Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
restituzioni m5s 1
L'ultima volta che il tesoriere Claudio Cominardi inviò una mail di sollecito a deputati e senatori - era il dicembre dello scorso anno - scoppiò un putiferio interno che, come si suol dire, la metà basta.
Perciò la stagione degli inviti a regolarizzarsi per adesso si è interrotta, meglio non mettere il dito nella piaga, però nell'approvare il bilancio del 2021 Cominardi ha spiegato che i mancati introiti per l'associazione Movimento 5 Stelle si aggirano sui 2 milioni di euro.
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Ogni mese infatti i parlamentari dei 5 Stelle devono versare 1.000 euro al partito, una pratica comune a tutte le formazioni politiche per autofinanziarsi. Altri 1.500 euro invece vanno indirizzati al cosiddetto fondo restituzioni, un conto corrente gestito dai capigruppo; di volta in volta gli iscritti sono chiamati a decidere dove destinarli.
L'ultima volta, il mese scorso, 75 mila euro furono destinati all'associazione papa Giovanni XXIII, per pagare viaggio e accoglienza di 63 bambini ucraini.
giuseppe conte 2
Il problema però non è tanto di natura burocratica, quanto politica. Circa un terzo degli eletti del M5S infatti versa le somme a singhiozzo oppure ha smesso direttamente di farlo. Sarebbero 80-90 persone quelle coinvolte.
Confida uno di loro: «Pende anche la questione della legittimità degli attuali vertici politici, quindi sul fatto se siano titolati o meno a spenderli: quando verrà chiarita una volta per tutte la vicenda giuridica al tribunale di Napoli allora sarà diverso. Oggi non c'è il clima di fiducia necessario, dal punto di vista politico, amministrativo e legale».
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Ognuno sulla carta ha delle ragioni più o meno legittime. La consulenza da 300 mila euro a Beppe Grillo non è andata giù a parecchi; la scelta della sede nella centrale e costosa via di Campo Marzio a Roma, quartier generale dove pochi parlamentari mettono piede non avendone particolare bisogno, idem; ma probabilmente la principale è la più semplice: considerato che in pochissimi hanno la possibilità di essere rieletti, visto il taglio dei parlamentari e il calo di consensi del Movimento, la tentazione di tenersi tutta l'indennità è altissima.
davide casaleggio
Nei mesi scorsi Giuseppe Conte ha fatto un'infornata di nomine interne ratificate online, tra vicepresidenti, responsabili e membri dei comitati quasi 100 persone. Tra i requisiti necessari per ottenere la carica, c'era quella di essere in regola con i versamenti.
Insomma, almeno su quei nomi c'è la ragionevole certezza che non siano "morosi". «Non sono preoccupato perché il bilancio è in attivo - rassicura l'ex presidente del Consiglio, in trasferta elettorale a Portici, sollecitato dopo l'indiscrezione di Adnkronos -. Ovviamente il tema delle restituzioni esiste, l'affronteremo, ma molto serenamente perché per me gli impegni presi coi cittadini hanno, al di la dell'aspetto giuridico, un alto valore etico».
giuseppe conte 1
Di sicuro non sono previste espulsioni, almeno sul breve termine: proprio per via della causa aperta a Napoli da un gruppo di attivisti, a giorni è atteso un primo verdetto, tutti i procedimenti disciplinari sono congelati.
A proposito di denaro, c'è una certa trepidazione nei 5 Stelle per la puntata di Report questa sera.
Infatti la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci tornerà a parlare del gruppo Onorato e dei suoi passati rapporti con Grillo e con la Casaleggio associati, con un'inchiesta aperta per traffico di influenze illecite alla procura di Milano.
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«Questo dobbiamo trattarlo bene», scriveva per sms e mail il fondatore ad alcuni esponenti del M5S, riferendosi all'armatore della Moby. E poi, altro focus, sulle "parlamentarie" del 2018, i clic in rete per scegliere i candidati.
Un attivista racconta infatti delle confidenze ricevute da Vito Crimi, all'epoca la democrazia diretta su Rousseau non funzionò a dovere: «Centinaia di persone erano state estromesse dal voto pur avendo tutti i requisiti, questo perché i big del partito avevano i loro protetti che dovevano far candidare.
beppe grillo
Avevano la possibilità di togliere la spunta accanto al nome sul sito, così togliendo le persone dalla votazione. E io ero uno di questi come tanti altri». Insomma, più che i problemi tecnici furono le scelte politiche ad aggiustare le liste finali.
Pratica ammessa di fronte alla telecamera di Report dallo stesso Crimi, che poi è stato capo reggente del Movimento prima dell'arrivo di Conte: «Qualcuno aveva il potere di indicare magari a Luigi Di Maio, che era il capo politico e che aveva il diritto e il dovere di valutare le candidature: "Guarda quella persona forse non è il caso di candidarla. Per questo e quest' altro motivo...". L'ho fatto anche io? Beh, sì...».