Mercoledì 26 ottobre il teatro San Carlo di Napoli celebrerà il grande musicologo Paolo Isotta, scomparso a 70 anni il 12 febbraio 2021. Di seguito, l'articolo che Vittorio Feltri ha scritto per il Maestro.
Vittorio Feltri per Libero Quotidiano
isotta
Avete presente quel momento, al quanto imbarazzante, in cui vi trovate costretti tra le pareti di un ascensore con uno sconosciuto e non sapete dove diavolo posare gli occhi o cosa dire? Ecco, a me capitò di conoscere Paolo Isotta in una situazione come questa.
Era il 1974 e allora lavoravo come cronista presso La Notte, la cui redazione era sita in piazza Cavour, a Milano.
Nello stesso magnifico stabile era da poco ubicata la redazione del Giornale Nuovo di Indro Montanelli, il quale stava attrezzando la sua squadra tra cui compariva anche questo giovane napoletano contraddistinto da una rara e sfacciatissima eleganza. Ogni dì, subito dopo pranzo, facevo un salto all'ultimo piano del cosiddetto "palazzo dei giornali", che era stato fatto costruire dal duce decenni prima perché diventasse la fissa dimora del Popolo d'Italia, quotidiano diretto dal fratello di Benito Mussolini.
VITTORIO FELTRI L'ARIA CHE TIRA
TUFFO NELLA BELLEZZA Non mi recavo lassù per digerire, bensì per deliziare i miei occhi, immergendomi nello splendore dell'arte, che con la sua magnificenza ci dona la parvenza della straordinarietà dell'essere umano, capace di ogni genere di cattiveria e nefandezza ma pure di creare capolavori, come appunto l'enorme mosaico di Mario Sironi, il pezzo forte del palazzo dei giornali.
Non ero l'unico a compiere questo giornaliero pellegrinaggio ad alta quota. Pure Paolo, mosso evidentemente dal bisogno impellente di regalarsi un tuffo nella bellezza che conforta lo spirito, alla stessa ora si imbarcava sul montacarichi e si piazzava davanti al mosaico, restando ad ammirarlo con aria stupefatta come se lo vedesse per la prima volta. Così un pomeriggio ci salutammo con un sorriso poiché eravamo diventati intimi sebbene non ci fossimo scambiati neppure una parola, insomma eravamo intimi sconosciuti. Così appresi che scriveva per il foglio di Montanelli, il quale lo aveva assunto in vista del varo del Giornale Nuovo.
PAOLO ISOTTA COVER
La sua napoletanità mi affascinava, la riscontavo non soltanto nell'irresistibile nonché inconfondibile accento ma altresì nel gusto per l'abito sartoriale, nella scelta talvolta audace, quindi di carattere, dei colori e degli abbinamenti. Si capiva che il ragazzo era fresco sì ma promettente, traboccante di personalità.
LINGUAGGIO FORBITO Il giorno seguente eravamo già a pranzo insieme al "Gatto Nero", ristorante allora situato in via Senato, praticamente a due passi dai nostri rispettivi uffici. Fu la prima di una lunga serie di colazioni. Dopo il buongusto fui colpito dal linguaggio forbito che, insieme alla bassa statura e alla eccentricità, faceva di Paolo un personaggio assolutamente particolare.
Diventammo amici, tanto amici che, allorché passai da la Notte al Corriere d'Informazione, trasferendomi da piazza Cavour in via Solferino, conservammo la consuetudine di desinare insieme. Isotta mi raggiungeva e mangiavamo un boccone al ristorante Il Rigolo. Pur essendo giovanissimo, Paolo ricopriva il ruolo di critico alla grande e si era già distinto perché scriveva in maniera faconda e suggestiva. Insomma, era divenuto subito famoso nel mondo della musica.
paolo isotta
Dopo quattro o cinque anni che Isotta lavorava per il Giornale, il direttore del Corriere Paolo Isotta (1950-2021) è stato un musicologo, critico musicale e scrittore. Frequentò le facoltà di Lettere e di Giurisprudenza dell'Università di Napoli, Federico II. Studiò pianoforte con Vincenzo Vitale e composizione con Renato Parodi e Renato Dionisi. Nel 1971 ottenne una cattedra come professore straordinario al Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria, per poi diventare ordinario a Torino e poi a Napoli; nel 1994 lasciò l'insegnamento «per progressiva intolleranza verso gli allievi».
Nel gennaio 2019 il Conservatorio di Musica "San Pietro a Majella" di Napoli lo decretò professore emerito Nel 1974, venne assunto come critico musicale a Il Giornale di Indro Montanelli. Nel 1980, passò al Corriere dela Sera, dove subentrò all'allora titolare Duilio Courir, del quale era stato vice, e continuò la sua attività di critico fino al 2015. Ha scritto diversi saggi di storia della musica e musicologia Franco Di Bella si innamorò di lui come critico musicale e lo assunse.
PAOLO ISOTTA MARCO TULLIO GIORDANA
Allora il quotidiano di via Solferino, però, disponeva già di un giornalista che si occupava della materia, Duilio Courir, il quale si risentì e organizzò una specie di battaglia sindacale allo scopo di impedire a Isotta di svolgere il suo compito. Per anni lo hanno pagato senza che Paolo vergasse una riga. Va da sé che questo gli pesò molto poiché nulla vi è di più offensivo per un giornalista che ami il suo mestiere di essere parcheggiato in panchina.
paolo isotta
Il direttore Di Bella, a causa della vicenda della P2 fu licenziato, e gli subentrò Alberto Cavallari, che aveva una venatura rosastra da comunista, soprattutto aderiva alle richieste del comitato di redazione, che è sempre stato rosso, per esserne a sua volta sostenuto, per cui Isotta nemmeno con Cavallari compose mai un pezzo, pur essendo un fenomeno. In quel periodo ero migrato nella mia città natale per dirigere Bergamo Oggi e Paolo veniva spesso a farmi visita, non ci allontanammo dunque. Penso che egli non fosse molto soddisfatto a quel tempo.
Dovette trascorre ancora qualche anno prima che gli fosse concesso di fare ciò per cui egli era remunerato. Cavallari fu allontanato e al suo posto giunse Piero Ostellino, il quale prese a coinvolgere Paolo nella realizzazione del giornale, così - finalmente - Isotta emerse quale critico musicale ufficiale del Corriere della Sera. Io, che intanto ero rincasato al Corriere, allora ero stato promosso inviato, perciò ero spesso in giro per il mondo, tuttavia ci capitava di vederci di frequente in sede.
paolo isotta
E ci divertivamo come ai vecchi tempi. Essendo Paolo molto fecondo dal punto di vista non solo musicale ma anche letterario, la nostra assidua frequentazione mi arrecò notevoli benefici, ne uscii senza dubbio arricchito. Fu forse l'unica persona ad influenzarmi nel modo di vestire, mi ispirai parecchio a Isotta, di cui non mi dispiaceva il coraggio nella selezione cromatica di determinati capi.
Diciamo che io allora ero più timido, osavo poco per non esagerare, poi maturai pienamente il mio stile. Nella scrittura Paolo era elaborato e ricco come nell'abbigliarsi, però nel contempo appariva chiaro, raffinato, elevato, il risultato finale era in ogni caso l'armonia, la proporzione, ossia l'essenza della bellezza secondo gli antichi greci.
IL PIANOFORTE Ci capitava non di rado di pranzare a casa sua. Allora abitava in un appartamento su Corso Italia. Consumavamo ciò che preparava la sua collaboratrice domestica e poi, come da consuetudine, saltavamo dal cibo all'arte, ossia dalla tavola al pianoforte, che Paolo suonava divinamente. Era arduo in questo campo tenergli testa, eppure ci provavo ed egli mi raccomandava per prendermi in giro: "Amico mio, continua a scrivere ché è meglio!".
Ad un certo punto, sorprendendomi, Paolo si stufò della vita milanese e tornò a Napoli.
Credo sia stato il richiamo delle radici e riportarlo laggiù. E per un paio di mesi vissi con lui nel capoluogo campano, periodo che ricordo come uno dei più belli della mia intera esistenza. Ovviamente non abitavamo sotto lo stesso tetto. Io mi trovavo a Napoli al fine di seguire e narrare per il Corrierone il processo Tortora.
isotta
Paolo era così felice per il mio arrivo nella sua città che venne a prendermi in aeroporto a bordo di una vespa. Allora il casco non era obbligatorio, avevo un borsone con me e ancora mi domando incredulo come abbiamo fatto a stare tutti e tre, ovvero io, Paolo e la valigia, sullo stesso piccolo mezzo che sgommava tra strade e stradine di Napoli, nel traffico convulso del mattino, uscendone indenni. Una indimenticabile scena, che definirei comica, tuttora mi fa piangere dal ridere.
L'ALTERCO Percorrevamo una salita che conduceva all'appartamento di Paolo quando nacque un alterco con un altro motociclista. All'improvviso vidi Isotta trasfigurarsi. Si fermò, non intimidito dalle minacce dell'uomo, bensì voglioso di dimostrargli che non lo temeva.
Mollò lo scooter tra le mie mani e per fortuna ebbi la prontezza di reggerlo, ancora stordito com' ero dalla rapidità con la quale la scenata a cui, mio malgrado, stavo assistendo si era materializzata dal nulla senza che me ne accorgessi.
Roba da far gelare il sangue nelle vene, roba a cui noi polentoni mollicci non siamo abituati. I due si urlarono in faccia le peggiori cose, ma senza sfiorarsi, come due gatti che bisticciano per una sensuale gatta femmina in calore guardandosi in cagnesco. Sembrava finita lì quando Paolo, ripreso il comando del mezzo, si voltò ancora verso il tizio che aveva a sua volta ripreso il comando del suo, e proferì con la consueta classe la frase più volgare che gli abbia mai sentito pronunciare, anzi l'unica volgarità che ho udito provenire dalla sua bocca: "Tu, a me, me po' fa solamente no' bocchino".
Paolo Isotta
Tutto mi sarei aspettato da Paolo meno che un litigio per questioni stradali e soprattutto non lo avrei mai immaginato capace di affermazioni così triviali.
Insomma, il mio soggiorno a Napoli era cominciato nel peggiore dei modi, o nel migliore, mettetela un po' come vi pare, fatto sta che il seguito fu ancora più esilarante.
Con Paolo ogni sera era un'avventura, uno spasso continuo, una girandola di conoscenze, incontri, uscite, cene al circolo nautico, dove puntualmente mi veniva posta la medesima domanda: "Ma che si dice a Milano di De Mita?". Isotta mi presentò la Napoli cosiddetta "bene", quella della aristocrazia, dei professionisti, dell'alta borghesia, che possiede quella maniera così melodica di parlare, una cadenza che mi incanta. Nessuno è più signore di un signore napoletano, persino quando scade nel turpiloquio nel bel mezzo della via.
Paolo aveva queste uscite qui, fulminanti e inaspettate.
Anni fa mi capitò di vederlo in televisione, ospite in una trasmissione di Raitre. Il conduttore, indiscreto e audace, gli domandò: "Isotta, è vero che lei è gay?". Al che egli, infastidito come non mai, anzi persino risentito, dopo un silenzio che sembrava infinito, protestò con indignazione: "Io gay? Io? Io so' ricchione". Scoppiai a ridere.
Paolo Isotta
ROZZO IN MODO CHIC Eccolo lì il mio amico, napoletano verace, allergico al politicamente corretto, tanto raffinato da potersi permettere di essere rozzo in modo chic. Per il suo carattere aveva avuto qualche problema nel nostro ambiente, era scomodo, faceva il critico quindi faceva le critiche senza sconti e questo non era gradito. I direttori temevano le grane che Isotta poteva arrecare con i suoi articoli e ad un certo punto il Corriere lo pensionò. Non mi lasciai sfuggire l'occasione e lo volli a Libero in qualità di pregiatissimo collaboratore. Io e Paolo eravamo uniti non solo dalla avversione all'ipocrisia ma pure dall'amore smodato nei confronti degli animali. Fu un momento solenne quando, nella sua splendida abitazione napoletana, mi presentò il suo cane e il suo gatto, che per lui erano la famiglia, li amava alla follia, li trattava come figli, viveva per loro e li ha celebrati nel volume "La memoria dell'elefante".
paolo isotta
Una delle ultime occasioni in cui lo incontrai fu alla presentazione del mio libro, "Il Borghese", a Napoli. Vi prese parte anche il caro amico Ciriaco De Mita. Poi lo rividi a Milano e lo trovai un po' appesantito, eppure non avevo la più pallida idea che questo avrebbe potuto procurargli dei problemi cardiaci. Una notte si spense. Provai incredulità. Verificai la notizia. Più e più volte. Rifiutavo di crederci. Ero straziato dal dolore. Da quel momento mi sono sentito più solo.
Aveva appena letto una mia dichiarazione riguardante il fatto che nessun omosessuale ci avesse mai provato con me, quando una volta mi telefonò e mi chiese: "Ma come? Non ti sei accorto che ti corteggio da una cinquantina d'anni?". Fu quella la nostra ultima conversazione. Sempre all'insegna dell'ironia, poiché non esiste maniera più intelligente di prendere la vita.
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