Francesco Alberti per il "Corriere della Sera"
SCULACCIATAForse non aveva a portata di mano il numero di Telefono Azzurro. O forse, a forza di vedere in tv le fiction sui carabinieri, aveva deciso che i militi della gloriosa Arma, «usi obbedir tacendo», calzavano alla perfezione al caso suo. Chissà quante volte sul web si era imbattuto in storie di bambini maltrattati in famiglia. C'erano anche i numeri di telefono, ricordava, quelli gratuiti a cui chiedere aiuto.
E allora via, senza alcuna esitazione, alla faccia dei suoi 9 anni. «Aiuto, mia mamma mi picchia e mi maltratta, venite subito, vi prego!». La voce, piagnucolante al punto giusto e impastata di disperazione, fa subito scattare l'allarme all'altro capo del filo: non un posto qualsiasi, ma il reparto operativo della compagnia dei carabinieri di Novafeltria.
È infatti dal paese dell'Alta Valmarecchia, 7 mila anime passate qualche anno fa con referendum sotto l'ombrello della provincia di Rimini, che il ragazzino di 9 anni chiama. «Venite, venite, mi picchia...». E via a fornire, lucido e puntuale, nome, cognome, indirizzo.
Il carabiniere di turno non ha esitazioni. Scatta come una molla. Avverte i superiori. Assolutamente credibile il tono e la denuncia del bambino. A nessuno passa per la testa che potrebbe essere tutta una messinscena. E che all'altro capo del telefono non c'è un bimbo piegato su se stesso dalla violenza di un genitore, ma una sorta di Gianburrasca in versione romagnola, intraprendente quanto discolo, e per di più animato da un'inaspettata e precoce consapevolezza dei propri diritti e di come farli rispettare: anche quando, come in questo caso, non ve ne sarebbe alcuna ragione. In un attimo la pattuglia dei carabinieri giunge a sirene spiegate nell'abitazione.
MAMMA RIMPROVERA IL FIGLIOLa madre, alla loro vista, cade dalle nuvole. I militari raccontano della telefonata, domandano, si guardano in giro, giustamente diffidenti, avendone viste di tutti i colori. Bastano pochi minuti per risolvere il mistero. «Sì - racconta la donna -, gli ho dato uno schiaffo. Sono due giorni che non va a scuola, ogni volta ne inventa una nuova, sì, ho perso la pazienza, ma non credevo che fosse così grave...». Non è dato sapere in quale angolo si sia rifugiato il piccolo Gianburrasca mentre la madre parlava con i carabinieri. Di sicuro non ha passato una buona serata. E oggi a scuola ci andrà. Gliel'ha ordinato l'Arma.