Ilaria Ravarino per “il Messaggero”
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Prima regola: non guidare. Seconda regola: non guardarsi allo specchio. Terza regola, che vale per tutti tranne che per Sting: mai far partorire una mucca se si è appena preso un acido. È colorato e letteralmente stupefacente il provocatorio ma divertente documentario, da oggi su Netflix, Un buon trip: avventure psichedeliche, bizzarra cronaca delle disavventure di attori e musicisti alle prese - lo ammettono senza problemi - con droghe molto particolari: gli allucinogeni.
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TIGER KING
L'idea del film, che molti potrebbero non apprezzare, scritto e diretto da Donick Carey (tra gli autori de I Simpson), sarebbe nata nel 2009 mentre Carey, l'amico Ben Stiller e il produttore di Tiger King Fisher Stevens ammazzavano i tempi morti di un festival raccontandosi aneddoti sulle sostanze stupefacenti. «Da allora sono passati undici anni racconta Carey abbiamo contattato amici e conoscenti, ci hanno risposto tutti. Ma solo uno su dieci ha accettato di parlare».
SILICON VALLEY
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Prodotto per Netflix dalla Red Hour di Stiller, il film nonostante le dichiarazioni super partes di Carey - pende a favore di quella branca della psichiatria americana interessata ai presunti effetti terapeutici degli allucinogeni. Tanto che quasi tutti i venti intervistati (fra cui Charles Grob, psichiatra della Ucla, e Zach Leary, figlio dello psicologo e pioniere Timothy) non si pentono delle proprie esperienze: «Gli allucinogeni non salveranno il mondo riflette Sting ma è un inizio».
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Non più roba da hippy fuori di testa, ma strumento creativo nelle mani dei manager della Silicon Valley (Steve Jobs è tra i primi citati nel documentario), l'Lsd viene raccontato nel film attraverso filmati di repertorio e parodie di pubblicità progresso Anni Ottanta, mettendo in scena la distanza tra il racconto istituzionale delle droghe e quello, più personale, di chi le ha provate. Ecco allora che le disavventure di Carrie Fisher, la Principessa Leila di Guerre Stellari, diventano colorati cartoni animati in cui la donna nel picco di un viaggio lisergico finisce per discutere di coreografie musicali, in mezzo a Central Park, con una ghianda jedi. «Fu John Belushi il primo a parlarmi di acidi racconta Fisher, scomparsa nel 2016 prima ancora che mi rovinassi la vita con gi oppiacei».
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Recidivo lo chef Anthony Bourdain, ex compagno di Asia Argento morto suicida nel 2018, che nel film racconta di aver provato allucinogeni «almeno 500 volte. Leggevo Hunter Thompson e volevo essere come lui», dice ricordando di quando si convinse di aver ucciso, drogandola, una donna in un albergo messicano. Un'esperienza paranoica che può capitare quando si assumono acidi, e che Sting ricollega a quando «volli provare il peyote là dove era nato, presi il jet e volai in Messico».
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LA JUNGLA
Finì bendato in mezzo alla giungla, strafatto e coperto di sangue di cervo «in cima a una montagna sacra di cui non ricordo il nome». Tra gli intervistati tanti cantanti, dal britannico Donovan al rapper Adam Horovitz dei Beasty Boys, attori della Hollywood delle piattaforme (Natasha Lyonne di Russian Doll) e lo stesso Stiller, che racconta l'unica volta (dice) in cui provò un acido. «Dopo un minuto già sapevo che non lo avrei mai più rifatto. Ma durò sei ore».
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LOVE BOAT
Nel mezzo, una telefonata ai genitori, al tempo entrambi sul set della serie Love Boat: «Confessai a mio padre che avevo preso un acido. Pensò che avessi bevuto dell'acido solforico». Colonna sonora del film, la musica dei guru della psichedelia Grateful Dead: «Una volta salii con loro sul palco dice Fisher ma mi addormentai. Davanti alla cassa di un altoparlante».
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