Luigi Guelpa per "il Giornale"
lukashenko
Un anno fa come oggi Aleksander Lukashenko si autoproclamava presidente della Bielorussia, malgrado il mancato riconoscimento delle istituzioni internazionali e le proteste. Il 9 agosto del 2020 festeggiava un trionfo costruito su evidenti e grossolani brogli elettorali. Quel giorno apparve in tv per chiosare di aver ottenuto l'80% delle preferenze, mentre gli osservatori internazionali presenti a Minsk riuscirono a provare che la leader dell'opposizione, Svetlana Tikhanovskaya aveva conquistato addirittura 85 dei 126 seggi, con oltre il 70% delle preferenze.
fiori sul filo spinato in bielorussia
Nell'ultimo anno in Bielorussia è accaduto davvero di tutto, tra arresti di oppositori e giornalisti, aerei dirottati, rappresentanti delle opposizioni costretti all'esilio o addirittura «suicidati», e organizzazioni umanitarie smantellate. Lukashenko ha usato il pugno di ferro, vantando l'appoggio di Mosca che non sembra essere più solido come un tempo. La repressione contro l'opposizione e la libertà di stampa va avanti a ritmo serrato, in risposta alle enormi proteste contro l'autoritarismo e i brogli elettorali.
polizia bielorussia
Secondo le Nazioni Unite, da agosto 2020 a oggi in Bielorussia sono state arrestate per ragioni futili legate alle proteste più di 35 mila persone. Molte delle quali potrebbero essere finite nel campo di prigionia per dissidenti politici di recente costruzione, a circa un'ora di macchina da Minsk, vicino all'insediamento di Novokolosovo, immortalato dalle immagini della Cnn. Senza contare che la nuova ondata di detenzioni cominciata a luglio è particolarmente grave perché ha riguardato una sessantina di Ong note e rispettate.
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C'era molta attesa in una nuova mossa della Tikhanovskaya, ma è ormai da quasi un anno in esilio all'estero, e la sua capacità di esercitare influenza sul Paese si sta affievolendo. Nelle ultime settimane la leader dell'opposizione, che ora vive in Lituania, è stata negli Usa, dove ha incontrato membri del Congresso e il segretario di Stato Blinken. Ha ottenuto numerose dichiarazioni di sostegno e appoggio, ma nessuna misura concreta. Sperava di convincere Biden (che non l'ha ricevuta) a imporre contro Lukashenko sanzioni ancora più dure di quelle già imposte, e fare in modo che il Fondo monetario internazionale posticipasse un pagamento previsto alla Bielorussia di un miliardo di dollari.
LA BIELORUSSA Krystsina Tsimanouskaya
Per ora nessuno di questi obiettivi è riuscito. Anche Vitaly Shyshou, a capo della Ong Belarusian House in Ukraine, aveva tentato di allestire una nuova macchina che organizzasse proteste di piazza in occasione dell'anniversario delle elezioni-farsa, ma il 2 agosto è morto impiccato. Gli osservatori internazionali non hanno dubbi e ritengono che Shyshou sia stato eliminato dai sicari del regime. Gli stessi che avrebbero voluto sbattere in cella o in un ospedale psichiatrico la sprinter Krystsina Tsimanouskaya, che da Tokyo ha ottenuto un visto umanitario dalla Polonia per lasciare il suo Paese e continuare la carriera senza il rischio di subire ritorsioni.
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Lukashenko del resto non si ferma di fronte a nulla. Lo si è compreso perfettamente a maggio, quando ha ordinato ai caccia di intercettare un aereo della Ryanair che volava da Atene a Vilnius, per costringerlo a un atterraggio di emergenza all'aeroporto di Minsk e arrestare l'attivista dell'opposizione Roman Protasevich che si trovava a bordo. Ufficialmente non sono previste per oggi manifestazioni di piazza. Domenica si sono mossi con striscioni e cortei solo i dissidenti che vivono a Vilnius e a Varsavia.
bielorussia, proteste per la rielezione di lukashenko 14
Radio Svaboda, l'ultima voce libera del Paese, annuncia però che qualcosa potrebbe accadere sul confine con la Lituania, dalle parti di Rudninkai. Da alcune settimana infatti Lukashenko risponde alle sanzioni volute da Bruxelles usando i migranti come arma impropria. Il governo bielorusso si sta impegnando attivamente per portare migranti, via aria, direttamente sul suolo nazionale, indirizzandoli poi verso la Lituania. Rudninkai, ormai trasformata in una Calais dell'est, potrebbe diventare l'epicentro delle odierne proteste anti-regime.
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