Maurizio Belpietro per “la Verità”
scalfari montanelli
Il tempo aiuta ad alleggerire i ricordi, in qualche caso addirittura a cancellarli. È quello che dev'essere successo a Eugenio Scalfari superata la soglia dei 95 anni. Il fondatore di Repubblica ha appena dato alle stampe un libro di memorie, in cui, ripercorrendo la sua carriera, racconta del suo rapporto con Indro Montanelli, rivelando di avergli offerto la direzione di un giornale - presumibilmente la costituenda Repubblica - allorquando il Corriere lo licenziò.
A leggere la ricostruzione, trapela una stima e una consonanza che negli scritti dell' epoca però non si ritrova. I due non erano amici fraterni e non avevano certo la stessa visione del mondo. Il primo era ardentemente filocomunista, convinto che il modello capitalistico sarebbe stato sconfitto e quello sovietico avrebbe trionfato. Il secondo, avendo visto i carrarmati di Mosca invadere l'Ungheria, l'Urss la combatteva e la temeva.
scalfari montanelli
Che stessero su sponde opposte lo dimostrano anche le cose scritte negli anni in cui Repubblica vedeva la luce. Quando il quotidiano romano prese il largo, i due si scambiarono un biglietto di auguri e proprio tra le lettere del fondatore del Giornale si ritrova un messaggio indirizzato a colui che negli anni i suoi giornalisti avrebbero ribattezzato Barbapapà.
gnoli merlo cover grand hotel scalfari
«Tu, quando noi nascemmo, mi gettasti addosso sacchi di merda, anche sul piano personale. Non ti domando perché l' hai fatto: conosco il tuo temperamento. Però non farlo più, perché su questo piano tu non hai lezioni da darmi e io non ho da prenderne da nessuno.
INDRO MONTANELLI
Quindi, per riassumere: polemica aperta sul piano ideologico, che sarà benefica ad entrambi, ed istruttiva per i lettori: rispetto sul piano personale. Ma reciproco. Ti va bene?».
Non si sa che cosa rispose Scalfari, in privato, a Montanelli. Si sa però che cosa scrisse in pubblico. Nella primavera del 1977, un anno dopo la nascita di Repubblica e dunque del monito di Indro, il quotidiano chiese che al direttore del Giornale fosse proibito di apparire in tv. Che cos' era accaduto? Due sere prima, Indro era stato ospite di Maurizio Costanzo, nella trasmissione che andava in onda su Rai 1.
mauro scalfari
A Bontà loro - questo il nome del programma della televisione pubblica - erano sfilati tipi come Luciano Lutring, soprannominato il solista del mitra, o come Salvatore Samperi, il regista degli amori proibiti. Però Montanelli no: a lui doveva essere impedito il diritto di tribuna «per i suoi sfoghi personali».
maurizio belpietro sulla terrazza dell atlante star hotel (2)
A suscitare scandalo era stato il fatto che Montanelli avesse detto quel che pensava senza adeguarsi al conformismo dell' epoca. Marcello Staglieno, che lavorò al Giornale, in un libro dedicato al direttore controcorrente annota: «A un solista del mitra, accoglienza festosa, ma un solista delle opinioni va messo a tacere».
MEME SU EUGENIO SCALFARI
Scaramucce tra grandi firme, cioè polemiche aperte sul piano ideologico, ammesse come regole del gioco dallo stesso Indro nel suo biglietto a Scalfari il giorno della nascita di Repubblica? Niente affatto. E anche qui basta rileggere i diari di Montanelli, in particolare ciò che scrisse il giorno dopo essere stato gambizzato dalle Brigate rosse. «Anche L' Unità esce con un titolo a sette colonne in cui campeggia il mio nome.
montanelli
Lo stesso fa Repubblica, ma con un articolo di Scalfari ancora più infelice di quello che scrisse dopo Bontà loro per chiedere la mia esclusione dalla tv nazionale. Sostiene la strana tesi che l' attentato è stato organizzato contro i nemici di Montanelli, cioè contro di lui, insinuando così il sospetto che me lo sia organizzato da me. Il mio successo lo riempie di un furore che lo fa sragionare». Le vendite di Repubblica infatti languivano intorno alle 50.000 copie, quelle del Giornale, nonostante i boicottaggi, all' epoca superavano le 150.000.
eugenio scalfari
Oggi Scalfari scrive che «anche nei momenti più accesi in cui ci furono le controversie fra noi, non ho mai visto in Montanelli il mio nemico, e non solo perché mi pareva troppo grande come giornalista, troppo fuoriclasse, ma perché ci univa una passione comune: quella per la libertà». Sarà, ma Indro non la pensava così. Anche qui basta scorrere i suoi diari.
maurizio belpietro intervistato
«Di Scalfari non ho un' opinione precisa. C' è in lui un pizzico di Baldacci, un pizzico di Bel-Ami, e perfino un pizzico di Ramperti. So che ha fatto parecchi soldi (ne farà di più vendendo Repubblica a Carlo De Benedetti, come gli ha ricordato di recente l' Ingegnere, ndr). La sua ambizione è sfrenata e scoperta. Ma vuole arrivare a qualcosa o vuole fuggire da qualcosa?
Nella sua frenesia c' è del patologico. Le sue polemiche (come questa con me) sono quasi sempre gratuite. Questo nemico di tutti è soprattutto nemico di sé stesso, animato da un irresistibile cupio dissolvi».
Scalfari era in quegli anni un sostenitore del matrimonio «clerico-marxista» e Indro lo liquidò così: «È incredibile la carica d' intelligenza ch' egli investe in tesi così stupide».
Quanto all' idea di un giornale da dirigere a quattro mani, negli appunti di Montanelli, così densi di informazioni e giudizi, non c' è la minima traccia. Forse, anche in questo caso, il tempo ha cancellato i ricordi. Di sicuro rimangono gli articoli.
INDRO MONTANELLI EUGENIO SCALFARI