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    "SE NON SI LICENZIA, IL RISCHIO È IL DEFAULT" - UN DOSSIER DEI CONSULENTI DEL LAVORO PUNTA IL DITO CONTRO IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI: “I LIVELLI OCCUPAZIONALI SI MANTENGONO NON PER DECRETO MA CON INTERVENTI CHE SOSTENGONO L'ECONOMIA. GLI ONERI DI SOLIDARIETÀ SOCIALE, CHE DEVONO INCOMBERE SULLO STATO, VENGONO TRASFERITI SUI PRIVATI”. OK, MA PRIVATI E AZIENDE PAGANO LE TASSE COME DOVREBBERO? PERCHÉ È FACILE CHIEDERE “ONERI DI SOLIDARIETÀ” ALLO STATO SE SI EVADE IL FISCO...


     
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    Claudia Luise per “la Stampa”

     

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    Il blocco dei licenziamenti che il governo è deciso a prorogare è un problema per le imprese ma, denuncia l'ordine dei Consulenti del lavoro, lo è anche per gli stessi lavoratori, sospesi in un limbo e senza la possibilità di accedere all'assegno di disoccupazione, pur sapendo che il loro posto a rischio. È una relazione dura e dettagliata quella presentata dai professionisti che assistono le aziende in questa fase di tempesta.

     

    Nel dossier si spiega che costringere per legge le aziende a non licenziare non solo esaspera i conti, ma aggrava i problemi dell'occupazione: quando prima o poi il blocco finirà centinaia di migliaia di lavoratori si ritroveranno tristemente ad essere di troppo. Secondo le stime fatte dalle associazioni di categoria si parla di 1-1,5 milioni di persone a rischio in tutti i settori.

     

    LICENZIAMENTO LICENZIAMENTO

    «I livelli occupazionali si mantengono non per decreto ma con interventi che sostengono l'economia e che creano occupazione», spiega Pasquale Staropoli della fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

     

    L'ALLARME RISTORAZIONE

    E fa l'esempio «paradossale» dei ristoranti: «I più piccoli hanno quasi dimezzato i coperti e, quindi, gli incassi. Ma sono obbligati a tenere tutti i lavoratori in forza, senza avere la disponibilità di pagarli. Mentre se li potessero licenziare - sostiene - prenderebbero la Naspi».

     

    Una questione è certa: il blocco deve per forza essere accompagnato dalla cassa integrazione che solo nei primi cinque mesi del 2020 è costata oltre 14,3 miliardi. Ma quanto ancora si potrà andare avanti così? Per i consulenti del lavoro si dovrebbero trovare delle alternative che valutino altre tipologie di contratto come il part time o una contrattazione di secondo livello per ridurre il costo del lavoro perché «il divieto di licenziamento affossa l'economia».

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    L'INCUBO FALLIMENTO

    L'incubo, per le aziende, si chiama fallimento. In questo modo, oltre ai lavoratori che comunque resterebbero a casa, si finirebbe per impoverire il tessuto imprenditoriale. «La proroga limita fortemente la libertà d'impresa - commentano i consulenti - soprattutto perché viene continuamente estesa perdendo così i connotati di straordinarietà ed estemporaneità».

     

    Gli oneri di solidarietà sociale, «che devono incombere sullo Stato, vengono trasferiti sui privati minando significativamente la stessa possibilità di sopravvivenza delle aziende». Una posizione condivisa da Confindustria. «Deve essere un provvedimento di durata quanto minore è possibile.

     

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    Al termine di questo periodo - spiega il vice presidente di viale Astronomia Maurizio Stirpe, che ha la delega al Lavoro e alle relazioni industriali - ci deve essere una riforma degli ammortizzatori sociali che consenta di spostarli dalle politiche passive alle politiche attive del lavoro attraverso uno strumento permanente per affrontare i processi di transizione occupazionale». E la fotografia di questa situazione di stallo la fornisce Unioncamere: tre imprese su 4 hanno mantenuto stabile il numero dei propri occupati nei primi sei mesi del 2020. Circa 290mila invece, pari al 21, 3% delle aziende, hanno ridotto i livelli occupazionali e appena 36mila li hanno aumentati.

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