Anna Guaita per “il Messaggero”
Non si può più negare: fra Donald Trump e Anthony Fauci c'è un disaccordo che cresce in misura direttamente proporzionale al desiderio del presidente di rimettere in moto l'economia. Mentre il direttore dell'Istituto Nazionale delle Malattie Infettive continua a invocare la cautela, ieri Trump ha fatto un altro dei suoi viaggi elettorali, volando in Pennsylvania, dove le zone più conservatrici sono in lotta con il governatore democratico Tom Wolf e le sue regole di lockdown.
IL VIAGGIO
In barba al fatto che nello Stato il ritmo di infezioni è ancora altissimo, con una media di mille nuovi casi al giorno, Trump si è schierato con i contestatori. Ma prima di salire in elicottero, ha trovato il tempo di criticare per la terza volta le parole del capo della squadra anticoronavirus. Fauci nei giorni scorsi ha raccomandato di non aver fretta di riaprire le scuole, e ha rammentato che il virus è ancora in gran parte sconosciuto e che di recente si sono verificati casi di bambini colpiti da infiammazioni legate proprio al coronavirus. Trump si è detto «in disaccordo», e anzi ha affermato che si tratta di una posizione «inaccettabile».
anthony fauci donald trump
L'ansia di far ripartire l'economia del Paese è da giorni oramai la prima preoccupazione del presidente, rinnovata per l'appunto ieri dalla notizia che il numero dei disoccupati è salito a oltre 33 milioni. I primissimi dati sembrano tuttavia dar ragione a chi invoca la cautela. Il presidente cita sempre il fatto che i contagi stanno scendendo nel Paese a riprova che il virus è stato sconfitto, ma la verità è che la curva nazionale scende perché scende in modo drastico in Stati già focolaio, come New York, New Jersey, Massachusetts e Rhode Island che sono ancora in massima parte in lockdown.
Ma se si guarda al resto del Paese si vede come invece i contagi crescono in Stati dove il lockdown è stato allentato, come nel Kentucky, Minnesota, Alabama, Mississippi. E il numero dei morti ha superato anche la soglia degli 85 mila. E' vero che la reazione al virus sta diventando sempre di più una reazione politica, con i democratici desiderosi di prolungare il lockdown e i repubblicani propensi a riaprire.
donald trump xi jinping mar a lago
LA POLITICA
E Trump sa che la sua rielezione è legata alla sua base repubblicana e di destra, e non ha remore a cavalcare i temi che le sono cari. Come la rabbia contro la Cina, bersaglio prediletto di chi cerca di non vedere le colpe e le mancanze della stessa Amministrazione. Prima di partire per la Pennsylvania, Trump ha preso di nuovo di mira Pechino in una intervista alla Fox, ed è arrivato a sostenere che gli Usa potrebbero «troncare l'intero rapporto con la Cina». Il giorno prima la sua Amministrazione aveva denunciato Pechino per pirateria cibernetica contro università, istituzioni e aziende che lavorano alla ricerca del vaccino contro il coronavirus.
Insomma, la Cina diventa ogni giorno di più il nemico a cui addossare le colpe della pandemia e delle sue complicazioni. Ma intanto gli scienziati chiedono di essere ascoltati di più. Ieri alla Camera ha parlato Rick Bright, l'epidemiologo già a capo del Dipartimento Vaccini della sanità Usa, rimosso (secondo la sua denuncia) per aver preso posizioni scomode per l'Amministrazione. Bright ha rivelato di aver denunciato l'impreparazione del Paese al virus alla fine di gennaio, e ha insistito che non ci sono le basi per una ripresa dell'economia e anzi ha paventato che in autunno le cose possano peggiorare tanto da creare «il peggior inverno della storia moderna».
anthony fauci