Luigi Grassia per “La Stampa”
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A prescindere dal Covid, il 2022 si annuncia come un anno complicato. Uno studio della Confcommercio valuta in 11 miliardi di euro i costi extra che durante i dodici mesi dovranno subire i consumatori in Italia per i rincari delle bollette di luce e gas; questa singola voce raggiungerà il 6,4% delle spese totali delle famiglie e sottrarrà spazio a tutti gli altri consumi, rallentando la ripresa economica, senza contare il salasso (aggiuntivo rispetto agli 11 miliardi citati) che riguarderà le imprese e ne peggiorerà i bilanci, costringendone alcune a interrompere o addirittura a cessare l'attività, con ulteriore danno per la ripresa dell’economia.
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Nonostante la stretta nelle forniture di metano dalla Russia, dovuta anche al blocco del gasdotto Yamal, ieri il prezzo del gas importato in Italia attraverso le contrattazioni sul mercato giornaliero è calato a 176 euro per MegaWatt/ora, grazie al provvidenziale arrivo di navi cargo con gas naturale liquefatto provenienti dagli Stati Uniti; ma il prezzo di 176 resta vicino al massimo storico di 187 euro per MWh toccato qualche giorno fa (indice Ttf olandese che fa da riferimento in Europa); e un altro rapporto, stilato da Confindustria, calcola che il prezzo del metano in Italia al 20 dicembre corrispondeva a un esorbitante +850% (e non è un refuso, è proprio +850%) rispetto alla stessa data del 2020.
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Di fronte a questa crisi tiene banco la controversa proposta del ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, di raddoppiare la produzione italiana di metano per risparmiare sulle importazioni e contrastare il caro-bollette.
Ieri c'è stata una levata di scudi delle associazioni ambientaliste: secondo Greenpeace, Legambiente e Wwf, pensare di risolvere il problema attraverso una maggiore estrazione di gas fossile nazionale «è insensato» e distrae dall'obiettivo dello sviluppo delle fonti rinnovabili.
CINGOLANI
Gli ecologisti sostengono inoltre che la proposta di Cingolani è a breve termine, perché «al ritmo attuale di estrazione, nell'arco di 10 anni l'Italia avrà comunque esaurito le riserve certe al momento conosciute».
Invece Greenpeace, Legambiente e Wwf dicono che per ridurre il costo dell'elettricità e del metano «bisogna eliminare tutti gli oneri di sistema impropri che gravano sulle bollette elettriche, e accelerare la transizione energatica investendo davvero nelle fonti rinnovabili».
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I tecnici dell'estrazione di gas sostengono invece che la proposta del ministro Cingolani sia da prendere in considerazione, ma avvertono: una volta presa la decisione bisognerebbe farla seguire a cascata da comportamenti coerenti da parte di tutte le pubbliche amministrazioni statali e regionali, per agevolare l'iter delle autorizzazioni, altrimenti non si riuscirebbe a realizzare niente.
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Il responsabile di una grande impresa del settore, sentito da La Stampa, fa questi calcoli: «L'Italia dispone di riserve di gas naturale accertate pari a 92 miliardi di metri cubi. Ce ne sono poi altre stimate, che fanno salire il totale a 150 o 200 miliardi. Il costo di estrazione è attorno ai 30 centesimi al metro cubo, metre il gas importato nei giorni scorsi ha sfiorato i 2 euro.
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Fino a una decina d'anni fa si trivellavano nuovi pozzi ogni anno, mentre da un decennio è tutto fermo. Si sa che sotto ai fondali dell'Alto Adriatico c'è un giacimento con almeno 30 o 40 miliardi di metri cubi, non ci sarebbe neanche bisogno di cercarlo, ma lì è vietato estrarre il gas, perché si dice che possa provocare fenomeni di subsidenza a Venezia. Io non ci credo, ma intanto i croati estraggono il metano da quello stesso giacimento».
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Quanto tempo ci vorrebbe a fare quello che suggerisce Cingolani? Un altro tecnico delle trivellazioni fa questi calcoli: «Nei mari italiani, soprattutto l'Adriatico, sono operative circa 100 piattaforme. La loro capacità produttiva si riduce gradualmente, a meno che non ricevano una periodica manutenzione che rivitalizzi l’estrazione.
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Ma da anni non si investe più in queste operazioni, ci si è rassegnati a produrre sempre meno metano in Italia per importarlo a costo molto superiore». Quanto tempo ci vorrebbe per rivitalizzare queste piattaforme? Basta girare una manopola? L'interlocutore risponde di no: «Ci vorrebbero circa sei mesi. Invece per esplorare nuovi giacimenti e approntare nuove piattaforme, come si faceva una volta, servirebbero dai 18 ai 24 mesi».