway Lausitz di Germania, il circuito che diede la morte a Michele Alboreto, l'auto di Alex Tagliani gli tranciò di netto le gambe. Un rettilineo: l'altro a tutta velocità, lui fermo in mezzo alla pista.

    Campionato Cart. Zanardi stava uscendo dai box. Una chiazza d'olio, probabilmente. Il cappellano del circuito gli diede l'estrema unzione. Usando, per velocizzare i tempi prima del viaggio (si riteneva inutile) in elicottero, proprio olio da motore. Ora quella stessa persona, a 46 anni, vince la medaglia d'oro alle Paralimpiadi di Londra. Categoria handbike, bici a mano. Prova a cronometro, categoria H4. "È un oro che ha un significato enorme. Non posso però dire di essere stupito, sapevo di essere in forma". Sedici chilometri, corsi a Brands Hatch. La stessa pista in cui, svariate vite fa, ottenne la prima pole position in Formula 3000.

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    Zanardi ha vinto per distacco. Era il favorito, aveva dominato la Maratona di New York e quella di Roma. Oggi può ripetersi nella prova in linea, sabato nella staffetta. Prima di perdere le gambe, Zanardi era una promessa parzialmente mancata della Formula 1. Con la Williams, nel ‘99, non ottenne punti. Per questo tornò negli Stati Uniti.

    Aveva vinto il campionato Cart nel '97 e '98. Era un idolo. Era la sua prima vita. Dopo l'infortunio, la seconda. La riabilitazione, le vittorie nel Campionato Italiano Superturismo (e non solo lì). Lo show da David Letterman, quando mostrò la comodità di potersi smontare le gambe. La biografia, l'autoironia. Frasi celebri, vere o credibilmente inventate: "Se non altro, non rischio di prendermi il raffreddore camminando scalzo"; "Se mi rompo le gambe un'altra volta, per rialzarmi basterà una chiave a brugola".

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    La vicinanza della moglie Daniela, del figlio Niccolò. I programmi in tivù (presentatore su RaiTre), i cameo a Camera Cafè. Lo sci. Le interviste mai banali, i doppiaggi per RaiGulp. La bicicletta è la terza alba. Il desiderio riverberato della vittoria poliedrica. La parabola agonistica che assurge a riscatto esistenziale, guanto di sfida garbatamente gettato contro un destino su cui mai - perlomeno non pubblicamente - ha pianto.

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    Se fosse organizzato un sondaggio sull'italiano più stimato nel mondo, Alex Zanardi salirebbe (un'altra volta) sul podio. Perché è vincente, indomito, trasversalmente simpatico. Ma più che altro perché è intatto, stoico: salvo. È l'eroe reale di un libro che, se leggessimo, riterremmo eccessivamente edificante. È la favola di se stesso, che non si è mai svilita atteggiandosi a esempio o modello. Zanardi lotta, sorpassa, va in fuga. Continuamente. È il suo modo di vivere. Non ne conosce altri. E non può essere una privazione anatomica , per quanto devastante, a mutare orizzonti. Prospettive. Intenzioni del volo.

    alex zanardialex zanardi

    Non è dissimile il percorso di Annalisa Minetti. Almeno tre vite, anche qui. La partecipazione a Miss Italia ('97). La vittoria al Festival di Sanremo ('98). Due giorni fa, il bronzo paralimpico nei 1500 per ipovedenti. Se non avessero discutibilmente accorpato le categorie T11 e T12, sarebbe stato oro. E un altro sarebbe arrivato negli 800, specialità in cui eccelle ma che alle Olimpiadi non c'è.

    A 18 anni - adesso ne ha il doppio - ha scoperto di essere malata di retinite pigmentosa e degenerazione maculare. Ha ricevuto critiche perché la sua menomazione l'avrebbe agevolata nel lavoro: coi media, in particolare. Ha cantato con Toto Cotugno, ha resistito a Music Farm. Dal 2001 si è messa a correre. Veloce. Velocissima.

    Ieri l'italiana Assunta Legnante ha conquistato poi la medaglia d'oro nel lancio del peso femminile stabilendo, con la misura di 16,74, anche il nuovo record del mondo.

     

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