Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Mario Sconcerti
La differenza tra Tavecchio e Albertini è che uno rappresenta il vecchio e l’altro un nuovo che non sa descrivere. Nessuno dei due è un presidente, ma nessuno tra quelli che votano cerca un presidente. Cercano solo amici. Dentro questa differenza, Albertini dà ai ricchi, cioè ai professionisti, l’idea di poter comandare, di essere il presidente di un gruppo di manager messi da loro.
tavecchio
Tavecchio ha dato a questo progetto una forza che non avrebbe mai avuto senza la sua abitudine a essere uno stalker di se stesso. Albertini è un ex grande calciatore, viene dagli spogliatoi importanti, dà un’illusione di forza che non ha però dimostrato. Bisogna essere bravi per guidare la delegazione nazionale ai Mondiali e riuscire a non prendere uno schizzo di responsabilità. Un colpevole impunibile, ma anche un po’ impunito. Il Coni avrebbe una gran voglia di cambiare ma teme le leggi. Ognuno ha un ruolo che va rispettato.
Claudio Lotito
Ma temere le regole è come cercare un muro tra il giusto e il vero. Non possono essere gli avvocati a gestire una grande azienda, serve a volte l’arroganza di un capo, prendere atti dell’evidenza, costi quel che costi. È a questo punto che la corsa si ferma, fuori dalle predisposizioni alle gaffe di Tavecchio e al poco rumore di Albertini. Manca il prodotto, manca la forza, manca il progetto, mancano le idee che non siano quelle sui giovani. Si scambia il necessario per una novità, l’invenzione è avere due mani e due braccia.
andrea agnelli foto mezzelani gmt
È come se il progetto fosse la natura, non una svolta. E gli ultimi 20 anni avessero portato solo business invece che 100 società fallite. In poche parole non si va oltre un voto di scambio, votare per avere. Non è una novità e non sarebbe un grande scandalo, ne abbiamo viste molte di cose qui sotto le mura di Tannhauser.
Ma il calcio, quello dei grandi campioni, quello degli eroi, perfino quello dei commentatori televisivi, il calcio naturale e felice della propria incongruenza con la realtà, quel calcio sapiente e muscolare dov’è finito? Se questo è il calcio che vuole il calcio, se nessuno ha davvero voglia di mettere la sua fama in gioco, i veri sconfitti sono quelli che a calcio giocano e hanno giocato. Dovunque. Usano il calcio ma non danno niente.
demetrio albertini