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    TRISTE SOLITARIO Y FINAL: SI RITIRA IL "QUINTO BEATLE" DEL TENNIS JUAN MARTIN DEL POTRO. POTEVA ESSERE FEDERER E NADAL, DJOKOVIC E MURRAY E INVECE S’È RITROVATO A DESTREGGIARSI TRA INFORTUNI, INTERVENTI CHIRURGICI, DEPRESSIONE, SALE OPERATORIE, CURE, STRESS, ERRORI - FACEVA IMPAZZIRE FEDERER. CHIUDE IN BANCAROTTA. IL PADRE GLI HA GESTITO MALISSIMO GLI AFFARI, LASCIANDO UN BUCO DA 30 MILIONI DI DOLLARI… - VIDEO


     
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    Trionfi, titoli, gloria, rispetto, epica, passione, denaro, popolarità, opportunità, la felicità. E traumi, interventi chirurgici, depressione, sale operatorie, cure, stress, silenzi, cattivi consigli, errori, rabbia, speculazioni. Racchetta e bisturi: Juan Martín del Potro. Il “Big 5”. Il numero uno in contumacia del tennis. L’uomo che poteva essere Federer e Nadal, Djokovic e Murray e che invece s’è ritrovato ad arrampicarsi sul destino. Fino all’addio che si è consumato (è un verbo riflessivo che gli aderisce bene, consumarsi) in queste ore, al torneo di casa sua, a Buonos Aires. 965 giorni dopo l’ultimo match vinto, al Queen’s contro Shapovalov. Allo stadio c’era anche sua madre, che mai s’era scomodata prima. Mai. E’ finita così:

     

     

     

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    Del Potro è un feticcio del tennis. Un campione sofferente trafitto da lampi di gioia, malinconico e incosciente. Argentino per aggettivazione sentimentale: rotto e resistente, lo sguardo dolce e il ruggito silenzioso. Un vincente vinto solo dall’impossibilità di ricucirsi all’infinito. Sobrio, modesto persino nel dichiarare l’altezza: 1,97 ufficiali, quando è in realtà 2 metri e 03.

     

     

    A 33 anni e con più di sedici stagioni da professionista in cartella medica, Del Potro scende dall’altalena emotiva da 753esimo al mondo. Pieno di debiti. Il padre gli ha gestito malissimo gli affari, lasciando un buco da 30 milioni di dollari.

     

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    Una bestemmia, per uno che ha martellato – servizio e dritto alare – i Big 4. Li ha battuti tutti e quattro. E quei tre, Djokovic, Nadal e Federer li ha battuti quando erano in cima all’Olimpo. Nella sua finale più famosa, a New York 2009, rimontò Federer da 3-6 3-5, vinse due tie-break, e infine lo batté 6-2 al quinto set, dopo essere stato a due punti dalla sconfitta. Lui aveva 20 anni, e Federer era imbattuto da 40 partite, a New York. Martiniano Orazi, il suo ex preparatore atletico, racconta che Federer contro di lui impazziva: attaccava per togliergli ritmo e lo faceva pestando i piedi sul cemento per far rumore, per farsi sentire. Una volta, persino, si mise a urlare a voce alta i punti in suo favore. Come si fa nei tornei di quarta categoria per scandire all’avversario scorretto la pena inferta.

     

     

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    Non è mai stato il numero uno. “Avrebbe potuto?” si chiede su La Nacion Sebastián Torok. “Sì”, si risponde. “E avrebbe anche potuto ritirarsi molti anni fa. Gli interventi chirurgici al polso destro (nel 2010), al polso sinistro (tre tra il 2014 e il 2015) e al ginocchio destro (quattro tra la metà del 2019 e il marzo 2021) lo hanno soffocato”.

     

    E’ arrivato al numero 3, nell’agosto 2018, poche settimane prima di subire la caduta sul cemento del torneo di Shanghai che gli ha fracassato la rotula destra, quella delle quattro operazioni.

     

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    Nel 2018, con il suo ventiduesimo ed ultimo torneo vinto nel deserto californiano di Indian Wells Del Potro ha completato un curriculum senza precedenti per la storia della medicina sportiva, inventando uno sport nuovo di zecca: il tennis a ostacoli. Campione agli US Open nel 2009, doppia medaglia olimpica (bronzo a Londra 2012 e argento a Rio de Janeiro 2016), la Coppa Davis 2016 e spicciolame tra Atp 250 e 500. Tra il 2008 e il 2018 ha giocato tredici finali (incluso quella allo US Open 2018, persa contro Djokovic). E’ l’argentino che ha vinto di più, dopo Guillermo Vilas.

     

     

    Nell’anno 2022, l’anno in cui il pacchetto Big 3 “si disunisce” – Djokovic si fa espellere dagli Stati sovrani, Federer non sa se tornerà più, e Nadal… beh Nadal fa sempre il Nadal – Del Potro dice basta torture. E lo fa in coerenza col resto della sua carriera: senza clamore, lontano da tutti ma vicino a se stesso.

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