1. ROMA, LA RISSA MORTALE DAVANTI ALLA DISCOTECA: «FATALE UN CALCIO IN TESTA»
Michela Allegri e Alessia Marani per ‘Il Messaggero’
Giuseppe Galvagno
Un calcio mirato, dritto in faccia, violentissimo, mentre lui era riverso in terra. «Sembrava che avesse preso la mira come in un calcio di rigore», ha raccontato ai carabinieri uno dei clienti del San Salvador, la discoteca dell'Eur dove Giuseppe Galvagno, tre sere fa, è stato massacrato di botte da cinque buttafuori. La frase è riportata nel decreto di fermo disposto dalla pm Eleonora Fini ed è riferita a uno dei bodyguard finiti in manette per concorso in omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
Galvagno è stato trovato dalla compagna con una tempia fracassata e un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca. Il volto livido, distrutto dai pugni e dai calci. Gli addetti alla sicurezza, tutti romani tra i 32 e i 50 anni, sono in carcere a Regina Coeli. Si tratta di Riccardo Stronati, Davide Farinacci, Fabio Bellotazzi, Mirko Marano ed Emiliano Dettori e a loro carico, ieri, il magistrato ha chiesto la convalida della misura. La pm ha anche incaricato il medico legale Giorgio Bolino, de La Sapienza, di effettuare l'autopsia.
L'accertamento autoptico inizierà questa mattina e sarà necessario per stabilire le dinamiche del decesso e, soprattutto, se a stroncare Galvagno sia stato davvero quel calcio micidiale. I testimoni, clienti di lungo corso della discoteca in via dell'Oceano Atlantico, hanno riconosciuto il buttafuori che ha sferrato il colpo. Sarebbe il più anziano del gruppo, i due clienti che lo avevano visto anche in altre occasioni, hanno letto il suo nome sulla targhetta identificativa appuntata sulla divisa di servizio e sono stati ritenuti attendibili.
DISCOTECA EUR 3
«Dovranno essere attribuite responsabilità precise - ha dichiarato l'avvocato Marco Casalini, che assiste Farinacci - il mio assistito era presente, ma non ha provocato il decesso della vittima. Sta vivendo una tragedia». Increduli i colleghi dei vigilante. «Uno di loro in passato salvò anche una persona accoltellata - dicono dall'Aiss, l'associazione italiana sicurezza sussidiaria - ed è un esempio per tutti. Non sono dei violenti». Al San Salvador la situazione degenera all'1,30 di domenica notte.
Galvagno, visibilmente alticcio, sta ballando su un cubo, ma cade e urta una donna sulla pista da ballo. Poi, litiga con un altro avventore. Intervengono i due buttafuori in servizio nella sala. Lo fanno uscire, ma lui fa resistenza: è arrabbiato, vuole a tutti i costi restare nella discoteca. Inizia una piccola colluttazione, che viene sedata dalla compagna del cinquantenne, che si allontana per andare a prendere la macchina e tornare a casa insieme al fidanzato. Barbara D'Agnano, la compagna di Galvagno, parla di «sguardi, di parole non dette», agli investigatori. C'è tensione ma nulla che faccia presagire al peggio. Nel parcheggio del locale, però, la rissa prosegue.
GIUSEPPE GALVAGNO
L'AGGRESSIONE
Dura 7 o 8 minuti. Arrivano altri tre addetti alla sicurezza: quelli in servizio all'ingresso, alla biglietteria e al guardaroba. Spintoni, minacce, parole pesanti. «Fate meno i coatti, vi sfondo», avrebbe detto la vittima. I buttafuori rispondono per le rime e, soprattutto, con le botte. Lo spingono e lui cade in terra. Si rialza, barcolla, cade di nuovo. È furioso e stremato, non si regge in piedi. Dopo l'ennesimo spintone, Galvagno è steso al suolo. Uno dei cinque prende la mira e gli sferra un calcio in piena faccia. Il colpo è violentissimo. Il cinquantenne resta immobile, respira a malapena, perde sangue dalla bocca.
La compagna, infermiera del policlinico di Tor Vergata, tenta di rianimarlo. Insieme a un cliente chiama i soccorsi. La corsa in ambulanza è inutile: Giuseppe muore prima di arrivare all'ospedale Sant'Eugenio. Sul posto arrivano i carabinieri della compagnia Eur e quelli del Reparto Operativo di via In selci diretti dal colonnello Giuseppe Donnarumma.
Raccolgono decine di testimonianze. Ascoltano il proprietario del locale, la compagna di Galvagno, i clienti. Due di loro raccontano di aver assistito al pestaggio. Non si contraddicono, indicano uno dei buttafuori per nome: è abbastanza per ottenere il fermo dei cinque, per cui la procura ieri ha chiesto la convalida. L'udienza dal gip è prevista nelle prossime ore. Nel frattempo, gli inquirenti attendono i risultati dell'autopsia e degli esami tossicologici, per stabilire se Galvagno avesse assunto alcol e droghe.
DISCOTECA EUR
QUEI BUTTAFUORI DISPOSTI A TUTTO
Raffaella Troili per ‘Il Messaggero’
Muscoli in vista, volti imbronciati, caricature di pugili, sbirri, ex militari, esaltati, alcuni. Gli ex buttafuori, ora operatori di sicurezza a Roma sono ufficialmente almeno 3mila, iscritti nell'albo della Prefettura dopo aver acquisito i requisiti e il diploma rilasciato dalla Questura e previsto dal decreto Maroni (90 ore di corso, un tempo gestite dalla Regione, poi passate a scuole private e Caf). Ma almeno un altro migliaio resta dietro le quinte, è chiamato lo zoccolo duro: sono quelli che non si tirano indietro, anzi, davanti a risse di 40/50 persone. Cani sciolti, a migliaia.
buttafuori
Le agenzie, illegali e legali, li usano nei locali difficili o come free lance per i grandi eventi: sono i più cattivi. I corsi sono aperti a tutti (le selezioni le fanno l'istituto di vigilanza o la società di investigazione), il diploma previsto dal decreto Maroni si rilascia a tutti, ma costoro non risultano iscritti nell'albo della Prefettura, non sono idonei o non hanno fedine penali immacolate. Eppure sono quelli che guadagnano di più. I più richiesti, su fronti difficili. Molti di quanti sono negli elenchi della Prefettura fanno solo fare bella figura in termini di numeri alle società più spregiudicate, raramente vengono chiamati a lavorare.
LA TRUFFA
Una truffa che fanno molte società. Che se va bene arruolano un paio di buttafuori per bene, sfilandogli fino a mille euro per il diploma. Ma in borghese, dentro il locale, assoldano chi non è iscritto in nessun elenco perché pieno di denunce. Per rientrare nelle liste dei buttafuori basta un certificato medico che dice che non si fa uso di stupefacenti e alcol, una chiacchierata informale, dieci giorni in cui sono spalmati i corsi. «La regola - spiega un responsabile di una società di operatori di sicurezza- è non alzare le mani, difendere e non aggredire, solo immobilizzare in attesa che arrivino le forze dell'ordine. Di solito i litiganti vengono divisi: uno portato all'esterno senza usare calci e pugni, l'altro emarginato all'interno. Si interviene in massa, poi fuori la responsabilità passa al buttafuori che sta sulla porta neutro e preparato ad hoc. Si prende insulti e sputi senza reagire, a volte alla fine reagisce».
Però difende il suo lavoro: «Amiconi non si può essere, c'è gente che viene lì davanti solo per offendere e umiliare. In linea di massima, salvo eccezione è chiaro che devi essere un armadio a 4 ante palestrato o comunque un atleta corretto e preparato che sappia restare in tutti i sensi al di sopra della massa». Non è facile.
La maggior parte delle società non si fa scrupoli a reclutare chi è in cerca di una riabilitazione professionale. In teoria il personale deve saper intervenire in caso di malore, incendio, risse. E cresce il numero di buttafuori donne, come di pari passo sono aumentate le risse al femminile.
san salvador eur
I guadagni vanno dai 50 ai 120 euro a serata, «molto spesso chi prende cifre molto alte è perché è chiamato a presidiare posti altamente rischiosi e non ha scrupoli. All'Eur, a Casal Palocco, a Ostia, a Testaccio, al Gay Village estivo le maggiori tensioni, il fatto è che per fare soldi spesso non si fa una buona selezione e si fanno entrare tutti».
Pochi a sentire i professionisti che lavorano nell'ambiente seriamente, sono in regola, nonostante i controlli della Polizia amministrativa e le multe a carico di cliente, società e buttafuori dai 1.500 ai 5mila euro. «I buttafuori più forti, i più pagati sono picchiatori storici, la maggior parte delle volte cercano di non figurare, è un lavoro che ti porta molte denunce, il pazzo della situazione si presenta sempre.
Ma non c'è bisogno di abusare, ridurre una persona in fin di vita, massacrare qualcuno in pubblico. Se Galvagno era già conosciuto, l'errore è stato averlo fatto entrare ancora. Non è gente addestrata. Purtroppo un buttafuori non si fa in 10 giorni e 90 ore di corso. Con un contratto di sicurezza sussidiaria e un'iscrizione in prefettura». Intanto il lavoro cresce: con l'allarme antiterrorismo, i buttafuori ora possono chiedere di aprire - non ispezionare - le borse, chiedere un documento, segnalare personale sospetto.