MARCO IMARISIO per il Corriere della Sera
grillo sansa
Era una sfida dall'esito così incerto che il suo staff aveva preparato da giorni l'imboscata con i coriandoli arancioni all'uscita dell'hotel Bristol e la replica, anche con palloncini dello stesso colore, all'arrivo in piazza De Ferrari.
E persino le magliette con la scritta Toti numero 1, in tinta con il resto. Eppure, in pochi si aspettavano un risultato personale così importante. E così si compie un paradosso nella parabola politica del vecchio-nuovo presidente della Liguria.
Quella ribalta nazionale a lungo cercata nell'estate del 2019 con l'uscita da Forza Italia, la fondazione di un suo nuovo partito personale e l'aspirazione neppure tanto segreta di diventare ministro di un esecutivo a trazione salviniana, che venne negata dal Papeete del suo amico leghista, adesso potrebbe arrivargli proprio dal consenso locale che a un certo punto sembrava andargli stretto.
giovanni toti con gli occhiali arancioni
Da una posizione di forza sul territorio che almeno qui non ha precedenti. Quando la nascita dell'attuale governo gli ha sbarrato la strada di una avventura nazionale, Giovanni Toti è stato veloce a capire che doveva crearsi una identità propria, diversa da quella di Salvini, che per qualche anno aveva imitato negli accenti sovranisti e nelle foto con pietanze di qualunque genere.
La scelta di tornare a vestire panni moderati più consoni alla sua indole, di cercare di essere se stesso, con un tratto più istituzionale, si è rivelata importante quasi quanto la buona gestione dell'emergenza seguita al crollo del ponte Morandi. Fu un compito improbo, quello, e l'attuale presidente ne fu all'altezza, pressando un governo all'epoca incerto, facendo da pungolo per il riscatto di una città e di una regione ferita da quella tragedia.
ferruccio sansa
Piaccia o non piaccia, propaganda o meno, ma il trenta per cento preso dalla lista con il suo nome alla Certosa, il quartiere più colpito da quel disastro ma anche la zona più rossa in senso politico del rosso ponente genovese, dove fino a pochi anni fa i candidati del centrodestra venivano accolti da pomodori e ortaggi assortiti, vale come un riconoscimento. Ferruccio Sansa non ha nulla da rimproverarsi. La sua campagna elettorale è stata piena di dignità e buone intenzioni. A vederlo, in giro su un furgone per i bricchi della Liguria, comunicava però una sensazione di solitudine.
C'era gente che non sapeva chi fosse, che non lo conosceva. Non c'erano cartelloni elettorali con il suo volto, non c'era martellamento sui social. L'aiuto economico promesso da Partito democratico e Cinque Stelle, la presunta grande alleanza, è arrivato soltanto dopo che era scattata la par condicio, rendendone impossibile l'utilizzo. Non è così che si gestisce un candidato unitario e il debutto di un esperimento politico. Senza crederci fino in fondo, una cosa a metà.
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Per questo, dati cause e pretesto, il risultato di Sansa è al di sopra delle aspettative, confermato anche dal buon andamento della lista personale, un 8 per cento discreto, per quanto lontano dall'apoteosi totiana. È proprio nei locali del Circolo dell'Autorità portuale, uno dei luoghi storici della sinistra genovese, scelto da Sansa per le dichiarazioni dopo il voto, che si sentono le migliori analisi della vittoria di Toti, fatte da parte degli alleati democratici e pentastellati, questi ultimi presenti alla spicciolata.
«Se cinque anni fa avevamo perso noi, questa volta ha vinto lui» spiega Alessandro Terrile, nome importante del Pd locale, fedelissimo di Andrea Orlando. «La disgrazia del ponte gli ha dato una posizione mediatica inattaccabile» ragiona Mario Tullo, ex parlamentare, area Pci vecchia maniera. Almeno loro due sono qui, e ci hanno messo la faccia su questa alleanza posticcia e frettolosa.
andrea orlando
Nelle chat del Pd arrivano numerosi gli «io l'avevo detto» dei democratici di matrice riformista che hanno remato contro Sansa, anche se il voto disgiunto è stato dello 0,4%, a testimonianza di un loro bacino elettorale limitato ormai ai parenti stretti. Ma la posizione di forza e l'enorme visibilità dalla quale partiva Toti sono destinate a essere ben presto utilizzate come alibi per gli sconfitti.
Così non ci si dovrà interrogare sul perché la candidatura sia stata decisa in pratica a settembre, sui rapporti tra territorio e Roma, sull'incapacità di costruire alcun percorso politico in cinque anni, e infine sulla natura di questa alleanza. Il trionfo di Toti libera tutti. Anche i suoi avversari.
zingaretti di maio