Giuseppe Liturri per www.startmag.it
La Banca d’Italia è da sempre uno degli snodi cruciali della vita economica del nostro Paese. Molto è cambiato da quando essa fa parte dell’Eurosistema ed è di fatto una ‘filiale’ della Banca Centrale Europea, ma il peso resta tuttora rilevante. Ogni intervento pubblico del suo governatore è sempre al centro dell’attenzione dei media e della comunità finanziaria per la sua autorevolezza.
Tuttavia, sono numerose le perplessità su quanto dichiarato nelle ultime settimane a proposito di Meccanismo Europeo di Stabilità e della crisi della Banca Popolare di Bari (BPB). Dopo aver scritto dettagliatamente sul primo episodio, l’intervista rilasciata lunedì 23 dicembre al Corriere della Sera inanella una serie di affermazioni che hanno lasciato allibiti numerosi addetti ai lavori e che non reggono alla prova dei fatti. Ignazio Visco sembra il novello Cicero pro domo sua.
ignazio visco daniele franco
Ecco il commento ai passaggi più significativi.
“… La vigilanza sulle banche ha svolto il suo compito, con il massimo impegno e io reputo positivamente. La scelta di porre in amministrazione straordinaria questa banca è il risultato, come sempre in questi casi, di un’attenta analisi, è un atto possibile in termini di legge solo dopo aver rilevato gravi perdite o carenze nei sistemi di governo societario.
Questa affermazione fa a pugni con quanto dichiarato nel documento di approfondimento pubblicato da Bankitalia il 16 dicembre, in cui si parla di ‘stasi operativa’, ‘forti conflittualità’ tra gli organi di direzione e controllo della banca e ‘stallo gestionale’, tutto già in atto tra le fine del 2018 e l’inizio del 2019. Strano che quelle situazioni non fossero stare ritenute sufficienti per il commissariamento almeno 10/12 mesi fa. Cos’altro sarebbe dovuto accadere per adottare il provvedimento sin da quel momento?
A via Nazionale attendevano che il consiglio rivelasse di indossare una cintura con esplosivo e fosse sul punto di azionarla? Secondo Visco, quando è possibile definire tardivo un intervento? Quando la banca è totalmente insolvente? Il Testo Unico Bancario (TUB) è infarcito di articoli che forniscono ampio potere di iniziativa alla Banca Centrale, anche e soprattutto preventivo.
“…Ma la vigilanza non può intervenire nella conduzione della banca, che spetta agli amministratori scelti dagli azionisti. La banca deve seguire delle regole, la vigilanza verifica che ciò effettivamente accada…”
IGNAZIO VISCO
Stupisce che si ritenga opportuno ribadire l’ovvio. E quando la vigilanza riscontra l’effettiva violazione di regole, come desumibili dalle deliberazioni della Consob del settembre 2018, con le quale si sanzionano gli amministratori con oltre €2 milioni (confermati in Corte d’Appello) per le condotte relative all’aumento di capitale del 2014/15, cosa fa? Consente che numerosi amministratori (Presidente in testa) siano confermati dall’assemblea dei soci nel 2019 ed addirittura consente che quegli stessi amministratori negozino con MCC e FITD il piano di rafforzamento del capitale. Secondo Visco, questo è un modo appropriato di vigilare?
“…Dal 2007 abbiamo posto in amministrazione straordinaria circa 80 intermediari: più della metà è tornata alla gestione ordinaria, per quelli liquidati o aggregati con altre banche, non vi sono state, nella generalità dei casi, perdite per depositanti e risparmiatori….”
Stupisce come non siano stati così solerti anche con la BPB. Qui incredibilmente Visco omette di specificare che le perdite per i risparmiatori ci sono state, eccome. È pur vero che i depositanti sono rimasti indenni, ma le perdite imposte ad obbligazionisti subordinati delle 4 banche assoggettate a risoluzione nel novembre 2015, delle 2 banche venete liquidate nell’estate 2017 e di MPS (seppur convertite in azioni) hanno costituito una epocale distruzione di valore mai capitata prima di allora a soggetti diversi dagli azionisti, i cui effetti si sono propagati a tutto il settore bancario il cui indice di borsa nel 2016 scese del 60% ed è tuttora alla metà rispetto ai massimi del 2015.
“… La soluzione ordinata delle crisi bancarie, di per sé non semplice, è complicata dal nuovo approccio europeo in materia di gestione delle crisi e aiuti di Stato. Ma questo non ha niente a che fare con l’essere arbitro e giocatore…”.
Peccato che il ruolo di Bankitalia avrebbe dovuto essere quello di sostenere la negoziazione del governo nel confronto con la UE su questi temi. Chi, se non loro, avrebbero dovuto argomentare con forza che applicare il divieto di aiuti di Stato ad una banchetta con 4 miliardi di raccolta come TERCAS era una autentica follia giuridica ed economica, come ha poi riconosciuto il Tribunale UE? Vogliamo parlare del ruolo avuto durante la trattativa per il bail-in? In cui, solo dopo, a frittata fatta, hanno dichiarato di essere stati sempre contrari. Troppo comodo considerarlo come un fatto esogeno piovuto dall’altro, mentre loro… sparecchiavano (per citare la famosa ammissione della figlia del Conte Mascetti nel film ‘Amici miei’).
ignazio visco fabio panetta
«… sono consapevole che quando le banche non ce l’hanno fatta (per la recessione, per governance inadeguata, per comportamenti scorretti) vi sono stati effetti gravi, soprattutto per gli azionisti. Per i depositanti invece non vi sono state conseguenze e per la gran parte degli obbligazionisti alla fine sono state contenute le perdite…”.
Le perdite sono state ‘contenute’ (obbligazioni rimborsate al 85% sotto specifiche condizioni) solo perché lo Stato ha dovuto ammettere che la vendita in massa di quei titoli era avvenuta con modalità truffaldine, truccando o forzando i profili Mifid dei risparmiatori. Peccato però che i regolatori, come Bankitalia, sapessero tutto e fossero stati avvertiti dai supervisori europei.
“…ma deve migliorare la comprensione da parte del pubblico che un investimento finanziario comporta sempre un rischio. Da parte delle banche questo rischio deve essere sempre adeguatamente rappresentato…”.
Doppio no: il regime di vigilanza del settore finanziario e la tutela costituzionale ex art. 47 fanno sì che il risparmiatore debba essere pubblicamente tutelato. Altro che comprensione ed educazione finanziaria. E se le banche non rappresentassero adeguatamente tali rischi? Dovrebbe esserci la vigilanza ad impedirlo, no?
…Decisioni come quella di realizzare un’acquisizione sono di esclusiva competenza e responsabilità del vertice delle banche. Nei casi di difficoltà di un intermediario, qualora non sia possibile una ricapitalizzazione sul mercato, è prassi delle autorità di vigilanza esplorare la possibilità di un acquisto da parte di altre banche…”
IGNAZIO VISCO
Qui entriamo nel vivo della galleria degli orrori dell’operazione TERCAS. Ma davvero Visco vuole farci credere che non conosciamo la differenza tra decidere un’acquisizione e vedersela autorizzata da Bankitalia, cose ovviamente ben diverse? Perché a Popolare di Sondrio è stata vietata ad ottobre scorso l’acquisizione di CariCento, dieci volte più piccola, con la motivazione che la banca doveva prima provvedere ad abbassare i rischi presenti in bilancio? Quando vuole, Bankitalia può. Ma soprattutto, chi ha stabilito quella ‘prassi’ di esplorare il mercato alla ricerca di potenziali compratori, in quale norma è previsto questo potere di Bankitalia? Infine, come non cogliere la contraddizione tra la prima e l’ultima parte del periodo: le banche sono autonome nelle loro scelte di espansione o si fanno suggerire le operazioni da Bankitalia, come desumibile nella seconda parte?
“…Alla fine dello stesso mese venne considerata la manifestazione di interesse dei vertici della Popolare di Bari, che poi decisero di realizzare l’operazione in base a una autonoma valutazione, negoziando e ottenendo dal Fondo Interbancario di Tutela dei depositi il contributo ritenuto necessario per l’acquisizione…”
Quindi fu tutta un’iniziativa della BPB? Peccato che il bilancio 2014 della banca barese testualmente recitasse “…nell’ottobre 2013 la banca è stata CHIAMATA a valutare una possibile operazione di acquisizione di TERCAS…”. Chiamata da chi? Da un passero solitario? O forse da Bankitalia che ‘per prassi’ esplorava tali possibilità? Da notare la straordinaria coincidenza del divieto all’effettuazione di acquisizioni rimosso da Bankitalia proprio poche settimane prima dell’inizio del processo di acquisizione della TERCAS.
“…Naturalmente alla fine di un percorso si corre il rischio di emettere giudizi di autoassoluzione o di ragionare con il senno del poi; noi facciamo il massimo per tenere costantemente sotto controllo le diverse situazioni e valuteremo se ci siano stati errori anche da parte nostra…”
marco jacobini 4
Che nel linguaggio felpato di Bankitalia, forse significa ammettere che l’hanno fatta grossa.
“…Nel caso di Tercas l’intervento del Fondo interbancario è stato ritenuto dalla Commissione europea un aiuto di Stato; per questo motivo l’operazione è stata completata solo quando l’intervento del Fondo è stato realizzato con il cosiddetto “Schema Volontario”. Ciò ha ritardato l’integrazione di Tercas nella Popolare di Bari, generando incertezze e con oneri certamente maggiori…”
La vicenda dell’aiuto di Stato, pagina vergognosa dei nostri rapporti con la UE, grida ancora vendetta; d’accordo. Ma si presta malamente al ruolo di foglia di fico per coprire il disastroso esito dell’acquisizione. Infatti, il contributo del FITD inizialmente erogato nel luglio 2014, è stato contestualmente restituito e nuovamente ricevuto per pari importo nel febbraio 2016, ad opera dello Schema Volontario del FITD stesso costituito già a fine 2015. BPB è entrata in TERCAS il 1 ottobre 2014 e sicuramente 14 mesi di stallo hanno provocato danni (il miliardo di raccolta volato via, di cui parlò il Presidente Jacobini quando a marzo scorso fu pubblicata la sentenza del Tribunale UE che annullava la decisione della Commissione). Ma tutto ciò appare una pagliuzza di fronte alle trave di € 3 miliardi di crediti deteriorati lordi esposti dalla banca post acquisizione nel 2015 (contro €1,2 del 2013, pre acquisizione) o 1,5 miliardi di crediti deteriorati netti (contro €0,7 del 2013).
“…In secondo luogo la ricapitalizzazione della Popolare di Bari non ha potuto avere luogo sul mercato perché la banca non si era trasformata in società per azioni come richiedeva la legge di riforma da noi fortemente caldeggiata e realizzata dal governo nel gennaio 2015. L’assetto delle “popolari” è un problema che abbiamo sempre sottolineato con forza: ostacola l’accesso al mercato e favorisce opacità e autoreferenzialità nella governance…”
Questo è un altro mito da sfatare, con un incredibile errore nelle date; infatti la riforma delle Popolari ad opera del governo Renzi è del gennaio 2016. Nel 2013/14/15, quando la BPB ha fatto gli aumenti di capitale, la riforma non esisteva ancora. Ma ove mai quella riforma fosse esistita e quindi ci fosse stato accesso al mercato con una banca contendibile, qualcuno vuole credere che un privato investitore, di fronte a quella massa di crediti deteriorati e modesta redditività non avrebbe chiesto uno sconto così consistente, tale da far precipitare ancora più rapidamente il valore degli investimenti dei vecchi azionisti? Infine, quella riforma, tanto decantata, fu pesantemente censurata dal Consiglio di Stato nel dicembre 2016 e, tra i tanti motivi, si segnalava il ruolo troppo ingombrante di Bankitalia in tutto il processo, spesso in violazione di norme costituzionali.
“…Questo lo dice chi non conosce le regole. La Banca d’Italia aveva concesso a Tercas un prestito a titolo di liquidità di emergenza, in base alle norme italiane ed europee. Questo tipo di finanziamento, di competenza delle banche centrali nazionali ma sottoposto a valutazioni del Consiglio direttivo della Bce, deve essere assistito da adeguate garanzie, che rendono il rischio per le banche centrali nullo o al più trascurabile. La Popolare di Bari è semplicemente subentrata nel finanziamento, con le medesime garanzie, senza quindi modifiche alla rischiosità del prestito…”
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Questo passaggio è davvero imbarazzante, poiché il problema non è la modifica alla rischiosità del prestito, ma il fatto che quel prestito sia stato fatto e che sia finito a rimborsare Bankitalia. Visco si riferisce ad un finanziamento rimborsato da TERCAS a Bankitalia nel novembre 2013, si badi bene ad acquisizione non avvenuta e solo alle prime fasi. TERCAS aveva ottenuto quella somma (€480 milioni) proprio da BPB con un finanziamento ad hoc. Quindi ben prima che l’acquisizione fosse perfezionata, BPB si era sostituita a Bankitalia come finanziatore di TERCAS (ovviamente ricevendo lo stesso tipo di garanzie, come sottolinea Visco).
Ma come non vedere l’enormità del fatto che BPB versa a TERCAS, ben prima dell’acquisizione, una somma utilizzata contestualmente per togliere il cerino dalle mani di Bankitalia che era anche il soggetto investito del potere di autorizzare l’acquisizione? Con l’aggravante data dal fatto che poi quel finanziamento di BPB sarà pure utilizzato in parte per sottoscrivere l’aumento di capitale di TERCAS nel 2014. In sostanza, la finanza per l’aumento di capitale di BPB in TERCAS arrivò ben prima dell’acquisizione che, verosimilmente, a quel punto non poteva più saltare.
“… La scelta dei componenti degli organi sociali è di esclusiva responsabilità dell’azienda; la Banca d’Italia verifica la sussistenza in capo ai singoli esponenti dei requisiti previsti dalla legge. Le disposizioni in vigore prevedono ipotesi tassative per la determinazione della mancanza di tali requisiti. Il nuovo regime europeo sui requisiti degli amministratori bancari — che concede discrezionalità alle autorità di vigilanza — è stato recepito nell’ordinamento italiano, ma entrerà in vigore solo dopo l’emanazione delle norme attuative da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze.
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La Banca d’Italia ha segnalato — pubblicamente e ripetutamente — l’importanza di questa materia. Lo ripeto: le regole attuali non ci consentono di intervenire, esercitando discrezionalità, al di fuori dei confini normativi. La vigilanza può ricorrere alla moral suasion, e nel caso della Popolare di Bari ha espresso chiaramente al presidente del consiglio di amministrazione le proprie perplessità sull’opportunità del rientro dell’ingegner De Bustis tre anni dopo che aveva lasciato la banca».
Anche su questo ci sono numerose perplessità. Visco sostiene di avere dalla sua solo la possibilità di esercitare una moral suasion, non potendo esercitare la discrezionalità consentita da una legge in vigore ma priva di norme attuative. È una foglia di fico che non regge. Nessuna banca si muove in direzione contraria rispetto alle indicazioni di Bankitalia, meglio ancora se informali. E se e quando ci sono episodi di cattiva gestione o governo aziendale fuori controllo, arrivano i commissari. Punto.
«…L’amministrazione straordinaria rappresenta un intervento di vigilanza forte, in cui si destituiscono gli organi amministrativi scelti dagli azionisti; si interviene quando altri meccanismi — quali il vaglio del collegio sindacale, delle società di revisione, dell’assemblea dei soci — non hanno la necessaria efficacia. È per questi motivi che l’amministrazione straordinaria può essere adottata solo quando ne ricorrano i termini definiti con precisione dalla legge. Il commissariamento della Bari è stato disposto quando le perdite hanno ridotto i livelli di capitale al di sotto dei minimi stabiliti dalle regole prudenziali. La discesa del capitale al di sotto dei minimi non si era registrata negli anni precedenti, nonostante le difficoltà della banca; è emersa solo a seguito dell’ultimo accertamento ispettivo effettuato nei mesi scorsi dalla Banca d’Italia…”
BANCA POPOLARE DI BARI
Tutto ciò è stupefacente; per quanto già commentato in precedenza. Da un lato Bankitalia accerta situazioni di non conformità sin dal 2010, dall’altro lascia che la BPB faccia un’acquisizione di rilevante entità rimuovendo il divieto perdurante da diversi anni. A via Nazionale il concetto di tempestività deve essere proprio relativo.
“…L’intervento del Fondo Interbancario e del Mediocredito centrale è volto a evitare scenari liquidatori e possibili perdite per i risparmiatori che detengono depositi e obbligazioni. Gli azionisti partecipano al capitale di rischio: il piano industriale definirà la misura dell’aumento di capitale necessario, le modalità di realizzazione e il coinvolgimento degli attuali azionisti. Ricordo che sono decine di migliaia di persone: la Banca d’Italia negli anni scorsi ha accertato — dandone informazione alla Consob, che ha irrogato sanzioni — irregolarità nell’adeguatezza degli investimenti della clientela; di questo si dovrà tenere conto…”
In un mondo normale, Bankitalia avrebbe dovuto sapere che BPB, non avendo accesso al mercato degli investitori istituzionali per la sua forma cooperativa, sarebbe stata costretta a raccogliere capitali presso la propria base sociale e piccoli risparmiatori del territorio e quindi avrebbe dovuto porre, insieme alla Consob, un particolare presidio affinché fossero rispettate le regole sull’adeguatezza dei profili. Andava scritto sui prospetti a caratteri cubitali qualcosa simile di a ‘ATTENTI, IL FUMO UCCIDE’.
Non è possibile, commentare dopo, come un qualsiasi soggetto di passaggio, il disastro avvenuto e pensare di tenerne conto rifondendo gli azionisti truffati, ammettendo implicitamente di non aver sufficientemente vigilato. Da aggiungere inoltre che il FITD, nel suo comunicato specifica senza tanti giri di parole che il via libera al suo intervento è avvenuto solo perché, con la nomina dei commissari, c’è stata discontinuità nella gestione aziendale. Quale altro segnale si vuole ancora per avere conferma del fatto che quel vertice aziendale non avrebbe dovuto essere là da parecchio tempo addietro?
VINCENZO DE BUSTIS
“…Voglio sottolineare che noi abbiamo collaborato, stiamo collaborando e continueremo a collaborare con la Procura. Di questa indagine io sono all’oscuro, come lo è l’intera struttura della vigilanza e della consulenza legale della Banca d’Italia. Non intendo quindi commentare voci e illazioni…”
C’è segreto d’ufficio da rispettare. Doveroso e comprensibile.
“…il problema è che abbiamo un sistema di gestione delle crisi inadeguato. Per poter gestire una crisi non basta saperla prevedere, occorrono strumenti. Chiedo da tempo di intervenire a livello europeo con nuove norme. È necessaria una nostra presenza assidua nel dibattito europeo, che a sua volta richiede una continuità di natura politica che purtroppo non abbiamo. Come Governatore mi sono confrontato con sette ottimi ministri dell’Economia, mentre quelli degli altri Paesi erano quasi sempre gli stessi…”
Su questo Visco non ha tutti i torti. In Europa continuiamo a manifestare solo subalternità ed accondiscendenza. Resta da capire se questo nostro stato dipende dal debole sostegno fornito dall’organo tecnico nelle trattative più delicate, come ebbe a dichiarare Matteo Renzi dopo le ultime crisi bancarie.
“… Si fonda sulla fiducia, una fiducia che oggi si misura con lo spread ed è assurdo che noi abbiamo uno spread doppio rispetto a Spagna e Portogallo. Se il tasso d’interesse alto dipende da rischi di tipo sovrano bisogna eliminarli rapidamente. Ci vuole un impegno per una discesa del debito graduale ma progressiva e costante; soprattutto servono azioni strutturali di rilancio dell’economia. Come diceva Ciampi, non abbiamo rinunciato alla nostra sovranità ma abbiamo deciso di condividerla. Per avere successo dobbiamo essere lungimiranti, credibili, coerenti e capaci di dialogare con un’opinione pubblica incerta e che nella sua incertezza coinvolge tutta l’economia, compresa la Banca d’Italia..”
VINCENZO DE BUSTIS
La chiusura è intonata al resto dell’intervista. L’organo istituzionale che dovrebbe ridurre l’incertezza, che dovrebbe, per definizione, eliminare l’esistenza del rischio sovrano che dovrebbe essere limitato solo ad un rischio di tasso di interesse, ma non di insolvenza, commenta le distorsioni attuali dal punto di vista dello spettatore e non del protagonista che dispone delle leve per risolverle. Fino al punto da affermare che l’incertezza dell’opinione pubblica coinvolge anche la Banca d’Italia, che dovrebbe invece gestirla e ridurla.
Sparecchiavo… Disse la figlia del Conte Mascetti.