Guido Olimpio per www.corriere.it
pasquale musitano
Pasquale Musitano, detto anche Fat Pat, usciva di casa solo a bordo di un enorme GMC Yukon Denali blindato. Poteva resistere a tutto, anche alle bombe. Solo che non puoi vivere perennemente chiuso dentro un mezzo, specie se sei un boss. Così quando Fat Pat ha dovuto incontrare due suoi collaboratori è sceso dal SUV per pochi minuti. Sufficienti per farlo fuori.
Un killer è piombato sul terzetto ed aperto il fuoco in un parcheggio di Burlington, Canada: nulla da fare per Musitano, ferito in modo grave Giuseppe Avignone. Quest’ultimo, insieme ad un altro fedelissimo, John Clary, ha cercato di speronare l’auto del sicario, una manovra disperata che non ha interrotto la fuga. Un attacco a sorpresa, ma non una sorpresa. I cronisti di nera canadesi e gli investigatori lo avevano previsto. Musitano era segnato, un bersaglio vivente, un morto che cammina.
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Un poliziotto, alludendo ad aspetto fisico e modi, lo ha definito sulle pagine del National Post in modo esemplare: «Era Tony Soprano prima che Tony Soprano fosse in tv». Infatti era un figlio «d’arte». Un suo pro-zio, Angelo, era stato soprannominato la Bestia di Delianova, in Calabria, dopo che aveva assassinato la sorella sotto la casa dell’amante. Era il 1937.
Un delitto d’onore, seguito dalla partenza rapida verso il Canada. Il primo passo di una «famiglia» diventata sempre più influente nella regione di Hamilton. A guidarla per lungo tempo Dominic Musitano, cauto, determinato, all’antica. L’opposto dei due figli, Pasquale e Angelo, che ereditano le redini del clan nel 1995. Sono ambiziosi, non vogliono aspettare, ostentano, si sentono sicuri, irridono le autorità, rompono i rapporti storici e si alleano ai Rizzuto di Montreal, a loro volta intrappolati in una faida eterna con i rivali.
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Sono ancora gli specialisti della mala – come Antonio Nicaso e John Dubro - a indicare un momento critico. Tra maggio e luglio del 1997 sono eliminati due esponenti di Cosa Nostra, esecuzioni attribuite ai Musitano. I fratelli finiscono in prigione dopo aver patteggiato: ammettono solo la complicità nel secondo attacco. Formula legale con la quale passano una decina di anni in prigione. Non poco, ma neppure un’eternità. Hanno ancora tempo a loro disposizione. O credono di averlo.
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Quando tornano in libertà, nel 2007, trovano un mondo nuovo, con equilibri di forza saltati. I loro partner, i Rizzuto, sono ormai sulla difensiva, le vittime della guerra sono tante, altre ne cadono a Montreal e all’estero. Per Musitano sarebbe stato meglio immergersi, stare basso, scomparire. Scelta complicata se non ti piace l’ombra ed hai affari da gestire. Dunque accetta la sfida, resta con gli occhi aperti, è consapevole delle voci che girano.
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Il maggio del 2017 uccidono Angelo, poi provano con Pat che resta ferito in un’imboscata sempre in un parking. Mentre tutti si interrogano delle sue condizioni – ricorda ancora la bella ricostruzione del National Post – lui si preoccupa di come sarà il cibo in ospedale. Reazione sfrontata, da chi è abituato alle pallottole. Forse solo una sbruffonata di un padrino che duella con i nemici (troppi) e il Destino. Inesorabile. Alle 13 di venerdì lo «terminano» nel grande spiazzo di un centro commerciale a Burlington, vicino ad Hamilton. Chissà cosa lo ha convinto a rompere le regole di sicurezza. Le foto mostrano il corpo sotto il lenzuolo bianco, il Suv corazzato e sullo sfondo l’insegna rossa di un locale cinese, Good Fortune. Offriva buffet a prezzi scontati, ma è chiuso. Per sempre.
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