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    L'UOMO CHE VOLLE FARSI MUMMIA - UN ANZIANO DELLA TRIBÙ DEGLI ANGA, IN NUOVA GUINEA, HA VOLUTO ESSERE MUMMIFICATO DOPO LA MORTE SECONDO UN ANTICO RITUALE - IL CADAVERE VIENE MESSO A SEDERE SU UNA SEDIA E AFFUMICATO PER TRE MESI SU UN FUOCO SEMPRE ACCESO - QUANDO IL CORPO SI GONFIA, ECCO COSA SUCCEDE (TUTTE LE FOTO)


     
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    Da http://www.nationalgeographic.it

     

    uomo mummificato in nuova guinea 9 uomo mummificato in nuova guinea 9

    Quando nel 2003, la fotografa Ulla Lohmann visitò per la prima volta la tribù degli Anga, in Papua Nuova Guinea, gli anziani le dissero chiaro e tondo che la sua presenza non era gradita, e che doveva andarsene. La ragione per cui gli Anga non gradiscono i visitatori era la stessa per cui Lohmann voleva fotografarli: sono tra i pochi popoli che ancora oggi mummificano i propri defunti. E dopo averli mummificati, li dispongono su una sporgenza rocciosa nei pressi del loro villaggio, come se i morti potessero guardarli e proteggerli da lassù.

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    Lohmann però non si è arresa: ha continuato ad andare a trovare la tribù e a spiegare che voleva capire il modo di vivere dei suoi membri e il loro rapporto con la morte. Finalmente, durante una di queste visite, un anziano di nome Gemtasu le confidò che, dopo morto, avrebbe voluto essere mummificato ed essere messo a sedere accanto alla mummia di suo padre.

     

    Un tempo la pratica della mummificazione era diffusa in Papua Nuova Guinea e in altre isole del Pacifico meridionale. Ma dopo l'arrivo dei missionari cristiani e delle amministrazioni inglese e australiana, nel XX secolo la pratica venne bandita per ragioni sia religiose che igieniche.

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    Ciononostante Gemtasu, pur non sapendo esattamente la sua età ma sentendo che la fine era vicina, voleva tenere viva questa tradizione. Essere mummificato significava per lui continuare a proteggere la sua famiglia. Convinse suo figlio, riluttante all'idea, e gli mostrò come procedere usando un maiale e facendosi aiutare dagli antropologi Ronald Beckett e Andrew Nelson, che avevano studiato la pratica.

     

    Gemtasu inoltre chiese a Lohmann di fotografare la sua mummificazione e raccontare la sua storia. Quando, nel 2015, Gemtasu morì, la fotografa mantenne la promessa e tornò in Papua Nuova Guinea.

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    Gli Anga, una tribù di circa 45.000 persone, hanno un metodo di mummificazione molto diverso da quello degli antichi Egizi, che svuotavano il corpo dall'interno e lo avvolgevano nel tessuto. Gli Anga invece mettono il morto seduto, e lo sottopongono a tre mesi di affumicazione su un fuoco sempre acceso che contribuisce a conservare il cadavere in un clima tropicale che lo farebbe decomporre in fretta. Quando il corpo si gonfia, viene bucato con stecchini di legno per far defluire i liquidi; dopodiché viene allargata con un bastoncino l'apertura anale per consentire la fuoriuscita degli organi.

     

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    I mummificatori devono rimanere con il corpo durante l'intero procedimento, e nessuna parte del cadavere - liquidi, intestino o il corpo stesso - deve mai toccare terra: è considerato tabù e cattivo auspicio. La cosa più importante è mantenere il volto del morto intatto. In una cultura che non conosce la fotografia, l'unico modo per conservare l'immagine del defunto è vedere il suo volto rendendolo immortale.

     

    "Gli Anga credono che gli spiriti vaghino durante il giorno e ritornino ai loro corpi mummificati di notte", spiega la fotografa. "Senza vedere il volto, lo spirito non può ritrovare il corpo ed è condannato a vagare per l'eternità".

     

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    Alla mummificazione di Gematsu parteciparono sette uomini, tra cui suo nipote. Iniziarono il rituale cospargendosi il viso di argilla bianca, in segno di lutto. Non potevano bere acqua, solo succo di canna estratto dal bambù, e non potevano mangiare nulla che non fosse cucinato sul fuoco che affumicava il morto. Quando la sua pelle bruciò, ne grattarono via lo strato superficiale.

     

    Nel corso delle settimane, Lohmann vide il corpo gonfiarsi, annerire e infine indurirsi. I sette uomini addetti alla mummificazione si spalmavano addosso i liquidi che fluivano dal corpo di Gemtasu al fine di conservarne lo spirito. Le regole prevedevano che agli uomini non fosse consentito né lavarsi né allontanarsi durante tutto il periodo della mummificazione.

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    Nelle civiltà che seguono la pratica della mummificazione, lo scopo è quello di cercare la vita eterna o perlomeno di prolungare la presenza fisica di coloro che sono defunti. Nel caso degli Anga, lo stadio finale prevede il trasporto della mummia su una parete rocciosa affacciata sul villaggio, dove i defunti recenti possano unirsi a morti più vecchi che si vanno lentamente decomponendo. I loro scheletri servono a prolungare in eterno il ricordo di coloro che un tempo erano vivi. Poco dopo la morte di Gemtasu, suo figlio ha fatto battezzare il suo bambino.

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