1 – TRUMP USA L' ARMA DEL DOLLARO PER METTERE IN CRISI TEHERAN
Francesco Semprini per “la Stampa”
TRUMP ROHANI
Donald Trump punta sul dollaro per portare Teheran al negoziato con Washington. Ma non destinando valigie di biglietti verdi ai forzieri della repubblica islamica, come accaduto dalla firma del trattato sul nucleare, piuttosto impedendo all' Iran di compiere qualsivoglia transazione in valuta statunitense.
Ecco così che la scure delle sanzioni si abbatte sull' Iran atrofizzando scambi e transazioni, seppur accompagnata dall' invito a colloqui diretti rivolto al presidente Rohani. Il quale evoca la resistenza del popolo iraniano affermando che l' inquilino della Casa Bianca vuole scatenare una «guerra psicologica».
KHAMENEI TRUMP
Oggi vengono reintrodotte le sanzioni in essere prima dell' attuazione dell' accordo del gennaio 2016, successive alla firma del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa). Si tratta dell' accordo quadro raggiunto in ambito Onu col quale la Repubblica islamica si impegnava a smantellare il suo programma di proliferazione nucleare, e dal quale gli Stati Uniti sono usciti tre mesi fa.
«L' Iran ha sfruttato il sistema finanziario globale per sostenere il terrorismo, promuovere regimi spietati, destabilizzare la regione e abusare dei diritti umani del suo stesso popolo», afferma la Casa Bianca secondo cui Teheran «continua a minacciare gli Usa e i loro alleati». Questo il motivo della fine dell' accordo «violato nella morale», come più volte ribadito da Trump.
putin erdogan rouhani
Seconda tappa in novembre
Le misure operative già da oggi riguardano - oltre a tutto ciò che è denominato in dollari - commercio in oro, metalli preziosi, grafite, alluminio, acciaio, carbone e software usati nel settore industriale, oltre al settore dell' auto. Un secondo blocco entrerà in vigore il 5 novembre per colpire petrolio, banche e i settori della cantieristica e delle spedizioni navali.
Non solo chiusure arrivano però dalla Casa Bianca, visto che Trump è pronto a incontrare il collega Rohani «in qualunque momento», come afferma un funzionario governativo.
benjamin netanyahu
L' amministrazione, riferisce la Casa Bianca, sta lavorando con gli alleati per fare pressione sul regime iraniano perché si possa raggiungere un accordo che impedisca ogni possibilità di realizzare un' arma nucleare e ogni altra attività minacciosa da parte di Teheran.
Per Rohani la strategia americana è quasi scontata, con Trump che vuole scatenare «una guerra psicologica» contro l' Iran. E all' invito al faccia a faccia risponde: «I negoziati non vanno d' accordo con le sanzioni, che colpiscono il popolo iraniano e anche le aziende straniere».
Proseguono le proteste in Iran contro il carovita ed il regime
Un invito alla resistenza quello del presidente rivolto al suo popolo al quale «Washington è vicina» e che spera eserciti pressioni sulla leadership del Paese affinché accetti la proposta di dialogo provenente da Washington.
«Speriamo che il governo prenda in seria considerazione il bene della sua gente», affermano funzionari della Casa Bianca. I quali dinanzi alla presa di distanza dell' Europa per evitare ricadute sulle aziende del Vecchio continente, affermano che l' obiettivo è sensibilizzare aziende, istituti finanziari e banche centrali per boicottare il regime.
rouhani
Le mosse della Bundesbank
In questo senso vanno lette misure come quella adottata dalla Bundesbank che ha introdotto nuove condizioni per il ritiro di denaro liquido, tali da impedire all' Iran di ottenere centinaia di milioni di dollari custoditi nel Paese europeo.
E all' Europa si rivolge Benjamin Netanyahu definendo la decisione di Trump, «un momento importante per il mondo intero», e sollecitando l' Ue ad allinearsi: «Dicono che l' Iran va fermato - afferma il premier israeliano su YouTube - È giunto il momento di cessare di parlare, è il momento di agire».
2 – L' ITALIA GIALLO-VERDE PRENDE TEMPO STRETTA FRA AFFARI E FEDELTÀ AGLI USA
Francesca Paci per “la Stampa”
giuseppe conte donald trump 2
E l' Italia giallo-verde? Salvaguarderà la nuova amicizia con gli Stati Uniti, coltivata in contrapposizione a Francia e Germania, o si schiererà con le proprie imprese colpite dagli effetti secondari delle sanzioni americane ai danni di Teheran?
«La nostra posizione politica è quella europea e non cambia - spiega una fonte della Farnesina -. Ci rammarichiamo del ritiro del presidente Trump dal Jcpoa, ma continueremo ad attuare l' accordo con tutti i suoi effetti economici e politici. Di sicuro non reintrodurremo le sanzioni.
arturo artom
Poi certo, potrebbero esserci dei problemi per le aziende che hanno investito in Iran, le cosiddette sanzioni secondarie rivolte a chi non rispetta quelle americane, ma lo sapevamo. E nel frattempo sono state prese delle precauzioni in sede europea.
Siamo all' inizio, lo "show down" sarà in autunno, vediamo che succede».
La sintesi del pensiero penta-leghista sui rapporti con Teheran sta per ora tutta in questo «vediamo che succede». La delegazione italiana ne ha discusso ai margini dell' incontro di Washington tra Trump e il premier Conte: la difficoltà è accordare l' asse con gli Stati Uniti anti-iraniani ai propri interessi economici filo-iraniani e la si coglie appieno dalla prudenza dei toni di un governo assai più altisonante, quando si tratta invece di difendere i medesimi interessi contestando le sanzioni contro la Russia.
Rouhani E Putin
«Qualsiasi governo sarebbe in difficoltà considerando che all' indomani dell' accordo sul nucleare i nostri investimenti in Iran erano cresciuti in un anno del cento per cento raggiungendo la cifra di 5 miliardi» ragiona l' imprenditore Arturo Artom, riferimento culturale della galassia piccola e media impresa, ma soprattutto uomo molto, molto vicino all' attuale maggioranza.
Oltre agli accordi già sottoscritti e ai protocolli d' impresa c' è un potenziale d' investimenti pari a 27 miliardi di euro, che porta il totale complessivo degli affari a rischio sanzioni oltre quota 30 miliardi.
arturo artom saluta virginia raggi (3)
Il mercato iraniano è assai appetibile, ammette Artom, specialmente per l' Italia che con una percentuale del 3% è oggi l''ottavo fornitore di Teheran e il suo sedicesimo cliente. C' è dunque la tentazione di far sentire la propria voce alla Casa Bianca? Vediamo che succede, suggerisce Artom: «Tanto per cominciare c' è la variante Corea del Nord, la possibilità che alla fine Trump torni sui suoi passi e che a sorpresa scelga il dialogo. La situazione comunque, è diversa rispetto a quella russa, perchè al momento delle sanzioni contro Mosca l' Italia vantava un export consolidato da 10, 15 miliardi.
HASSAN ROUHANI
In Iran invece è tutto in via di costruzione, un mercato inesplorato dal potenziale enorme su cui si era appena iniziato a investire. A conti fatti poi, non bisogna dimenticare che il nostro export verso gli Stati Uniti vale 50 miliardi, dieci volte tanto».
Cautela dunque, la osservano anche quelli solitamente più loquaci come il sottosegretario penta-stellato agli Esteri Manlio Di Stefano, non certo un simpatizzante degli Stati Uniti. La speranza, raccolta da più parti in un governo in genere euro-scettico, è che stavolta l' Ue faccia squadra, che marci compatta tenendo il punto sul no alle sanzioni e mettendo così in difficoltà gli Stati Uniti.
DONALD TRUMP IRAN
La Francia e la Germania hanno già fatto sapere che proteggeranno le loro imprese ma, nota Artom, se ciascun Paese protegge le sue aziende la partita è persa ancora di prima del calcio d' avvio.
In ballo c' è petrolio, tanto (anche se le sanzioni sul petrolio scatteranno solo a novembre). E ci sono infrastrutture, meccanica. impianti ingegneristici (le Fs, per dire, dopo aver concluso un accordo da 1,2 miliardi di dollari per la linea Arak-Qom, avevano cominciato a interessarsi al progetto dell' alta velocità Teheran-Qom-Isfahan).
hassan rohani 1
Il governo di Roma sta alla finestra, confidando a mezza bocca nell' ambizione al Nobel per la pace dell' amico americano. In realtà è un po' quanto fanno tutti. L' Eni per esempio, ha chiuso sei mesi fa il credito aperto con Teheran prima delle sanzioni - un accordo, esonerato dalle sanzioni, per cui veniva ripagato in greggio degli investimenti fatti su due impianti nei primi anni duemila - e al momento non ha nulla in Iran. Ma aspetta: da due anni Teheran promette invano agli investitori di illustrare i nuovi parametri e i nuovi contratti.