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    TUTTI BRAVI A SALIRE SUL CURLING DEL VINCITORE – ALDO GRASSO SPIEGA IL BOOM DI SPETTATORI (2,7 MILIONI) DAVANTI ALLA TV PER LA FINALE OLIMPICA – “DA QUANDO SI ALZARONO GLI ASCOLTI PER LA VELA GRAZIE AD AZZURRA, A INIZIO ANNI '80, BASTA CHE CI SIANO ATLETI AZZURRI IN EVIDENZA, E GLI ITALIANI SI SCOPRONO TUTTI VELISTI, TENNISTI, SCIATORI... NOI SIAMO NAZIONE SOPRATTUTTO GRAZIE ALLA TELEVISIONE. E LO SPORT È PERFETTO IN TAL SENSO, COME RITO E LITURGIA IMMEDIATI…"


     
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    CIRO SCOGNAMIGLIO per la Gazzetta dello Sport

     

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    Pranzo e curling per 3 milioni di italiani, almeno. «Nel 2021 abbiamo vinto tantissimo nello sport - nota Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera e docente universitario - e ricordo una battuta "Ora ci manca solo che lo facciamo pure nel curling"... Adesso che è successo, i valori degli ascolti sorprendono fino a un certo punto». I numeri, anzitutto: per la finale Italia-Norvegia di martedì, dalle 13.30 alle 14.47 su Rai2 ci sono stati 2.346.000 spettatori (16,1% di share, 5 milioni di contatti unici), oltre ai 298.000 su Eurosport (2,1%): 2.644.000. Numeri che non comprendono chi ha seguito per esempio attraverso Raiplay (44.000 device collegati).

     

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    Curiosità: in Trentino-Alto Adige lo share è schizzato al 46,1%. «Da quando si alzarono gli ascolti per la vela grazie ad Azzurra, a inizio anni 80 - osserva Grasso - succede sempre questo fenomeno un po' pavloviano (da Pavlov, lo scienziato russo del riflesso condizionato, ndr). Basta che ci siano atleti azzurri in evidenza, anche se in sport che in pochi conoscevano e praticavano, e diventano immediatamente popolari. Gli italiani si scoprono tutti velisti, tennisti, sciatori... Conta l'atleta italiano più che lo sport in se stesso». E non di soli ascolti televisivi si tratta. «Contemporaneamente, aumentano i discorsi, l'amplificazione mediatica. Tutti si sentono esperti di cose che fino a quel momento non conoscevano.

     

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    Certo, il curling stupisce di più perché in Italia si pratica pochissimo e in tv passa in pratica solo per l'Olimpiade, non ci sono altri momenti con trasmissioni dedicate per esempio. Ma è comunque una occasione per alimentare l'orgoglio nazionale, un sentimento che ha più importanza dell'interesse specifico per la disciplina». Ma il discorso si può allargare anche all'evento televisivo in generale. «Riferiamoci a tutto quello che esce della norma - conclude Grasso - e l'esempio del Festival di Sanremo è clamoroso. Non è che lo si guardi solo per le canzoni, ma anche per condividere con gli altri un momento di discussione, di unità. Noi siamo Nazione soprattutto grazie alla televisione. E lo sport è perfetto in tal senso, come rito e liturgia immediati: l'inno, il colore della maglia, il tricolore. Così, improvvisamente, ci ricordiamo di essere tutti italiani».

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