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    UBRIACHI ALLA GUIDA? IL NO ALL’ALCOLTEST EVITA LA REVOCA DELLA PATENTE - A VOLTE LA CASSAZIONE INTERPRETA IL COMPLICATO E ARTICOLATO SISTEMA SANZIONATORIO IN MODO FAVOREVOLE A CHI DECIDE DI SOTTRARSI AL CONTROLLO – LA REVOCA SCATTA PER PER CHI VIENE TROVATO CON UN TASSO ALCOLEMICO SUPERIORE A 1,5 GRAMMI/LITRO...


     
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    Maurizio Caprino per www.ilsole24ore.com

     

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    Quasi quasi conviene rifiutare di sottoporsi all’alcoltest. Quantomeno se si è sicuri di aver bevuto molto e quindi c’è una ragionevole possibilità di incappare nelle più severe tra le sanzioni previste: quelle che scattano quando il tasso alcolemico supera 1,5 grammi/litro. Infatti, a volte la Cassazione interpreta il complicato e articolato sistema sanzionatorio in modo favorevole a chi decide di sottrarsi al controllo. Non che non ci siano pesanti conseguenze anche per chi rifiuta, ma il danno può comunque essere ridotto.

     

    È il caso della sentenza 10038/2019, depositata il 7 marzo dalla Quarta sezione penale della Cassazione, che conferma la legittimità della revoca della patenteprevista per chi viene trovato con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l dall’articolo 186, comma 2, lettera c) del Codice della strada. La sua illegittimità era stata ipotizzata dalla difesa di un imputato, che aveva osservato una disparità di trattamento rispetto al caso del rifiuto di sottoporsi al test: il comma 7 dell’articolo 186 stabilisce che in questo caso la sanzione accessoria è “solo” la sospensione della patente da uno a due anni (la revoca c’è solo per chi commette lo stesso reato un’altra volta nell’arco di un biennio).

     

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    La Cassazione non si dilunga nel motivare la sua decisione: si limita ad affermare che la pronuncia della Corte d’appello è corretta, riportandola. E i giudici di secondo grado avevano semplicemente osservato che il reato di guida in stato di ebbrezza determina un pericolo per la collettività, mentre quello di rifiuto di sottoporsi al test frappone ostacoli ai controlli. Dunque, i giudici non considerano che il rifiuto è potenzialmente un modo per nascondere il proprio stato di ebbrezza.

     

    Alla luce di questo, emerge che le due fattispecie hanno una ratio diversa l’una dall’altra. Quindi il legislatore può sanzionarle in modo diverso, secondo la propria discrezionalità.

     

    Non è la prima volta che la Quarta sezione rimarca la differenza tra positività al test e rifiuto di sottoporvisi. Fece lo stesso quattro anni fa, per motivare la sentenza 15184/2015, con cui stabilì che il raddoppio del periodo di sospensione della patente previsto per chi guida un veicolo non suo può essere applicato solo se si accerta lo stato di ebbrezza e non anche in caso di rifiuto del test.

     

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    Un’altra pronuncia che induce a pensare, cinicamente, che convenga rifiutare il test. In realtà, non bisogna dimenticare che ciò di solito può valere per l’ebbrezza più grave, per la quale sono previste le sanzioni più alte in assoluto. Tra 0,81 e 1,5 g/l, infatti, il trattamento è sempre pesante, ma un po’ meno. E tra 0,51 e 0,8 l’illecito non è penale, ma amministrativo (anche se comunque comporta il pagamento di 544 euro, la sospensione della patente da tre a sei mesi e la decurtazione di 10 punti).

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