Francesco Battistini per il "Corriere della Sera"
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Si sa che gli uomini producono il male e le api producono il miele. Nei Balcani si va oltre: noi ci distruggiamo nelle nostre guerre, loro ricostruiscono i nostri dopoguerra. E in qualche modo si rendono utilissime, ronzando su vecchi campi minati e scoprendo gli ordigni ancora nascosti sottoterra. L'intuizione è dei ricercatori bosniaci dell'università di Banja Luka, e già funziona: le api, se ben addestrate, hanno un talento particolare nell'individuare tracce d'esplosivo. E rischiano meno dei cani anti-bomba, che spesso muoiono nelle esplosioni. E sono meglio dei ratti-eroi usati in Africa, buoni a fiutare tanto i batteri della tbc quanto le polveri del tnt. E al posto dell'uomo, possono posarsi dov' è pericoloso avventurarsi.
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A Banja Luka, gli scienziati hanno lavorato su algoritmi e simulazioni, ricorrendo a insetti bionici. Poi hanno creato alveari speciali, con api vere, insegnando loro ad associare l'«odore» del tritolo a soluzioni zuccherine: accade così che sul terreno, appena l'insetto rileva la presenza dell'esplosivo, vada senza troppi rischi a ronzarvi sopra nella speranza di trovare cibo. Operaie del cielo, operatrici di pace. Non è facile stare dietro alle api, naturalmente. Un po' come immaginava un romanzo anni 70 di Pierre Boulle, «Le orecchie della giungla», alla natura ci s'è dovuti adeguare con la tecnologia: se là c'erano sensori, a infarcire piante tropicali per spiare i movimenti del nemico vietcong, in Bosnia e in Croazia s' è ricorsi ai droni, per pedinare gli sciami e scovare le mine.
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Un sistema integrato di velivoli senza pilota, capaci a loro volta di stare assieme agli insetti e di trasmettere le immagini e i dati dai luoghi individuati. «Perfetto per ridurre la ricerca manuale», dicono a Banja Luka: evita agli sminatori passi di troppo su terreni infidi e, insieme, permette di superare la pratica dei tradizionali metal detector, che tanti problemi ha sempre dato. Il modo migliore per azzerare i pericoli delle mine sarebbe bandirle. Nei Balcani ce ne sono almeno 150mila da dissotterrare, lascito dei massacri degli anni 90, in aree estese fino a 50mila metri quadri, talvolta nemmeno segnalate: nei boschi, sulle montagne, a ridosso dei centri abitati. Dalla fine delle tre grandi guerre balcaniche, le mine hanno fatto più di 700 morti e quasi 5.000 feriti: negli ospedali arrivano tutt' ora a decine i bambini che in tempo di pace rimangono senza gambe o senza braccia.
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Fra i dieci grandi esportatori di armi, l'Italia è stata a lungo leader nella produzione d'ordigni anticarro e antiuomo: ora, altri Paesi ci superano. Ma su scenari di guerra come lo Yemen s' utilizzano mine anche europee che fanno, ancora, qualcosa come 300 vittime l'anno. Certo, basterebbe non fabbricarle prima, per non doverle togliere dopo. Ma quando ronzano certi pensieri così semplici, chissà perché, li cacciamo via come fastidiose api.
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