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    TRIGORIA: CAOS, VELENI E BALDORIA! FRIEDKIN NOMINA CEO AD INTERIM L’AVVOCATO LORENZO VITALI CHE MOLTO SI E’ DATO DA FARE NEL CASO DELLA EX DIPENDENTE VITTIMA DI UN PRESUNTO CASO DI REVENGE PORN (NELLA LETTERA DI LICENZIAMENTO LE E’ STATO SCRITTO CHE LA SUA “INCOMPATIBILITÀ” ERA DOVUTA A QUEL VIDEO ORRENDO VISIONATO DA GRAN PARTE DEL PERSONALE E DEI GIOCATORI) - TRA I NOMI IN BALLO PER IL RUOLO DI AD C’È ANDREA D’AGOSTINO, MANAGER DI COCA-COLA – INCERTO IL FUTURO DI GHISOLFI – IL RUOLO DI PRISCILLA BORTOLONI, DONNA DI FIDUCIA DI DAN FRIEDKIN - DAGOREPORT


     
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    Estratti da repubblica.it

    friedkin friedkin

    (…) Le figure cercate in questo momento dalla Roma sono due: un amministratore delegato corporate e un alto dirigente calcistico. Per il primo ruolo in pole c’è l’avvocato Lorenzo Vitali, uomo di fiducia del club e grande protagonista della spending review giallorossa degli ultimi mesi.

     

    Lui punta a quella poltrona e, formalemente, dal giorno dell’addio a Lina Souloukou è lui il Ceo ad interim della società. Da capire se verrà confermato in quel ruolo oppure verrà sostituito dalle nuove figure portate dagli head hunter del club.

     

    Perchè tra i nomi in ballo c’è quello di Andrea d’Agostino, general counsel e managing Director di The Coca-Cola Company Italia con alle spalle una lunga esperienza professionale all’interno di diverse multinazionali. D’Agostino si è occupato per Coca-Cola della main sponsorship degli Europei di calcio 2024 e la main sponsorship sul training kit del Napoli. Business e calcio, esattamente il profilo che vorrebbero i Friedkin. Un contatto c’è stato, con il manager che ha preso tempo per una decisione.

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    IL CUORE HA LE SUE RAGIONI CHE QUESTA ROMA NON CONOSCE

    Luca Di Bartolomei per ilromanista.eu

     

    Il cuore ha le sue ragioni che questa Roma non conosce. Ma attenzione. Perché se ci limitassimo a considerare il cambio di allenatore solo una questione de core, rischieremmo di non cogliere il vero punto dolente che, invece, risiede nella pianificazione e nella gestione societaria. In quella che dovrebbe essere la consequenzialità logica di atti ordinari di natura strategica, amministrativa, commerciale e calcistica.

     

     

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    Poi, per carità, non si può non considerare la componente emotiva del “dio pallone”, ma ripeto: trattare l’esonero di Daniele De Rossi come una questione di pancia sarebbe sbagliato, perché le legittime critiche a questa proprietà e a questo management vanno svolte su un piano fattuale. E vista l’affezione della proprietà per i dati, mettiamone in fila qualcuno e parliamo di pianificazione.

     

    L’esonero di De Rossi avviene a valle di un rinnovo triennale e dopo che è stato completato, in ritardo, un mercato gestito senza alcuna programmazione da un Direttore Sportivo arrivato il 22 maggio scorso.

     

    andrea d agostino andrea d agostino

    A dimostrarlo ci sono il caso Paulo Dybala, sul quale stendiamo un velo pietoso, e quello relativo a Tommaso Baldanzi, probabilmente il giovane italiano più promettente in circolazione, un centrocampista che non trova spazio nemmeno dopo una tripletta con l’U21. A lui si è deciso di affiancare il coetaneo Matias Soulé, che rischiamo di non far giocare dopo aver speso 30 milioni, perché difficilmente integrabile nel 3-5-2 tanto caro al nuovo tecnico Ivan Juric, preso a 2 milioni netti fino a giugno con una promessa di rinnovo solo in caso di qualificazione alla prossima edizione della Champions League.

     

    E in tutto questo (tolte le questioni di marketing territoriale), manca un terzino destro, e semmai Artem Dovbyk dovesse prendere un raffreddore, ci resterebbe come sola alternativa il generoso uzbeko, perché Tammy Abraham non andava più bene e avevamo bisogno di un ottimo esterno (l’ennesimo).

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    Sarebbe doveroso, dunque, avere qualche spiegazione, o quanto meno conoscere la motivazione che ha accompagnato queste scelte che, in teoria, dovrebbe aver preso il Direttore Sportivo con l’ok della Proprietà e in sinergia con l’allenatore.

     

    Allenatore, dicevamo, esonerato alla quarta giornata di campionato dopo aver fatto la preparazione e costruito la rosa, lasciato a casa per dare un segnale alla squadra (il quarto con questa proprietà). E sarebbe interessante anche capire chi ha scelto il nuovo mister, allievo del calcio di Gasperini, famoso per non scendere a compromessi con i calciatori e legato a un modulo che prevede la spinta a tutta fascia. Compatibile, sì, con l’undici tipo della Roma, spesso usato anche da De Rossi, ma rispetto al primo assai meno elastico, poco dedito al bel calcio e con zero esperienza internazionale.

     

     

    E quindi, dove sarebbe il miglioramento? Quale sarebbe “il segnale da dare alla squadra” di cui si parla nel comunicato ufficiale?

     

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    Perché le squadre che vincono sono soprattutto quelle che hanno alle spalle società forti, che sanno pianificare, immaginando in anticipo i problemi, costruendo opportunità, selezionando e facendo crescere professionalità dirigenziali e profili tecnici nel marketing, nella comunicazione e nelle revenue. E allora, anche qui, mettiamo in fila qualche altro dato, perché l’esonero è solo l’ultima spia di un problema più grande, dimostrato anche dal fatto che il valore della società è oggi ben al di sotto della liquidità che vi è stata investita.

     

     

    La Roma ha perso negli ultimi due anni moltissimi lavoratori fra non rinnovati e dimissionari, cui si aggiungono, nel nome della razionalizzazione dei costi (invero modesti), il licenziamento di diverse altre professionalità, molto spesso non rimpiazzate. In una specifica vicenda poi — avendo noi (merito e vanto) un CEO donna che è anche responsabile diversity e inclusion dell’ECA — la società si è trovata a transare con una ex dipendente vittima di un potenziale caso di revenge porn, dopo averle scritto nella lettera di licenziamento che la sua “incompatibilità” era dovuta proprio a quel video orrendo che era stato visionato da gran parte del personale e dei giocatori.

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    E allora, quello che resta dopo l’esonero di De Rossi non è tanto e non è solo l’amarezza per come è stato trattato il mio capitano, il mio mister, quello che mi faceva incazzare quando esagerava, perché lui è il mio idolo e i miti devono essere sempre d’esempio.

     

    No, quello che mi resta più di tutto è una domanda: ma questi dirigenti in carica, tutti così netti e repentini nelle loro decisioni, da apparire profondamente insicuri nel proprio ruolo, fino a quando potranno andare avanti senza offrirci una parola, una spiegazione del loro operato? Viene il dubbio, e non vorrei mai che fosse come nella scena di “Tre uomini e una gamba”, dove gli attori di Biglietto amaro “son presi dalla strada”.

     

     

     

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