Carlo Nicolato per ''Libero Quotidiano''
Contando 20 fratelli e 24 figli della famiglia di Bin Laden non si può fare a meno di parlare con puntuale cadenza, è una questione di probabilità. Ricorderete forse la nipote Wafah Dufour che negli anni addietro aveva abiurato il nome di famiglia per intraprendere tra gli Stati Uniti e l'Europa una carriera da cantante punk, ora a far parlare di sé è la sorella minore, la 33enne Noor che come lei e come la terza sorella, la secondogenita Najia, si fa chiamare con il cognome della madre.
noor bin laden dufour
Dufour appunto, che era quella Carmen, svizzera di nascita, passata alla cronaca per aver scritto un libro sulla famiglia Bin Laden e su come il marito Yeslam Bin Laden, fratellastro maggiore di Osama, la tradisse sistematicamente, ragione per cui lo abbandonò rimanendosene in Svizzera con le tre figlie. Decisamente benestanti, "pecunia non olet", le figlie di Carmen hanno menato una vita piuttosto agiata, tra gli studi in Svizzera e quelli in America, della quale le tre donne si sentono giustamente figlie predilette avendole, l'America, accolte con generosità nonostante l'ingombrante discendenza.
LETTERA ALL'AMERICA
È proprio di questo e del suo amore per Trump che Noor ha recentemente parlato in un'intervista al britannico Spectator, sottolineando come le sia costato di più in termini di rogne l'essere una supporter dell'attuale presidente Usa che l'essere la nipote del più famoso terrorista del mondo, ideatore peraltro dell'abbattimento delle Torri Gemelle di Manhattan.
«Nella mia esperienza, gli americani sono il popolo più affettuoso, gentile e aperto del mondo. Così è stato per tutta la mia vita, nonostante io sia la nipote di Osama Bin Laden e condivida con lui lo stesso cognome», ha detto, sottolineando poi ciò che tra l'altro non si aspetterebbe mai di sentire dire, da un'immigrata, un qualsiasi Dem prevenuto: «Gli americani fondano il proprio giudizio sul contenuto del carattere e delle azioni degli altri, non sul colore della loro pelle, o sul loro cognome».
noor bin laden dufour
Noor sostiene di averne avuto la riprova quando il mese scorso ha scritto la sua «lettera all'America», una lettera accorata, d'amore per un Paese che più degli altri «ha offerto un ideale sociale senza pari e uno stile di vita dignitoso», «faro di speranza e democrazia». Ma di aver avuto anche la prova di come «un'intera generazione (di quel Paese) sia stata sottoposta con successo al lavaggio del cervello al fine di odiare proprio la nazione che ha prodotto più libertà, giustizia e uguaglianza ovunque nel mondo».
E proprio di quella generazione e mentalità lei stessa, che in tale lettera ha anche espresso la sua ammirazione per Trump e la sua speranza riunita nello slogan del presidente, «Make America great again», è vittima. «Uscire pubblicamente allo scoperto», ha spiegato allo Spectator, «è stato agli occhi di qualcuno un passo eccessivo, e il livore di cui sono stata fatta oggetto per aver espresso le mie idee politiche ha messo in mostra il lato sgradevole di certe persone. Da un punto di vista sociologico, è abbastanza interessante che in taluni circoli elitari l'essere pro-Trump mi abbia attirato più seccature che non portare il nome Bin Laden».
TEORIE DEL COMPLOTTO
noor dufour bin laden
Sostenitrice accanita di Donald a suo rischio e pericolo, tanto da uscire per strada con magliette e cappellini con la scritta "Make America Great again", ma non solo una tifosa, visto che nella stessa famosa lettera accenna anche una pretenziosa analisi in cui fa risalire la crisi della società americana alla globalizzazione del pensiero, ai tecnocrati, i banchieri internazionali ecc. In un'altra intervista al New York Post aveva addirittura sostenuto che una vittoria di Biden potrebbe voler dire un altro attacco terroristico agli Usa, stile Torri Gemelle. La debolezza in politica estera dimostrata dal tandem Obama-Biden ha favorito la nascita dell'Isis e questo, per Noor, è un segnale inquietante, la dimostrazione dell'inadeguatezza del candidato democratico.
osama bin laden donald trump e il maga delle compagnie tech