TRUMP
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
La faccia triste dell’America è pronta a sbattergli la porta sulla sua di faccia, ma ci vuol altro per spaventare @TheDonald. Trump è in Messico per una visita lampo dal presidente Enrique Pena Nieto, ed è una mossa rischiosa ma di grande effetto. Subito dopo alle 9:00 di sera ora locale, cioè le 3:00 del mattino in Italia, farà a Phoenix, Arizona, il suo discorso principale sull'immigrazione, che si aggiunge ai due già fatti sull'economia e sulla politica estera e dunque delinea in modo concreto il programma del candidato repubblicano alla presidenza.
ENRIQUE PENA NIETO
La visita è un punto fermo nel gran casino di questi giorni, mai visto un agosto così turbolento, confuso e tempestoso nella storia delle recenti elezioni presidenziali, ultimo leak la quasi decisione della Sicurezza Nazionale di assumere il controllo delle elezioni, ovvero la promessa di un vero caos.
Il divorzio annunciato della assistente numero 1 di Hillary Clinton, Huma Abedin, dal marito, Anthony Weiner, ormai fallito come politico, e dal suo vizietto antico di esibire l’uccello sempre in tiro on line, ha fatto effetto per quarantotto ore, non di più, e anche giornali e tv tanto affezionati alla candidata democratica più di tanto non lo hanno usato per distrarre l'attenzione dal vero cuore del problema.
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Che è lo scazzo di proporzioni enormi, una vera guerra sorda, rancorosa e combattuta in tutti i modi nascosti possibili, tra Federal Bureau of Investigation e Dipartimento di Stato, con in mezzo qualche giudice federale. Anche la brutta storia dei legami palesi tra la Fondazione Clinton, i suoi soldi, e l'attività politica della candidata, che ormai anche il New York Times è costretto a cavalcare, non è niente rispetto alle famose 30 mail che il FBI ha trovato, il Dipartimento di Stato ha sempre smentito di avere, e ora tenta di allungare i tempi di una dovuta consegna oltre l’8 novembre, facendo così irritare non poco il giudice.
hillary clinton HILLARY
Gli avvocati del governo hanno comunicato infatti al giudice Metah che siccome le trenta mail non facevano parte di quelle già consegnate da Hillary Clinton, ma le ha trovate il Fbi, solo per rivederle e classificarle serve tempo fino alla fine di settembre almeno. Il giudice non ci sta e tra una settimana vuole sapere a che punto sia il processo di revisione e perché ci voglia addirittura un mese intero per solo trenta documenti.
Dietro l'iniziativa c’è ancora una volta Judicial Watch, il gruppo legale conservatore che ha ottenuto dal tribunale l'accesso ai documenti e che ora rivendica anche quelli trovate dall' FBI. Il gruppo svolge con grande successo, va detto, un ruolo che altre due categorie hanno rinunciato a svolgere, ovvero prima di tutto la stampa nazionale e poi il partito repubblicano.
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La prima troppo impegnata scegliere la non obiettività nei confronti del candidato odiato Donald Trump, il secondo troppo impegnato a contrastare un candidato scomodo che ce l'ha fatta da solo.
Ricordiamoci anche che Hillary Clinton ha dichiarato sotto giuramento di aver cancellato solo posta personale mai collegabile ai doveri come segretaria di Stato, e che questa bugia è già totalmente alla luce. Se queste trenta mail vengono messe a disposizione del giudice in tempo utile, i repubblicani al Congresso potrebbero chiamare a testimoniare il capo dell' FBI James Comey, oppure rendere note sue testimonianze già rese.
Il gigantesco staff della Clinton ha un solo obiettivo, che è quello di prendere tempo per lo meno fino al primo dibattito del 27 settembre, e per questo conta sulla straordinaria complicità della stampa anche se onestamente durante i dibattiti televisivi l'intervistatore sarà sotto gli occhi di tutto il Paese e se favorisce uno dei due troppo sfacciatamente, il risultato potrebbe essere l'opposto.
DISCORSO HILLARY ALLA CONVENTION
L'incognita per i clintoniani ha tre facce: l’accanimento di Judicial watch, la terzietà dei giudici americani, e il rancore accumulato fra i vertici del FBI per le pressioni subite dal governo durante l'indagine.
Lo staff della Clinton dal punto di vista politico e di raccolta voti si sente vincente, e cita il fatto che Donald Trump debba andare a fare attività ed a difendere territori che i repubblicani non hanno perso mai, come esempio della difficoltà in cui si trova.
È vero che i democratici sono stati molto attivi gli stati tradizionalmente rossi e che hanno investito molti soldi, promesso investimenti ma è anche vero che se Donald Trump è costretto a fare campagna in Arizona o in Georgia, dove i repubblicani hanno sempre vinto è ancora una volta per colpa degli stessi repubblicani che lavorano poco per il candidato o addirittura contro. Certo che lo costringe a perder tempo ed a distogliere risorse dai cosiddetti swing States, ovvero gli Stati che cambiano in continuazione di elezione in elezione partito, e che Trump deve vincere assolutamente.
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Spiega Chris Lehane, veterano delle campagne democratiche, vecchio collaboratore di Bill Clinton, che sarebbe come se Hillary dovesse fare campagna in Massachusetts o in California, a parte andarci a raccogliere soldi. Dimentica però di spiegare come mai la candidata anche in Stati importante come la Florida e il Colorado continui a tenere solamente eventi privati di fundraising, non risponda a domande, e non tenga conferenze stampa da un anno.
È una corsa contro il tempo che Hillary Clinton e famiglia pensano di vincere se riescono a evitare fino in fondo di dover rispondere sulle note questioni, e che vogliono vincere con un gran numero di voti di differenza per evitare due conseguenze: che l'opacità degli affari e le bugie nella politica la perseguitino da presidente, e anche per evitare che il Partito Repubblicano ricostruito da Donald Trump cambi pelle e diventi un canaccio all'opposizione, non il fiorellino da campo degli ultimi otto anni.
Se le cose stiano così, o invece quest’anno siano state inaugurate tattiche del tutto diverse da quelle tradizionali, made in Donald Trump, i sondaggi seri come, quello della Reuters e del Los Angeles Times, li danno sostanzialmente alla pari, e questa oggi è la verità. Il viaggio in Messico è una bella trovata perché dimostra un candidato che si espone, mentre l'altra se ne sta in trincea, tanto da non temere di andare nella tana del lupo, da quel presidente messicano col quale nell'ultimo anno si sono solo scambiati sanguinosi insulti, e di li approdare in un territorio di frontiera come l'Arizona per il discorso programmatico sull'immigrazione.
DISCORSO HILLARY ALLA CONVENTION
Ora, l'immigrazione è uno dei temi sui quali Hillary Clinton e più debole perché il vastissimo programma di ammissione e regolarizzazione di illegali, la maggior parte dei quali da Paesi musulmani, è profondamente impopolare; se è vero che la vulgata politically correct ha dipinto un Trump razzista che alza muri, come se in Europa non si pensasse e facesse già la stessa cosa, ora siamo alla prova dei fatti e del programma.
Riuscirà Donald Trump ad accordarsi con Pena Nieto? Se il punto principale della sua proposta e del suo discorso di questa notte sarà che è necessario bloccare il confine e deportare rapidamente gli illegali che hanno commesso crimini negli Stati Uniti, ma per tutti gli altri dirà invece che un'accoglienza è possibile, questo lo riconcilierà con i cosiddetti moderati e attirerà voti dagli swing States, soprattutto se accompagnato da un qualche accordo con il Messico,ma nello stesso tempo deluderà i più radicali tra i suoi sostenitori? Vediamo come se la cava il grande imbonitore.
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