Alessandro Sala per "www.corriere.it"
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Il commercio illegale di pangolino, il mammifero ricoperto di scaglie considerato tra i possibili vettori del coronavirus nel salto di specie dal pipistrello all’uomo, non è un problema che riguarda solo l’estremo oriente. Anche in Europa è piuttosto florido il commercio di parti di questo animale la cui scorza e la cui carne sono considerate taumaturgiche e per questo utilizzate come ingrediente per medicinali fai-da-te, la cui valenza non ha alcunché di scientifico, al pari di ossa di tigre, bile d’orso e cavallucci marini.
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Nel solo 2018 nel continente europeo sono stati certificati circa mille sequestri di questo genere di prodotti per un totale di oltre 7 tonnellate suddivise in circa 300 mila dosi o unità. I numeri emergono dall’ultimo rapporto Traffic per l’Unione europea, un database che tiene conto dei commerci illegali di fauna selvatica intercettati dalle forze di polizia.
Ricercati, vivi o morti
Verso l’Europa non si muovono soltanto preparati e rimedi pseudo-medicali ma anche animali selvatici vivi e morti. I rettili, per esempio, anche in questo caso con quasi 7 mila esemplari sequestrati. O i coralli, oggetto di ben 650 sequestri, per un totale di oltre 4 mila campioni sequestrati, una massa pari complessivamente a più di una tonnellata. Ci sono poi i circa 500 sequestri di uccelli vivi (più di mille, in particolare pappagalli), i 400 di avorio (più di 3 mila campioni per quasi 150 kg, questi tutti quanti in Gran Bretagna), e 400 sequestri di mammiferi vivi o morti (recuperati quasi 2 mila campioni tra pelli, trofei e altre parti del corpo di varie specie tra cui lupi, tigri e orsi).
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A questo si aggiungono i tentativi di immissione sul mercato di piante alloctone, soprattutto cactacee, che sono stati sventati in più di 3 mila casi. Per questo motivo il Wwf, che partecipa al programma Traffic assieme all’Unione internazionale per la conservazione della natura (Uicn) e che ha diffuso oggi in Italia i numeri del rapporto, promuove una petizione internazionale per coinvolgere i cittadini di tutto il mondo affinché spingano le istituzioni a porre un freno a questi commerci.
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E non solo per questioni di mera tutela della biodiversità e della legalità: riprendendo uno slogan usato un tempo nelle campagne contro il fumo passivo, il nuovo claim dell’associazione del panda è che «il commercio illegale di animali selvatici uccide anche te».
Un mercato pericoloso
In questi giorni, del resto, se ne è parlato spesso: la cattura e la vendita senza regole di fauna selvatica, senza rispetto per il benessere degli animali ma neppure delle regole igieniche a tutela delle persone che poi se ne ciberanno, è una fonte potenziale di malattie.
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Tutte le principali pandemie degli ultimi anni - la Sars, la Mers, Ebola e anche l’Hiv che causa l’Aids — hanno avuto origine dagli animali e il salto di specie, il cosiddetto spillover, è favorito proprio dai mercati con macellazione sul posto (i cosiddetti wet market che ora si sta provando a far bandire) e dai traffici illegali.
Malattie che originano in ambienti come la foresta tropicale e che lì probabilmente resterebbero confinate per effetto di una sorta di immunità di gregge messa in atto dalla vasta biodiversità di quei territori (fra tante specie, le molte refrattarie ai virus comportano che questi non possano replicarsi) arrivano invece in zone densamente popolate causando, nel caso riescano ad aggredire anche l’uomo, gli effetti che vediamo ora con il virus Sar-Cov-2.
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Tra gli obiettivi della petizione c’è la pressione sui governi di tutto il mondo affinché venga riconosciuta nel commercio illegale di fauna selvatica una pericolosa fonte di pandemie (e affinché di conseguenza si operi per il suo contrasto).
Un business miliardario
I commerci illegali bloccati sul territorio europeo e censiti da Traffic hanno riguardato per circa la metà i flussi in entrata nella Ue, ma in oltre 500 casi si è trattato di commerci interni ai Paesi dell’Unione. Non sono poi mancati tentativi di esportazione verso altre aree del mondo, in particolare verso la Cina. Nel 37% dei casi i sequestri sono stati effettuati negli scali aeroportuali.
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A livello globale, il programma ambientale dell’Onu (Unep) stima che il valore complessivo dei traffici illegali di fauna e flora selvatiche si aggiri tra i 7 e i 23 miliardi di dollari l’anno. Tra le nazioni di origine dei prodotti sequestrati in Europa ci sono in primo luogo la Thailandia (oltre 600 sequestri), seguita dalla Cina (oltre 400) e dall’Indonesia (quasi 200).
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