Paolo Mastrolilli per ''La Stampa''
Trump ha perso, però ha vinto. Ha perso, perché la Corte Suprema ha rifiutato l'argomento secondo cui il presidente è immune alle inchieste giudiziarie e sostanzialmente al di sopra della legge. Nella sostanza però ha vinto, perché i giudici hanno rinviato alle corti di grado inferiore le richieste della procura di Manhattan e del Congresso di vedere le sue dichiarazioni dei redditi, che quindi quasi certamente non verranno pubblicate prima delle elezioni del 3 novembre.
LE TASSE DI TRUMP
Trump è il primo capo della Casa Bianca in epoca moderna a rifiutarsi di far conoscere agli elettori la sua situazione finanziaria. Lui si è giustificato col fatto che la sua azienda è sotto inchiesta da parte del fisco Irs, e quindi non può pubblicare le dichiarazioni dei redditi fino a quando la disputa sarà risolta. Nel 2016 gli elettori lo sapevano, lo hanno votato comunque, e quindi a suo giudizio la questione è chiusa. Questo però ha alimentato il sospetto che il presidente abbia qualcosa da nascondere.
Il procuratore di Manhattan Cyrus Vance, figlio del segretario di Stato di Jimmy Carter, sta indagando sui pagamenti fatti alla pornostar Stormy Daniels e alla coniglietta di Playboy Karen McDougal, per farle tacere sui rapporti sessuali avuti con Donald. Perciò ha chiesto alla compagnia che gestisce le sue finanze, Mazars, di consegnargli le dichiarazioni dei redditi della Trump Organization, per indagare su eventuali spostamenti illeciti di denaro. Tre commissioni della Camera hanno fatto altrettanto, allargando la richiesta anche alla Deutsche Bank e Capital One, perché avevano prestato soldi al presidente. Oversight vuole verificare se sono state violate le regole etiche; Financial Services se è stato commesso il reato di riciclaggio; e Intelligence se il capo della Casa Bianca è esposto al ricatto di entità straniere, tipo la Russia che gli ha dato finanziamenti.
LA CORTE SUPREMA DEGLI STATI UNITI 2
Gli avvocati di Trump hanno risposto che il presidente è immune alle inchieste, e quindi la disputa è arrivata alla Corte Suprema. Ieri il massimo tribunale si è pronunciato, bocciando la sua linea: «Nel nostro sistema giudiziario - ha scritto il capo della corte Roberts - il pubblico ha il diritto di vedere le prove su ogni uomo. Sin dagli albori della Repubblica, "ogni uomo" ha incluso il presidente». Sette giudici hanno concordato, inclusi i due nominati da Donald, Gorsuch e Kavanaugh. Ciò lo ha fatto infuriare: «Le corti in passato hanno dato ampia deferenza. Ma non a me!».
Vance ha commentato che «questa è una grande vittoria per il nostro sistema giudiziario, e il suo principio fondante che nessuno - neppure il presidente - è al di sopra della legge». Il problema è che la Corte Suprema non ha ordinato a Trump di produrre subito le dichiarazioni, come aveva fatto con Nixon e Clinton nei casi Watergate e Jones, ma ha rimandato i casi ai tribunali inferiori. Questa è la vittoria di sostanza del presidente, perché anche se perderà, il procedimento difficilmente consentirà di vedere i documenti prima delle elezioni.
CYRUS VANCE JR