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    TIBET ROSSO SANGUE: UCCISO IN CINA IL MONACO CHE FONDO’ IL PRIMO MONASTERO IN OCCIDENTE - TENSIONE SEMPRE ALTISSIMA…


     
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    Ilaria Maria Sala per La Stampa

    Ucciso a coltellate Coje Akong Rinpoche, monaco tibetano rispettato sia in Cina che fra la comunità in esilio, fondatore del primo tempio e monastero tibetano all'estero - il Kagyu Samye Ling, eretto in Scozia nel 1967. Il delitto è avvenuto la mattina di martedì a Chengdu, nella Cina del sud-ovest, e sono stati ritrovati uccisi, insieme al Rinpoche (termine con cui si indicano i leader spirituali più rispettati del buddhismo tibetano) , anche il suo autista e suo nipote.

    Chengdu, la principale città cinese ai piedi dell'altipiano tibetano, ospita un'importante comunità tibetana, ma ha anche un crescente problema di criminalità, sia nei quartieri cinesi che tibetani.

    CHOJE AKONG RINPOCHECHOJE AKONG RINPOCHE

    Il Rinpoche, di 73 anni, era una rara figura tibetana, in quanto era riuscito sia a mantenere il rispetto e la venerazione della comunità tibetana in esilio, sia a riallacciare contatti con la Cina, pur essendo scappato dall'altipiano tibetano nel 1959, in seguito all'invasione cinese che portò alla fuga anche del Dalai Lama, il capo spirituale tibetano.

    Akong Rinpoche era però riuscito a convincere le autorità cinesi ad accettare il lavoro suo e della sua Ong ROKPA International, che si occupa di portare cliniche ospedaliere e scuole nelle aree tibetane più povere. Il ruolo di Akong Rinpoche, inoltre, era stato particolarmente significativo nel 1992, quando fu messo alla guida del gruppo di prelati incaricati di identificare la reincarnazione del Diciassettesimo Karmapa Lama, una delle tre più importanti figure della gerarchia spirituale tibetana, insieme al Panchen Lama e, naturalmente, al Dalai Lama.

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    Akong identificò dunque Apo Gaga, un ragazzino che all'epoca aveva sette anni e faceva parte di una famiglia nomade. Divenuto Urgyen Trinley Dorje, il Karmapa rimase in accordo con Pechino per nove anni, per scappare poi verso l'India, dove risiede tutt'ora. All'epoca, il Karmapa aveva detto di essere fuggito alla ricerca "del suo cappello" (un copricapo nero che era stato trasportato in India quando il Dalai Lama era scappato da Lhasa), e in seguito vennero a galla le tensioni fra lui e Pechino. Oggi, il Karmapa è visto come uno dei più probabili successori del Dalai Lama.

    Non è chiaro quale sia stata la causa dell'assassinio: le autorità cinesi hanno solo confermato il decesso, e annunciato che una perizia è in corso. Secondo quanto trapelato in modo non ufficiale fin'ora, però, si potrebbe trattare di un litigio per cause di danaro, e gli accoltellatori sarebbero tre tibetani. Non si sa dunque se ci siano motivi politici dietro l'uccisione, che ha causato sgomento tanto a Dharamsala che in Cina, nella diaspora tibetana e fra molti studiosi.

    A parte questo tragico assassinio, però, questi continuano ad essere tempi duri in Tibet: proprio oggi, alcune organizzazioni di tibetani in esilio hanno dichiarato che la polizia cinese avrebbe sparato sulla folla a Driru, nel Tibet orientale, e ferito almeno 60 persone, dopo una manifestazione che chiedeva la liberazione di Dorje Draktsel, un uomo arrestato per essersi rifiutato di far sventolare la bandiera cinese da casa sua il giorno nazionale, il 1 ottobre scorso, e che aveva incoraggiato altri a fare altrettanto.

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    Per quanto l'incidente non sia stato confermato dalle autorità cinesi, si tratta solo dell'ultimo caso in cui si diffondono simili notizie, testimoni di un perdurare dell'estrema tensione sull'altipiano negli ultimi cinque anni, da quando cioè scoppiarono le rivolte anti-cinesi precedenti ai Giochi Olimpici di Pechino del 2008.

     

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