Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"
andrea marcucci graziano delrio
Segnare in agenda: martedì prossimo, Palazzo Madama, Letta, Pd, problemone.
Per farvi capire: il gruppo dei democratici è pieno di senatori filo-renziani. Ma pieno zeppo. E non solo: li guida Andrea Marcucci, uno dei più cari amici di Matteo Renzi (guardate: in politica l' amicizia o c' è, o non c' è. E tra quei due c' è una roba antica, indistruttibile: nove volte di seguito insieme alla Leopolda, campagne elettorali, mezzo sguardo per capirsi).
Enrico Letta annuncia la candidatura a segretario del Pd
Letta, ovviamente, sa tutto.
Adesso, però, ha un dettaglio in più.
Marcucci, due ore fa, davanti ai suoi riuniti per approvare il bilancio nella Sala Capitolare, ha detto: «Ho invitato il nuovo segretario Letta a partecipare alla nostra assemblea di martedì prossimo, per un confronto su alcuni temi parlamentari».
Ecco: il sottinteso che segue suona, più o meno, così.
Caro Enrico, preparati.
Io non ci penso proprio a rimettere il mandato nelle tue mani (come imporrebbe il vecchio galateo dei partiti, quando c' è un cambio di segreteria).
Io, da qui, non schiodo.
E ho la maggioranza dei senatori con me (su 35, 22 sono infatti di Base riformista, la corrente di Lotti/Guerini; gli altri sono con Zingaretti, Franceschini, Orlando).
ZINGARETTI MARCUCCI
Andrea Marcucci, 55 anni, da Barga in Garfagnana, è un personaggione. Il padre Guelfo fondò un impero nel ramo farmaceutico che adesso gira intorno alla Kedrion, emoderivati e vaccini, 2.450 dipendenti, fatturato annuo di oltre 650 milioni di euro. Andrea se ne occupa ormai distrattamente, guida tutto il fratello Paolo, mentre la sorella Marialina, nei meravigliosi anni Ottanta, aprì un po' di televisioni, la più famosa delle quali, Videomusic, fu poi rifilata nel 1995 a Vittorio Cecchi Gori.
Sono ricchissimi.
renzi marcucci
Andrea si sposta abitualmente in elicottero (ma anche, come vedremo, in macchina, o cavalcando potenti moto da enduro). È gentile, empatico, scaltro, tifa Cagliari, sostiene di preparare risotti squisiti (dev' essere fichissimo entrare in cucina e dire al cuoco: scansati, stasera ci penso io), sbaglia regolarmente il colore degli abiti (tonalità preferita: il verde pistacchio di Bronte), ma - quasi mai - strategie: se fa, o dice, una cosa, c' è sempre un perché. A 27 anni è già vice-capogruppo del Pli a Montecitorio; incappa in Mani pulite ( Il Fatto, in un brillante ritratto, ha scritto che è l' unico politico italiano - oltre, naturalmente, a Berlusconi - coinvolto nell' inchiesta non per aver preso soldi, ma per essere stato costretto a darli); diventa prodiano, rutelliano, quindi incontra Renzi.
Un po' di biografia anche per prendere tempo, perché al cellulare non risponde. Poi interviene il portavoce, che cincischia, vorrebbe dichiarare lui al posto del capo, tira e molla, ma alla fine ecco la voce di Marcucci.
marcucci zingaretti
«Non avevo il suo numero memorizzato, sono in macchina con mia moglie, se cade la linea, richiamo io» (tono da uomo di mondo).
Con Zingaretti, lei è stato, a lungo, ostile. Pensa di riservare lo stesso trattamento anche a Letta?
«Su Zingaretti facevo un ragionamento politico. Dopo due governi, il Covid, una serie di novità nella società italiana, ritenevo fosse opportuno un congresso per chiarirci le idee...».
E tirare la volata a Stefano Bonaccini.
«Mi hanno chiesto un giudizio su Bonaccini: e io ho detto che sì, per fare il segretario mi sembra una personalità adeguata e autorevole. Come ce ne sono altre, in verità, nel partito. Ma di tutto questo riparleremo quando si aprirà la fase congressuale».
Già, ora avete Enrico Letta.
dario nardella stefano bonaccini
«Che ho votato anche io. Letta mi sembra convincente, certi suoi spunti sono interessanti. L' ho invitato a Palazzo Madama per parlarne, per approfondire».
Alcuni, nel Pd, pensano che sarebbe stato un gesto elegante offrirgli le dimissioni.
«I regolamenti sono chiari: il capogruppo lo eleggono i senatori. Perciò io potrei lasciare il mio posto solo in due casi: se nel corso dell' assemblea la maggior parte dei miei colleghi dovesse farmi intuire questa necessità. O se, direttamente, me lo chiedesse il segretario. In caso contrario, resto al mio posto».
Al fondo, è assai scomoda la sua amicizia con Renzi.
zingaretti marcucci
«Le amicizie personali non possono essere un problema. La mia lealtà al partito non si discute. E, quando è servito, ho dato dimostrazione di tenuta, evitando di seguirlo in Italia viva».
Pianse, Marcucci, quel giorno.
Matteo - spaccone - diceva: oh, ragazzi, vado via, fondo un altro partito. E Marcucci lì, in lacrime. Tutti sospettammo chissà che. E invece - con il senno del poi - Marcucci aveva solo intuito che il suo amico stava andando a sbattere (Iv, dopo un anno è mezzo, resta un partitino inchiodato al 2,5%, con il leader, Renzi, ormai stabile in fondo a tutti i sondaggi di gradimento; ad un certo punto, più affidabile di lui è risultato persino il grillino Vito Crimi).
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Morale: mai sottovalutare Marcucci.
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