Danilo Taino per “l’Economia - Corriere della sera”
Mario Draghi ha dato poca importanza al tweet con il quale Donald Trump lo accusava, martedì scorso, di volere indebolire l' euro nei confronti del dollaro a scopo competitivo. Almeno in pubblico. Saggiamente, si è limitato a ribadire che la Banca centrale europea ha un target per l' inflazione ma non per il tasso di cambio della moneta unica (cioè non agisce né per deprezzarla né per rafforzarla). Resta però il fatto che quando dalle due sponde dell' Atlantico corrono accuse di svalutazioni competitive vuole dire che qualcosa non funziona. E a muoversi in modo ondivago non è solo l' uomo della Casa Bianca: anche sul versante europeo, qualcosa non funziona.
MARIO DRAGHI DONALD TRUMP
Iniziamo da Washington, dove le cose sono meno intricate. Nella tattica di confronto-scontro bilaterale con tutti, Trump mette in campo il suo potere e quello degli Stati Uniti in un modo e con una misura che i presidenti precedenti avevano evitato. Con il tweet contro Draghi ha mirato a due obiettivi. Uno interno, per fare pressione sulla Fed affinché anch' essa torni a stimolare l' economia, quella americana: precisamente, affinché tagli i tassi d' interesse, che negli Usa sono più alti - tra il 2,25 e il 2,5% i fondi federali di riferimento - rispetto ai livelli zero e negativi nell' Eurozona, essendo i cicli economici delle due aree fuori sincrono.
Il secondo obiettivo del presidente americano era rivolto all' Europa nel suo insieme, dal momento che Trump è convinto che gran parte del mondo, Vecchio Continente compreso, viva sulle spalle degli Stati Uniti e impieghi trucchi, in questo caso l' euro debole, a scapito degli americani.
In un quadro di guerre commerciali in parte striscianti e in parte effettive (quella tra Washington e Pechino), una disputa sulle manipolazioni valutarie, in particolare tra le due maggiori monete, dollaro ed euro, rappresenterebbe il salto su un gradino più alto e più pericoloso. Al momento, l' uscita di Trump su Draghi e l' euro resta estemporanea. Il presidente americano, però, difficilmente cambia i suoi giudizi e dunque è probabile che la convinzione di azioni «ingiuste» da parte degli europei e soprattutto della Bce rimanga fissa nei suoi pensieri, pronta a emergere in altre occasioni.
draghi
A complicare il tutto è che il presidente americano non sembra avere una vera strategia in fatto di commercio internazionale: minaccia e impone sanzioni ma non è chiaro se abbia un obiettivo finale, un quadro di riferimento al quale approdare.
Le tensioni sugli scambi e le incertezze sull' imprevedibilità della Casa Bianca mettono in difficoltà le imprese, indeboliscono le catene di fornitura internazionale, rallentano gli investimenti: la società di analisi Oxford Economics ha scritto in un report recente che nel 2018 gli investimenti esteri diretti globali sono stati pari al 2% del Pil mondiale, il minimo da 24 anni, e che nel 2019 potrebbero scendere all' 1,9%. Una situazione che fa anche vacillare le alleanze globali: il G20 di fine giugno a Osaka si aprirà con un alto tasso d' incertezza, con 18 Paesi irritati dalla guerra commerciale tra le due maggiori economie, quella americana e quella cinese.
draghi merkel
Gli Stati Uniti di Trump si presentano insomma come una potenza revisionista, almeno in economia: vogliono cambiare i termini delle relazioni commerciali nel mondo. Curioso per un superpotere dominante.
merkel, macron may
Per quel che riguarda la sponda europea dell' Atlantico, non è un caso che Trump abbia attaccato Draghi. Per quanto vicino alla fine del suo mandato, il presidente della Bce è in questo momento l' unico leader europeo a muoversi, a prendere iniziative. In realtà lo fa da quasi otto anni e a lui si può ascrivere una dose consistente del merito di avere condotto la zona euro fuori dalla crisi del debito. Ma la novità del momento è che gli altri leader politici della Ue, quelli di Bruxelles come quelli nazionali, sono assenti per quel che riguarda le vicende dell' economia e della politica internazionali: concentrati sulle nomine nelle istituzioni europee.
trump e macron 2
La solitudine di Draghi non produce solo i tweet di Trump. Le sue dichiarazioni della settimana scorsa al seminario della Bce a Sintra sono state le più forti dal famoso Whatever it takes del 2012: ha sostenuto che la banca centrale ha ancora un grande spazio di manovra per stimolare l' economia e fare salire l' inflazione e in questo modo ha messo la politica monetaria su una traiettoria espansiva per un lungo periodo.
Chiunque sia scelto come suo successore (dal prossimo novembre) non potrà rovesciare drasticamente e in breve tempo la rotta intrapresa: le reazioni dei mercati sarebbero violente. Per un po' di tempo, dunque, probabilmente almeno fino alle elezioni presidenziali americane del novembre 2020, Trump non potrà aspettarsi dalla Bce una politica di euro forte (potrà insistere con la Fed per una politica di dollaro debole).
macron, merkel, trump
Il problema maggiore degli europei sta però nel non avere una politica verso l' estero in una fase in cui le tensioni geopolitiche sono tornate fortissime. Ciò limita in grande misura la possibilità della Ue di inserirsi con credibilità negli affari internazionali. Non solo in scacchieri come quello caldo del Golfo, importante pure dal punto di vista economico. Anche sulle questioni commerciali, nelle quali la Ue difende i principi del libero scambio ma non ha capacità politica per incidere, nello scontro tra Washington e Pechino ma anche oltre. E, qui, Trump è all' attacco e Draghi può fare proprio poco.