chiuso per virus
1 – TURISMO IN GINOCCHIO, PERSI 250 MILA POSTI
Un macigno sul turismo (in un anno sono andati in fumo 246.000 posti di dipendenti e collaboratori di alberghi, ristoranti e luoghi d'accoglienza) e sul commercio (-191.000 occupati), ma una carezza per la filiera dell'informatica, giacché la riparazione di computer per casa e uso personale, nei mesi del lockdow e del ricorso massiccio allo smart working, ha generato un balzo in avanti (+8,2%) degli addetti.
disoccupazione coronavirus disoccupati
È «l'effetto Covid» sui settori produttivi della Penisola, analizzato dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, sulla base dei più recenti dati Istat. Tra giugno 2019 e giugno 2020, si legge nella ricerca, «il mercato italiano ha registrato un crollo di 841.000 occupati (-3,6%) che risulta, almeno per il momento, tutto a carico dei servizi».
chiusi per decreto
La crisi scaturita dal diffondersi della pandemia ha avuto un impatto «fortemente differenziato» a livello settoriale, mentre «il blocco dei licenziamenti e l'ampio utilizzo della cassa integrazione, salvaguardando il lavoro a tempo indeterminato, hanno formalmente contabilizzato come impiegati, almeno temporaneamente, anche coloro che hanno posizioni lavorative pesantemente a rischio».
turisti a roma con la mascherina
Complessivamente, il comparto turistico dello Stivale ha registrato il 29,3% delle perdite occupazionali in un'annualità e, si sottolinea, seppur il periodo estivo possa aver favorito «un lieve recupero», la gravità di quanto avvenuto a causa del propagarsi del Coronavirus rende «poco credibile» un'ascesa «nel breve-medio periodo» dei posti in ambito ricettivo; inoltre l'elevata stagionalità degli incarichi in questo segmento «ha determinato la cessazione di molti contratti a termine», nonché «il sostanziale abbattimento delle assunzioni».
i cartelli nei negozi del centro di roma che rischiano di chiudere 10
2 – TURISMO E SERVIZI, IL CROLLO DEL LAVORO L'ALT AI LICENZIAMENTI SALVA L'INDUSTRIA
Francesco Spini per “la Stampa”
Per non morire di covid, si muore di fame. Gli effetti del confinamento e di tutte le precauzioni attuate per arginare la pandemia si abbattono sull'occupazione. Tra giugno 2019 e lo stesso mese di quest' anno mancano all'appello 841 mila occupati, meno 3,6%.
giuseppe conte carlo bonomi
Gli industriali, nel frattempo, pensano a come ripartire. Il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, si chiede come sia stato possibile accantonare le misure di Industria 4.0, «che era lo strumento che aveva accelerato a doppia cifra percentuale la ripresa degli investimenti dell'industria italiana». Ma assicura: «Noi imprenditori non ci fermeremo».
Nella stessa giornata, il leader della Cgil, Maurizio Landini, chiede meno precariato e lancia l'allarme: «C'è una situazione sociale che rischia di esplodere». Ne sono riprova i dati sull'occupazione che emergono in una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat, relativi agli effetti sul lavoro della pandemia.
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Se l'industria - anche grazie allo stop ai licenziamenti del Cura Italia - perde "solo" 30 mila addetti, i servizi pagano il prezzo più alto con 810 mila occupati in meno, il 4,9% in un anno. Spicca tra tutti il turismo da cui (nell'istantanea di inizio estate) deriva un calo occupazionale di 246 mila unità, giù del 16,1%: 158 mila si riferiscono alla ristorazione (-13%), 88 mila al settore alberghiero (-28,3%).
lavoro donne coronavirus
Vola lo shopping elettronico? Il commercio è in affanno, con 191 mila unità in meno tra i propri addetti (-5,8%). Con la diffusione del telelavoro da casa soffrono le attività di noleggio e leasing (-15,2%), di selezione del personale (-18,6%) e i servizi di pulizia (-8,7%) per uffici desolatamente vuoti. Forse più temporaneo - e dovuto al periodo di confinamento - il calo del lavoro domestico, con 125 mila occupati in meno.
MAURIZIO LANDINI GIUSEPPE CONTE
Gli industriali, in tale complessità, cercano basi per ripartire. Ma il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, parlando all'assemblea generale degli industriali di Vicenza, si augura che prima di tutto scompaiano i «ricorrenti e forti» rigurgiti «del pregiudizio ideologico contro le imprese, i loro valori e la loro costante necessità di realizzare utili non per gli imprenditori, ma per continuare ad investire».
E, facendo l'esempio di quelli veneti, dice che «gli imprenditori sono attori essenziali non solo della crescita economica ma anche della tenuta e della coesione sociale. Si tratta di una consapevolezza che vorremmo fosse più diffusa nella politica e nella società italiana e che invece storicamente stenta ancora ad affermarsi». Allo stesso consesso Maurizio Landini, segretario della Cgil, dice che il punto cruciale «è quello di superare la precarietà che secondo me è il male della nostra stagione». E chiede al governo «di uscire dalla logica degli aiuti a pioggia per una nuova politica industriale che incentivi a creare lavoro di qualità e non precario innanzitutto per giovani e donne»
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