Gigi Garanzini per “La Stampa”
italia 1982
Che l'11 luglio sia il DDay della storia del nostro calcio è fuori discussione. Lo era dal 1982, quando l'Italia con tutto il rispetto per le edizioni 1934, '38 e poi 2006, vinse il più trionfale dei suoi titoli mondiali. Lo è maggior ragione da un anno stasera, dopo che la Nazionale di Mancini si è aggiudicata l'Europeo a 53 anni di distanza da quello vinto all'Olimpico romano.
E allora perché se la notte magica dell'82 continua a meritare il più millesimato dei brindisi alla memoria, quella del '21 vale una bollicina di routine? Sapendo in partenza di dover fare i conti con un retrogusto amaro?
Semplice. È la differenza che passa, per l'appunto, tra un Mondiale e un Europeo.
Nell'83 l'Italia di Bearzot, che aveva appena stupito il mondo, non riuscì a qualificarsi per l'Europeo francese dell'anno successivo. Pareggiò le prime due partite in casa, poi perse in Romania, in Cecoslovacchia e due volte dalla Svezia.
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Che non erano nemmeno allora delle grandi potenze: ma nel panorama internazionale erano pur sempre avversari rispettabili, motivati per di più dall'incrocio con i freschi campioni del mondo. Ripresero fiato le critiche a Bearzot, dopo l'apnea seguita ai trionfi del Sarrià e del Bernabeu.
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Il Vecio stesso cominciò a pensare che la gratitudine per i suoi ragazzi era stata cattiva consigliera, e sarebbe forse stato meglio andarsene in gloria. Ma per tornare alla differenza, allora si passò da una vittoria al Mondiale ad una mancata qualificazione europea. Che prevedeva un girone finale a otto squadre. Stavolta da una vittoria all'Europeo alla mancata qualificazione a un Mondiale, la cui fase finale di squadre ne prevede non otto ma quarantotto. Ed è la seconda consecutiva, dopo quella del '17: decisa da una sconfitta in casa contro la Macedonia del nord. Sicché alla sostanza si è aggiunto il modo, che ancor ne offende.
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Tutto questo nulla toglie all'impresa di Wembley e dintorni. L'Italia di Mancini partì incantando e arrivò col fiatone. Ma si meritò in pieno quel trofeo, perché una volta smarrita la brillantezza iniziale seppe soffrire. Illudendoci che il lungo periodo buio del nostro calcio fosse alle spalle, e dandoci appuntamento in Qatar dove stupire ancora. Per questo la prospettiva di un mese intero a veder giocare gli altri è ai confini dell'insopportabile.
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