DAGOREPORT
descalzi
L’indagine sul depistaggio dell’inchiesta sulle tangenti Eni in Nigeria è in pieno movimento. E nella casa del Cane a Sei zampe regna il marasma. Il sequestro di telefonini e computer degli uomini più vicini all’avv. Amara (il legale esterno dell’Eni) ha gettato scompiglio dentro e fuori l’azienda. E chissà perché tutti attendono i risultati delle elezioni del 4 marzo…
Pietro Amara
Il quesito che assilla i piani alti del grattacielo sul laghetto dell’Eur è: Descalzi sapeva dell’azione di depistaggio, partito dalla lontana Sicilia? Il diretto interessato ha smentito seccamente ogni coinvolgimento. Ma, guarda caso, le persone coinvolte fanno tutte parte del suo “inner circle”.
Stefano Cao ad di Saipem
Tra l’altro, il ca(o)sino è scoppiato proprio alla vigilia di importanti scelte dell’amministratore delegato, comunciate per tempo (a fine 2017) al suo “azionista di riferimento”; vale a dire, a Piercarlo Padoan. Al ministro dell’Economia, Descalzi aveva annunciato l’intenzione di costituire una “newco” nella quale far convergere le attività di luce e gas: e sferrare così un’offensiva concreta allo strapotere dell’Enel in queste utilities.
erdogan eni saipem
In più, aveva anche in animo qualche idea per Saipem. Da tempo, sia in pubblico e sia soprattutto in privato, Descalzi lamentava perplessità sull’operato di Stefano Cao al vertice della società. E non faceva mistero di sostituirlo a breve. Ora, però, l’inchiesta della magistratura sul depistaggio è tutto fermo; anche perché – si dice – potrebbe raggiungere proprio manager che lui avrebbe voluto nominare proprio al posto di Cao.
Postilla. Sul caso della nave Saipem 12000 bloccata dalle motovedette turche, l’insipienza dell’Eni tocca l’acme. In più d’una occasione, Erdogan aveva detto chiaramente a Descalzi ed si vertici dell’azienda che non avrebbe mai permesso lo sfruttamento dei giacimenti in quell’area del Mediterraneo. Quindi, perché quella nave è andata proprio da quelle parti? Ah saperlo…