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    TUTTE LE OMISSIONI E GLI ERRORI DI LEONARDO NEL COLOMBIA-GATE – NELLE CONCLUSIONI DELL’AUDIT INTERNO ALL’AZIENDA, DISPOSTO DA LUCIANO CARTA, CI SONO UNA LUNGHISSIMA SERIE DI RILIEVI SUL MANCATO RISPETTO DELLE PROCEDURE MINIME DI SICUREZZA: MASSIMO D’ALEMA AVEVA CONTATTATO DIRETTAMENTE L’AD, ALESSANDRO PROFUMO, CHE HA ORDINATO AL DIRETTORE GENERALE, LUCIO VALERIO CIOFFI, DI TRASMETTERE A “BAFFINO” TUTTI I DOCUMENTI SULLA COMMESSA MILIARDARIA. MA NON È STATO MAI FIRMATO UN ACCORDO DI RISERVATEZZA E NON È STATA PRESA ALCUNA PRECAUZIONE…


     
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    Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”

     

    alessandro profumo massimo d alema alessandro profumo massimo d alema

    Quando La Verità pubblicò l’audio in cui l’ex premier Massimo D’Alema trattava armi con un ex paramilitare colombiano l’allora presidente di Leonardo Luciano Carta dispose un audit poi consegnato al ministero dell’Economia e, più recentemente, alla Procura di Napoli, l’ufficio giudiziario che […] contesta a otto indagati, tra cui l’ex ministro degli esteri, la corruzione internazionale […].

     

    Le conclusioni dell’audit sono contenute in un documento classificato e a diffusione limitata, che, però, adesso è stato acquisito nell’inchiesta penale. Qualcuno ha scritto che quel rapporto assolveva Baffino e di fatto chiudeva le indagini interne a tarallucci e vino. Ma non è così. Va specificato che chi svolge l’audit non ha poteri di polizia giudiziaria e non deve perseguire i reati, ma deve verificare se siano state rispettate le procedure interne. Nel nostro caso la relazione conteneva una lunga serie di rilievi sul mancato rispetto delle stesse.

     

    MASSIMO DALEMA ALESSANDRO PROFUMO MASSIMO DALEMA ALESSANDRO PROFUMO

    Dalla ricostruzione emerge come D’Alema avesse contattato direttamente l’allora amministratore delegato Alessandro Profumo e lo avesse informato di avere un canale interessante per la vendita di armamenti in Colombia. A questo punto l’ad avrebbe ordinato all’allora direttore generale Lucio Valerio Cioffi di trasmettere a D’Alema documenti che riguardavano questa commessa.

     

    Un passaggio che sarebbe avvenuto senza le dovute cautele. Infatti si trattava di documenti classificati per cui non sarebbe stato firmato alcun «non disclosure agreement» (Nda) da parte dei destinatari delle carte che riguardavano caccia militari e sistemi radar.

     

    FRANCESCO AMATO FRANCESCO AMATO

    […] Sarebbe stato indispensabile impegnare gli aspiranti acquirenti e i loro intermediari a non diffondere informazioni sensibili su questioni di cui erano venuti a conoscenza per motivi commerciali, elementi che avevano una certa riservatezza e che erano, come detto, rigorosamente classificati in ambito aziendale. Ma tutto ciò non è stato fatto e le precauzioni non scattarono a causa del rapporto personale tra Profumo e D’Alema.

     

    Senza andare troppo per il sottile, il 15 dicembre 2021 Dario M., della divisione aerei di Leonardo vicepresidente senior dei servizi commerciali & clienti aveva scritto all’ex premier: «Buonasera Presidente, scusandomi per il ritardo, Le invio in allegato alcune brochure che descrivono le soluzioni offerte da Leonardo divisione elettronica per radar aeroportuali e centri air traffic control».

    Alla presunta cricca giunse anche un dettagliato listino prezzi per 24 caccia. L’affare degli M-346 proposti da Leonardo alle autorità colombiane era una sorta di global service. Il pacchetto messo nero su bianco nel documento di 15 pagine prevedeva infatti una flotta di 24 M-346 Fighter attack, supporto logistico integrato associato e sistema di addestramento a terra, la fornitura di infrastrutture per i centri di formazione e manutenzione.

     

    EDGAR IGNACIO FIERRO EDGAR IGNACIO FIERRO

    Inoltre Leonardo proponeva un servizio di «Turn key support» della durata di 10 anni svolto presso la base aerea del cliente in Colombia. Con tanto di simulatore di volo e aule multimediali. Costo totale: 2,132 miliardi di euro. A margine dell’offerta dei caccia, ai colombiani erano state spedite le brochure di quattro altri prodotti. La prima riguardava le apparecchiature per una torre di controllo.

     

    […] C’era poi un secondo file che illustrava le caratteristiche di un sistema di controllo del traffico aereo in volo. A fianco delle apparecchiature per la torre di controllo non potevano mancare i radar. Quelli proposti erano di due diversi modelli, con diverse funzioni.

    […] Insomma, a fianco dei caccia veniva quasi proposto un aeroporto «chiavi in mano». Il segreto aziendale è legato a questioni commerciali, ma richiede la tutela di determinate notizie perché se queste fuoriescono dai corretti canali possono creare un danno alla società. Ecco perché sarebbe stato necessario far firmare un Nda. Cosa che non è accaduta.

     

    FINCHE C'E' GUERRA C'E' SPERANZA - POSTER BY MACONDO FINCHE C'E' GUERRA C'E' SPERANZA - POSTER BY MACONDO

    Ma nell’audit era anche evidenziata un’altra dolentissima nota. […] È stata contestata la mancata condivisione con le strutture competenti delle informazioni che avevano i vertici e che avrebbero garantito una maggiore «compliance» e sicurezza. Infatti gli intermediari dell’operazione avevano caratteristiche che per policy aziendale li rendevano incompatibili con Leonardo.

     

    Per esempio Giancarlo Mazzotta era coinvolto in diverse inchieste giudiziarie e il Comune, Carmiano, di cui è stato sindaco è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Ma anche gli altri due indagati, Emanuele Caruso e Francesco Amato,  […] non avevano curriculum consoni al ruolo. Per non parlare degli ex paramilitari coinvolti nell’affare a Bogotà e in contatto con i D’Alema boys: Edgardo Ignacio Fierro Florez e Oscar José Ospino Pacheco entrambi condannati per omicidio a pene pesantissime.  Tutti controlli che non sono stati resi possibili dalla mancata comunicazione da parte di Profumo di queste informazioni alla struttura di sicurezza incaricata di questo tipo di attività

     

    DALEMA E LE ARMI IN COLOMBIA - LE LETTERE DI PATROCINIO DELLA CAMERA EUROMEDITERRANEA DALEMA E LE ARMI IN COLOMBIA - LE LETTERE DI PATROCINIO DELLA CAMERA EUROMEDITERRANEA

    Gli addetti di Leonardo avrebbero potuto fare prevenzione, anche perché il capo della sicurezza dipende dal presidente e non dall’ad. Invece l’azienda si limitò a proporre un preaccordo capestro con un altro degli indagati, l’avvocato Umberto Bonavita, dove era previsto che il «promotore» venisse pagato anche in caso di insuccesso dell’operazione.

     

    Leonardo avrebbe dovuto erogare un importo per compensare la Robert Allen Law di Miami, di cui faceva parte Bonavita, per un ipotetico report di marketing e per le spese sostenute per altre attività. Ai sensi del contratto la Robert Allen aveva comunque diritto al pagamento anche in caso di rescissione dell’accordo da parte di Leonardo. Una formula che sarebbe interessante sapere se sia stata utilizzata dalla società di piazza Montegrappa anche in casi in cui non compariva come sponsor D’Alema.

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