Monica Serra per www.lastampa.it
pedofilia
Su whatsapp era la “cattivissima Giulia”, un'amichetta immaginaria che col passare del tempo era diventata malvagia. Nella vita reale solo un vicino di casa di 48 anni con disturbi psichici che dal 2015 al 2018 ha costretto tre bambine undicenni a subire ogni tipo di violenza. Oggi il Tribunale di Lodi lo ha condannato a 19 anni di carcere, anche più dei 17 chiesti dal pm Alessia Menegazzo.
E a pagare una provvisionale, immediatamente esecutiva, di 100 mila euro per una famiglia che si è costituita parte civile nel processo. Le accuse contestate dalla procura di Milano sono quelle di violenza sessuale, corruzione di minore, sostituzione di persona e produzione e detenzione di materiale pedopornografico. Su WhatsApp (come Giulia), il 48enne distribuiva istruzioni, imponeva comportamenti, diceva che la «maga ha fatto la magia nera e non bisogna farla arrabbiare». E il primo ad essere sottomesso a quella maga diceva di essere lui.
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Così imponeva alle tre bambine di andare a casa sua, di fotografarsi e di riprendersi, davanti a lui e insieme a lui, di sottoporsi a riti di purificazione con latte o creme, di tornare quotidianamente in quell'appartamento in cui viveva con gli anziani genitori per subire le violenze.
Alla fine del 2018 il muro di silenzio si è rotto quando, su un profilo Instagram, il 48enne ha pubblicato un'immagine, che ritraeva una delle tre vittime in «una posa erotizzante», dicendo che lo faceva in esecuzione di un ordine di «Giulia». Una compagna di classe della ragazza l'ha riconosciuta e ha avvisato un’insegnante, che è riuscita a farsi raccontare dalla vittima gli abusi subiti nei tre anni precedenti.