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    UN BARCONE CON A BORDO 47 MIGRANTI, CHE SI TROVAVA ALLA DERIVA NELLE ACQUE LIBICHE E PER IL QUALE ERA STATO LANCIATO DA ORE UN ALLARME DA PARTE DELLA ONG ALARM PHONE, SI SAREBBE RIBALTATO. AD AFFERMARLO SONO LE ONG “MEDITERRANEA SAVING HUMANS” E “ALARM PHONE”: “MOLTE DELLE 47 PERSONE A BORDO RISULTANO DISPERSE. DECINE DI PERSONE DI QUESTA BARCA SONO ANNEGATE” – LE DUE ONG SI SCONTRANO SUL RUOLO DELL'ITALIA...


     
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    Da www.corriere.it

     

    MIGRANTI - BARCONE ALLA DERIVA IN LIBIA MIGRANTI - BARCONE ALLA DERIVA IN LIBIA

    Un barcone con a bordo 47 migranti che si trovava alla deriva nelle acque libiche e per il quale era stato lanciato da ore un allarme da parte della Ong Alarm Phone si sarebbe ribaltato. Ad affermarlo sono le Ong Mediterranea Saving Humans e Alarm Phone. «Molte delle 47 persone a bordo risultano disperse», secondo la prima organizzazione. Alarm Phone scrive che «secondo diverse fonti, decine di persone di questa barca sono annegate».

     

    Mediterranea prosegue affermando che «le autorità Italiane da ieri avevano dato istruzioni alle navi mercantili presenti in zona, assumendo coordinamento Sar. Ma i mercantili si sono limitati a osservare per 24 ore. Non risultano mobilitate le navi militari operative nell’area per Eunavformed e Irini».

     

    Alarm Phone accusa invece l’Italia: «Dalle 2.28 dell’11 marzo, le autorità erano informate dell’urgenza e della situazione di pericolo. Le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandole morire».

     

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    «Il barchino avvistato ieri dal nostro aereo Seabird non è stato soccorso in tempo», scrive Sea Watch. «Ancora un'omissione di soccorso. Ancora tragedie». La scorsa notte, secondo Alarm Phone (Ong creata da un’ampia rete di attivisti per allertare i soccorsi in mare), erano stati «persi i contatti» con l’imbarcazione. L’associazione parlava di «condizioni meteo avverse» e di «situazione di pericolo».

     

    «Il tempo sta per scadere per salvare circa 50 persone a bordo di questa barca che va alla deriva tra le onde alte», aveva scritto poche ore prima del naufragio Sea Watch International. «Un mercantile nelle vicinanze non è attrezzato per i soccorsi ed è stato ordinato dalle autorità italiane di attendere la Guardia costiera libica, ma non vengono.

     

    Dopo aver chiamato il centro di soccorso libico, hanno confermato che non avrebbero inviato una nave. Quando raggiungiamo di nuovo il centro nazionale di coordinamento di soccorso (Mrcc) italiano con la domanda su chi assumerà il coordinamento e la responsabilità delle persone, l’ufficiale responsabile riattacca. Le persone devono essere salvate ora prima che altre persone muoiano cercando di mettersi in salvo».

     

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    Nell’area del barcone erano presenti il tanker Basilis L, il mercantile Atlantic North e il mercantile Kinling. Un filmato di Sea Watch, pubblicato dal giornalista Sergio Scandura di Radio Radicale, inquadra il barcone in fortissime difficoltà, e i mercantili che tentano di fargli scudo dalle onde ma non in grado di intervenire.

     

    Il nuovo naufragio arriva pochi giorni dopo quanto avvenuto Cutro, in Calabria, dove un barone con oltre 200 migranti a bordo ha fatto naufragio, urtando contro una secca: i morti accertati, al momento, sono 79.

     

    Le polemiche seguite a quel naufragio sono state particolarmente forti: nessuno «abbinò» il «mayday» lanciato via radio nel mar Jonio alla segnalazione di Frontex; le navi della Guardia di Finanza uscirono per quella che sembrava essere una operazione di polizia, tornarono in porto per le condizioni avverse, e la Guardia Costiera — non è ancora chiaro se d'accordo con la Guardia di Finanza, o all'opposto ignorando una richiesta della GdF — non si attivò.

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